elegìaco

agg. (pl. m. -ci) [sec. XIV; dal latino elegiăcus, che risale al greco elegiakós]. Di elegia; proprio dell'elegia: poeta elegiaco, genere elegiaco;distico elegiaco. Per estensione, triste, mesto: tono elegiaco. § Commedia elegiaca, espressione convenzionale con cui si indica un gruppo di testi del sec. XII, per la maggior parte anonimi, composti di una parte dialogata e di una narrata e scritti in lingua latina e in metro elegiaco, comparsi prevalentemente in Francia (ma se ne ebbero esempi anche in Italia all'inizio del sec. XIII) e conservati in forma manoscritta da biblioteche di tutta Europa. È impossibile stabilire se fossero destinati alla rappresentazione. Affini per struttura e stile, di imitazione classica (soprattutto Ovidio, ma un gruppo è detto anche commedia oraziana per molte derivazioni dalle Satire di Orazio), trassero argomenti da opere di Menandro o di Plauto e dalla novellistica contemporanea, con predilezione per tipi e situazioni comici e licenziosi descritti con realistica vivacità. Gli autori conosciuti sono Vitale di Blois, ritenuto l'iniziatore del genere (Geta, Aulularia), Guglielmo di Blois (Alda) e Matteo di Vendôme (Milo); fra i titoli anonimi: Babio, Pamphilus Gliscerium et Birria, De tribus puellis, De clericis et rustico.

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