ipermetropìa
sf. [sec. XIX; da ipermetrope]. Vizio di rifrazione dell'occhio per cui, quando questo si trova in riposo accomodativo, i raggi paralleli provenienti dall'infinito convergono in un fuoco situato dietro la retina. La visione degli oggetti vicini risulta quindi sfumata. L'ipermetropia può essere: congenita quando è dovuta a insufficiente ampiezza dell'asse antero-posteriore dell'occhio; acquisita quando è dovuta a paralisi del muscolo ciliare, a senescenza o ad asportazione chirurgica del cristallino, come avviene nella cataratta. Negli adolescenti e nei giovani adulti il difetto, mediante un'automatica ipercontrazione del muscolo ciliare, viene corretto completamente se è modesto, solo parzialmente se è elevato. Oltre una certa età bisogna ricorrere a lenti bifocali, trifocali o anisoconiche, secondo i casi. Se l'ipermetropia è modica, si ha una buona visione lontana (perché compensata dallo sforzo accomodativo), mentre nella visione vicina si accusano facile stanchezza, annebbiamento visivo, senso di pesantezza e bruciori oculari, dolori alle regioni sopraciliari, cefalea frontale, specie dopo visione prolungata.