immaturità
sf. [sec. XVII; da immaturo]. L'essere immaturo, acerbo; per lo più fig., insufficiente grado di sviluppo intellettuale e culturale di un individuo o di un popolo: immaturità dei candidati all'esame, immaturità politica. Con accezioni specifiche: A) in psicologia, ritardo del livello di maturazione mentale rispetto a quello normale di una data età cronologica. Il termine viene di solito riservato a casi di ritardo sul piano affettivo, più che su quello dell'efficienza intellettiva. B) In pediatria, deficienza congenita globale psico-fisico-somatica di bambini nati a termine di gravidanza; di norma, però, il termine esprime un concetto anatomo-funzionale. Il criterio adottato per la diagnosi immediata è quello ponderale: il neonato viene considerato immaturo se il suo peso risulta inferiore a 2,5 kg. Le cause sono complesse e molteplici: fattori ereditari, carenze vitaminiche e alimentari, intossicazioni endogene ed esogene, malattie infettive durante la gravidanza. I sintomi di immaturità sono numerosi: aumento della frequenza degli atti respiratori, accessi di dispnea con cianosi e apnea, ittero fisiologico sempre presente, facili edemi, scleremi, anemia, spiccata tendenza alle emorragie in tutti gli organi, ecc. La terapia deve tenere conto delle deficienze funzionali o degli stati patologici che il neonato presenta e comprende: ossigenazione e riscaldamento artificiale mediante culle termoelettriche, aumento del numero delle poppate fino a raggiungere nelle prime settimane un apporto calorico giornaliero di 120 calorie per chilogrammo di peso corporeo, trasfusioni, preparati polivitaminici.