complementarità

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Lessico

sf. [sec. XX; da complementare]. L'essere complementare: rapporto di , in economia, correlazione tra i beni in modo che prestino il servizio migliore solo se impiegati assieme.In filosofia, capacità delle parti a completarsi a vicenda unificandosi nella sintesi. Sono complementari concetti e giudizi, che si completano in un tutto unico: per esempio sono complementari nella logica hegeliana tesi e antitesi in confronto alla sintesi.

Fisica

Il principio di , enunciato da N. Bohr nel 1927 per fondare su una valida base logica la teoria atomica, è un'enunciazione del fatto che tutti i fenomeni fisici presentano, a livello atomico o subatomico, un duplice aspetto, corpuscolare e ondulatorio, e che una qualsiasi esperienza immaginata per evidenziare uno dei due aspetti non può evidenziare l'altro. L'applicazione della teoria dei quanti alla fisica atomica costringe alla rinuncia dell'idea classica di causalità e al ricorso a questo principio. L'osservazione di un fenomeno atomico modifica in modo imprevedibile quest'ultimo in modo tale che risulta impossibile parlare di un comportamento dell'oggetto fisico indipendente dall'apparecchio di misura, che opera sull'oggetto stesso in modo casuale. I dati sperimentali relativi a fenomeni atomici non si riferiscono quindi all'oggetto di per sé, bensì all'oggetto in condizioni determinate, fissate da apparecchi di tipo diverso. Il principio di complementarità designa il particolare tipo di correlazione tra i risultati delle osservazioni che, sebbene sembrino in contraddizione di fronte al tentativo di ricondurli entro un unico quadro descrittivo, in effetti esauriscono tutto ciò che si può sapere sull'oggetto. Esso consente dunque di eliminare ogni contraddizione logica tra la descrizione corpuscolare e quella ondulatoria dei fenomeni atomici e implica l'impossibilità di dimostrare la verità dell'una o la falsità dell'altra. In base a esso la dualità dell'interpretazione corpuscolare e di quella ondulatoria viene considerata una diretta conseguenza dell'impossibilità di tracciare una netta linea di demarcazione tra l'oggetto conosciuto e il soggetto conoscente: il manifestarsi del fenomeno sotto una forma piuttosto che sotto l'altra dipende appunto dal tipo di apparecchiatura con cui si cerca di osservarlo. L'esattezza di un simile punto di vista è dimostrata dal fatto che il medesimo fenomeno non può mai apparire nello stesso tempo come particella e come onda in quanto analizzando gli apparecchi usati nei due casi si conclude che essi si escludono a vicenda. Tali apparecchi sono definiti da Bohr tra loro complementari; complementari o duali vengono chiamate le grandezze che mediante essi possono essere misurate; complementari o duali vengono anche chiamati i corrispondenti quadri descrittivi, ondulatorio e corpuscolare, che ne risultano. Il principio di complementarità ebbe così vasti consensi da assumere presto il ruolo di principio filosofico generale, con il quale si cercarono di risolvere, in modo peraltro molto discutibile, questioni di biologia, sociologia e psicologia, nonché problemi concernenti l'interrelazione tra scienza e arte e tra scienza e religione; alcuni pensatori tentarono addirittura, in base a esso, la soluzione di un problema filosofico così arduo e complesso come quello del libero arbitrio.

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