caso (filosofia)
nella mitologia greca stato di assoluto disordine antecedente il cosmo (che, per definizione, è ciò che è ordinato). Questa definizione fu ripresa da Kant per indicare lo stato della materia prima della formazione dell'universo. Essa era invece combattuta da Aristotele, il quale reputava che il mondo fosse eterno. In particolare il caso indica l'accadere contingente, imprevedibile e non intenzionale. L'imprevedibilità può essere attribuita o all'ignoranza, da parte dell'uomo, di alcuni o tutti gli elementi che causano l'accadere di un evento, o all'oggettiva indeterminatezza delle cause stesse o al confluire di serie di cause indipendenti. All'ignoranza si richiama Anassagora, il quale, ritenendo l'universo razionale per essenza, concludeva che il caso non poteva essere altro che l'effetto dell'ignoranza umana. Tale concezione fu poi ripresa dagli stoici e anche da molti filosofi cristiani, i quali credevano inconciliabile una casualità oggettiva con la provvidenza divina. Sulla stessa linea di pensiero si pongono Spinoza (per il quale il caso è soltanto una conseguenza dell'imperfetta conoscenza umana) e Hegel (per il quale il caso appartiene alla natura in quanto in essa si realizza un grado inferiore di razionalità). La concezione del caso come incontro di serie causali indipendenti è già presente in Aristotele e fu formulata esplicitamente nell'Ottocento da Cournot e Stuart Mill in senso deterministico. Nega invece ogni determinismo la concezione che riconduce l'imprevedibilità a un'oggettiva assenza di cause di un evento: autore ne sarebbe Epicuro per il quale gli atomi cadono verticalmente nello spazio con uguale velocità sin quando in alcuni una deviazione non causata (clinamen) produce una collisione con gli altri atomi. Nel materialismo illuministico e soprattutto con la teoria evoluzionistica di Darwin ci si riferì sempre più a eventi casuali per interpretare la realtà naturale (senza però negare il determinismo). Anche da ciò trasse spunto l'americano Peirce per sostenere che la diversificazione dell'universo sarebbe dovuta al discostarsi di alcuni eventi dalle leggi fisiche per una sorta di determinazione arbitraria o casuale (tichismo). L'idea che alcuni eventi fisici si sottraggano ai rapporti causali lasciando libero l'intervento della mente sul corpo è stata sostenuta anche da alcuni interpreti della recente fisica quantistica. Alcuni processi subatomici sarebbero intrinsecamente imprevedibili e ciò dimostrerebbe la falsità del determinismo universale assunto come base della scienza moderna. Contro questa interpretazione della meccanica quantistica E. Nagel ha rilevato l'estrema difficoltà di ammettere un “caso assoluto”, perché allora occorrerebbe dimostrare che non vi sarà mai una teoria capace di spiegare ciò che ora risulta “spontaneo”. Queste osservazioni comportano la distinzione fra caso come proprietà di un evento e c. come proprietà di una serie di eventi. Distinzione discussa quando s'interpreta la probabilità. Nell'arco degli anni Settanta-Ottanta del sec. XX, soprattutto grazie alla riflessione dello scienziato francese Jacques Monod (1910-1976), si è andato infittendo il dibattito critico sul ruolo del caso. Ne Il caso e la necessità (1970), Monod si chiede come è comparsa la vita sulla terra. Per caso, egli risponde. La vita è la conseguenza di una “combinazione vincente”, un “evento unico” che avrebbe potuto anche non verificarsi. A partire da questo evento unico, la vita si sviluppa secondo una logica in sé intrinseca, dove necessità e caso coincidono.