illusióne

Indice

Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino illusío-ōnis].

1) Errore dei sensi e della mente che altera la realtà: la pittura prospettica dà l'illusione della profondità; illusionemonetaria, convinzione di godere di un reddito più elevato in base al quantitativo monetario delle entrate, senza tener conto delle proporzionali lievitazioni dei prezzi che mantengono il reddito reale invariato o, alla peggio, lo contraggono.

2) Inganno della mente che interpreta soggettivamente la realtà immaginandola migliore di quello che è e più conforme ai propri desideri e alle proprie speranze: è stata soltanto un'illusione; da giovani si hanno molte illusioni.

Filosofia

Giudizio che nasce da una equivoca interpretazione dell'esperienza o da un mancato riferimento a essa. Il problema, nella storia della filosofia, offrì lo spunto a discussioni, che diventarono più penetranti negli Eleati e in Kant: secondo gli Eleati, è illusoria ogni conoscenza che si riferisca al molteplice, al movimento, alla mutazione; secondo Kant, invece, appartiene all'illusione la conoscenza che pretende di trascendere l'esperienza e di raggiungere certezze speculative nel dominio del soprasensibile: come dimostrano tutti i tentativi della metafisica non fondata criticamente.

Psicologia

Nella percezione, ogni configurazione di stimoli che viene percepita in modo nettamente diverso dalla “realtà”. Tale definizione, seppur valida in prima approssimazione, va tuttavia considerata arbitraria, in quanto, come è noto, in ogni percezione (anche non “illusoria”) il vissuto soggettivo, che è il risultato del processo percettivo, differisce in qualche misura dalle condizioni oggettive di stimolazione. Nelle illusioni tale differenza è però di misura considerevole, e ciò rende possibile considerarle come una categoria a sé stante. Si osservi inoltre che le illusioni furono studiate soprattutto nel sec. XIX (anche se in tempi recenti l'interesse per l'argomento ha avuto una notevole ripresa); furono cioè studiate in un periodo in cui, nello studio della percezione, prevaleva la cosiddetta “ipotesi della costanza”; si credeva cioè che gli organi di senso fossero uno specchio passivo e fedele degli stimoli provenienti dal mondo esterno. Le illusioni, specificamente, sembravano contraddire a tale ipotesi. Sono note molte illusioni a carico, praticamente, di tutte le modalità sensoriali, ma le più studiate sono indubbiamente quelle visive. Tra queste, sono note le illusioni di movimento, tra le quali, in particolare, il movimento stroboscopico, che è tra l'altro alla base del movimento cinematografico, e le cosiddette illusioni ottico-geometriche. Il movimento stroboscopico consiste nel fatto che determinate figure, presentate per un breve periodo di tempo e con un certo intervallo tra l'una e l'altra (intervallo che non deve eccedere 1/16 di secondo), possono essere viste come una figura unica in movimento. Fra le illusioni ottico-geometriche (il nome deriva dal fatto che sono a carico del sistema visivo e che sono composte da figure geometriche abbastanza semplici) si distinguono quelle che conducono a errori di dimensione (sovrastima o sottostima di elementi della figura) e quelle che conducono a “distorsioni” percettive (per esempio, linee rette che vengono percepite come curve). Esempi tipici della prima categoria sono le illusioni di Müller-Lyer, dove il primo segmento verticale viene percepito più lungo del secondo, pur essendo oggettivamente uguale, e l'illusione di Ponzo, dove il segmento orizzontale superiore viene sovrastimato rispetto a quello inferiore. Alla seconda categoria appartengono invece le illusioni di Hering e di Wundt, dove le linee orizzontali vengono percepite in entrambi i casi come curve, pur essendo in realtà rettilinee. Un'altra suddivisione viene compiuta da alcuni autori (per esempio, lo psicologo svizzero J. Piaget) sulla base dell'andamento che ha l'effetto illusivo con l'età. Alcune illusioni, dette “primarie”, sono infatti particolarmente intense nei bambini che negli adulti, mentre altre, dette “secondarie”, sono più evidenti in età adulta. Tipica illusione primaria è quella citata di Müller-Lyer, secondaria è, per esempio, quella della verticale-orizzontale , dove la linea orizzontale appare più corta della verticale, pur essendo oggettivamente della stessa lunghezza. Non esiste ancora una teoria soddisfacente delle illusioni, e le ipotesi che sono state finora affacciate non si sono mai dimostrate del tutto soddisfacenti. Negli ultimi decenni del Novecento, soprattutto per merito dello psicologo inglese R. L. Gregory, si è ipotizzato che alla base della percezione delle illusioni operassero i meccanismi di costanza di grandezza. Si consideri, per esempio, l'illusione di Ponzo: essa può essere interpretata come un'immagine in prospettiva (si parla a tale proposito anche di illusione “dei binari”, in quanto le diagonali vengono interpretate come binari che si allontanano dall'osservatore, tendendo a congiungersi all'orizzonte). Seguendo tale interpretazione, la linea orizzontale superiore sarebbe vista come più lontana dell'inferiore, e verrebbe quindi ingrandita percettivamente per costanza di grandezza. Più in generale, in queste illusioni tutti gli angoli verrebbero interpretati come angoli retti in prospettiva, con le conseguenti deformazioni percettive indotte dai processi di costanza. A sostegno di tale ipotesi si avrebbero i risultati di alcune ricerche transculturali condotte dagli studiosi statunitensi M. H. Segall, D. T. Campbell e M. G. Herskovits, che hanno dimostrato la scarsa suscettibilità delle popolazioni non occidentali alle illusioni (particolarmente le popolazioni africane). Essi hanno elaborato la teoria degli “ambienti squadrati”: secondo tale teoria, gli occidentali, abitando in case limitate da pareti rettangolari disposte ad angolo retto, apprenderebbero sin da bambini a correggere percettivamente le distorsioni percettive indotte dalla prospettiva: ciò non avverrebbe, invece, per quelle popolazioni, che, come gli Zulu, abitano in case rotonde e vivono in una cosiddetta “civiltà circolare” in cui gli angoli retti sono praticamente sconosciuti. Tale teoria non viene comunque accettata da tutti gli psicologi, e tuttora manca una teoria unitaria che spieghi le illusioni, anche se è da tutti condivisa l'opinione espressa nel 1942 dallo psicologo americano E. G. Boring che le illusioni seguono le leggi generali della percezione e che interpretare correttamente le illusioni significa probabilmente comprendere la percezione dello spazio. § In psicopatologia, il termine illusione viene usato con diverso significato, per indicare, in contrasto con le allucinazioni (vissuto soggettivo di una percezione reale in assenza di stimolazione), una deformazione patologica delle percezioni, consistente in un'interpretazione arbitraria di stimoli effettivamente presenti.

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