cantare²
sm. [sec. XIV; da cantare1]. Componimento a carattere narrativo-popolaresco, fiorito soprattutto dal sec. XIV al XVI. Il contenuto eroico-cavalleresco o religioso derivava per lo più da leggende di origine francese; i cantari, scritti di solito in ottave, venivano recitati dai cantastorie, spesso con accompagnamento musicale, nei luoghi più frequentati delle città del tempo. Fra i più noti e antichi cantari sono il (sec. XIII), il , il Cantare di Liombruno (fine sec. XIV), il Brito di Bretagna di Antonio Pucci. Caratteri diversi ebbero i cantares de gesta, ossia i cantari o poemi epici medievali spagnoli. Nati, secondo Menéndez Pidal, sull'esempio di primitivi canti germanici, composti e diffusi dai giullari in epoche molto prossime ai fatti storici che fornivano loro lo spunto e spesso l'argomento, scomparvero poi quasi tutti. Oltre al , pervenutoci pressoché integro, rimangono un centinaio di versi di un (sec. XIII) e il più tardo e romanzesco Cantar de Rodrigo (sec. XIV), che narra le gesta giovanili di un Cid ben diverso dal saggio e anziano eroe del Cantar de Mio Cid. Le cronache, e in specie la Cronaca General di Alfonso il Dotto (sec. XIII), conservano tracce e a volte persino intere lasse di più antichi cantari riferentisi almeno a nove cicli: quelli della caduta della Spagna visigota davanti agli invasori musulmani, di Sancio II di Castiglia e dell'assedio di Zamora, dei Sette Infanti di Salas o di Lara, della Contessa Traditrice, dell'Infante García, dei figli del re Sancio di Navarra, di Bernardo del Carpio, di Fernán González, primo conte di Castiglia, e dell'abate Juan de Montemayor, senza contare altri minori. Nell'insieme, un ingente patrimonio epico-narrativo che dimostra come la Spagna medievale abbia originalmente contribuito agli sviluppi di codesto genere poetico.