colonìa
sf. [sec. XIX; da colono]. Contratto agrario, più propr. colonia parziaria, a forma associativa, consistente nel conferimento, da parte del locatario, di un capitale costituito dalla terra e dalle relative immobilizzazioni (fabbricati, piantagioni, ecc.). Di contro il conduttore apporta il proprio lavoro. Già presente nel primo diritto romano, molto affine alla mezzadria, e come quella a lungo molto diffuso, il contratto di colonia parziaria se ne differenziava perché il lavoro non veniva espletato da un'intera famiglia, ma da uno o più coloni, singolarmente. I mezzi necessari all'attività agricola (bestiame, attrezzi, ecc.) venivano forniti dai contraenti nella misura stabilita dall'accordo o secondo gli usi locali. Spettava al colono almeno la metà degli utili derivanti dal lavoro. Il contratto di colonia parziaria aveva durata pari almeno al tempo necessario per l'intero svolgimento di un ciclo di coltura sulla base delle coltivazioni effettuate nel fondo. La legge 3 maggio 1982, n. 203, che per titolo principale ha la regolamentazione del contratto di affitto in agricoltura, ha stabilito, come per la mezzadria, la conversione in affitto della colonia parziaria. § Nel Medioevo era molto divulgata la colonia perpetua, che dava al coltivatore il diritto di trasmettere la terra ai suoi eredi e di godere dei frutti dei campi da lui lavorati dietro corresponsione di un canone al padrone.