Lessico

sf. [sec. XIV; forse da lastrico].

1) Pezzo di materiale rigido, di spessore ridotto rispetto alle altre dimensioni, le cui facce maggiori sono più o meno parallele e di forma per lo più rettangolare: una lastra di pietra, di zinco, di vetro, di ghiaccio. In particolare, porzione di roccia particolarmente resistente (granito, porfido, basalto) lavorata in forma di parallelepipedo con lunghezza sui 40-50 cm, larghezza 20-30 cm e spessore non inferiore a 15 cm, usata per pavimentazioni in specie stradali.

2) Nell'industria tipografica, denominazione generica delle forme di stampa realizzate su lastra metallica, in materiale plastico o in gomma.

3) In fotografia, materiale sensibile il cui supporto è costituito da una lastra di vetro. È ancora in uso nel grande formato perché assicura una grande planeità della superficie sensibile ma si tende a sostituirlo con pellicole piane. Nell'uso comune, radiografia, pellicola radiografica (anche al pl.): farsi la lastra, le lastre.

4) In astronomia, lastra di Schmidt, vedi lamina.

5) In meccanica, sistema continuo bidimensionale, imperfettamente flessibile.

Scienza delle costruzioni

Una lastra può essere piana (per esempio, solaio) o curva (per esempio, volta) secondo la forma della sua superficie media; può essere vincolata su tutto o parte del suo contorno mediante appoggio o incastro e si considera sollecitata da forze normali al suo piano medio. Il comportamento di una lastra può considerarsi analogo a quello di una griglia formata da un numero infinito di travi saldate tra loro. Sotto carico, infatti, essa si inflette e si torce in tutti i suoi punti, per l'azione di richiamo che ogni suo elemento lineare ha su quello adiacente: la sua azione resistente equivale quindi alla somma di un'azione di tipo trave in due direzioni, più un'azione torcente alla quale deve la trasmissione di ca. il 50% del carico. La lastra, per essere una struttura a due dimensioni, ha un'ampia riserva di resistenza, derivante dalla sua possibilità di ridistribuire le tensioni, all'aumentare del carico, su intere linee di elementi (nella trave questo si verifica su soli punti), e da una parziale azione di membrana che, deformandosi, è in grado di sviluppare. Lo studio dello stato di tensione e deformazione di una lastra si fonda sulle ipotesi generali della teoria dell'elasticità con l'aggiunta di nuove ipotesi semplificative: i segmenti inizialmente retti e ortogonali al piano medio rimangono tali, rispetto alla superficie elastica, dopo la deformazione; gli sforzi interni normali hanno valore trascurabile e sono nulli in corrispondenza del piano medio. Sulla base di queste ipotesi, e riferendo il piano medio a un sistema di assi ortogonali (x, y), la lastra avrà un'equazione differenziale che mette in relazione lo spostamento di ogni suo punto con il carico specifico in quel punto:

dove D è un fattore noto, funzione delle caratteristiche geometriche ed elastiche della lastra, p(x, y) il carico specifico normale al piano, z(x, y) lo spostamento di ogni punto, sempre ortogonalmente al piano. Da tale equazione sarà possibile risalire alle deformazioni e quindi agli sforzi della lastra. Per la complessità del problema, anche in relazione alle diverse forme che una lastra può avere (poligonale, circolare, anulare) e ai suoi vincoli, si ricorre in pratica a formule approssimate valide per i casi più frequenti. Nel caso poi di una lastra sorretta da pilastri, occorre tener conto anche degli sforzi di punzonamento che richiedono l'impiego di elementi (per esempio, piattabande, capitelli) per la ripartizione del carico. La distribuzione lineare delle tensioni sullo spessore e quindi il concentrarsi dei valori massimi solo sui bordi esterni ha portato, per un più razionale impiego del materiale, all'uso di lastre nervate.

Fisica nucleare

La lastra nucleare è un'emulsione fotografica, detta anche emulsione nucleare, progettata per l'osservazione e lo studio di particelle subnucleari. Differisce dalle normali emulsioni fotografiche sia per il maggiore spessore, sia per la maggiore concentrazione di bromuro di argento, sia per il minor diametro medio dei suoi granuli (0,1÷0,6 μm), isolati dalla gelatina e non a contatto. Le lastre nucleari sono costituite da numerosi strati di emulsione spogliati del supporto; dopo essere state esposte alla radiazione da studiare, le emulsioni vengono poi stese su lastra di vetro per essere sviluppate. Una tecnica di sviluppo particolarmente usata è quella detta a ciclo di sviluppo in temperatura. Essa consiste nell'immergere l'emulsione nel bagno di sviluppo a ca. 5 ºC, temperatura alla quale non si ha azione del bagno, ma che permette la penetrazione uniforme di esso in tutta l'emulsione. Successivamente la temperatura viene gradualmente portata a ca. 25 ºC, in modo da avere uno sviluppo uniforme in tutto lo spessore dell'emulsione. Le lastre sviluppate vengono poi osservate con speciali microscopi. La possibilità di studio delle particelle cariche mediante lastre nucleari deriva dal fatto che le particelle cariche, penetrando nell'emulsione, lasciano una traccia scura sul fondo chiaro della gelatina, traccia dovuta agli ioni di argento prodotti dalle particelle nell'attraversare i cristalli di bromuro d'argento. Poiché l'entità della ionizzazione è circa proporzionale a (q/v)², in cui q e v sono rispettivamente carica elettrica e velocità della particella considerata, si comprende come sia relativamente più facile osservare tracce di particelle pesanti (per esempio, protoni) e di bassa velocità, piuttosto che particelle leggere (per esempio, elettroni). Dallo studio delle tracce si risale poi alla determinazione di massa, carica e velocità delle particelle. Alle lastre nucleari si devono le scoperte del mesone mu, del mesone pi greco, dell'iperone sigma più. Esse sono estremamente utili nello studio delle particelle di vita media molto breve (10-15 s), nello studio della radiazione cosmica, negli studi di fisica nucleare delle basse energie.

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