averroismo
sm. [da Averroè]. L'insieme delle dottrine filosofiche, più o meno aspramente combattute dalla Chiesa e dagli ambienti in essa più legati alla tradizione agostiniana, che nel Medioevo si richiamavano ai commenti di Averroè ad Aristotele. Dell'averroismo è ritenuto iniziatore Michele Scoto con le sue traduzioni che a cominciare dal 1212 si diffusero in Occidente, ma a questa data la reazione contro l'aristotelismo era già in atto negli ambienti ecclesiastici, dato che sin dal 1210 a Parigi, per decreto vescovile, i testi aristotelici erano condannati e vietati, e la condanna fu ribadita nel 1215 con l'inclusione, probabilmente, di testi che si rifacevano alle posizioni averroiste. Le tesi caratteristiche cui il Medioevo ridusse l'averroismo furono quelle relative alla separazione dell'intelletto attivo e di quello passivo o materiale dall'anima individuale, sì che risultavano negate l'immortalità della stessa e l'eternità del mondo. Un'altra tipica dottrina dell'averroismo emerge dall'opera di Sigieri di Brabante: questi sostiene la necessità di spingere le affermazioni derivanti razionalmente dai principi dell'aristotelismo sino alle loro ultime conclusioni, anche se contrastanti con la fede, ma ribadisce d'altro canto che la fede stessa offre una verità inconfutabile dalle medesime tesi filosofiche; è così adombrata una “doppia verità”, che permette di mantenere la libertà della ricerca razionale facendo salvo l'ossequio ai dogmi della religione. Sigieri fu colpito dalla condanna pronunciata nel 1277 dall'arcivescovo Tempier, la quale coinvolse peraltro lo stesso insegnamento di San Tommaso d'Aquino, che a Napoli aveva avuto come maestro l'averroista Pietro d'Irlanda. Oltre a Sigieri, a Parigi si segnalarono gli averroisti Bernieri di Nivelles e Gosvino de la Chapelle, Giovanni Baconthorp, Giovanni di Ripatransone ed Enrico di Harclay. Nel sec. XIV sono da notare Giovanni di Gianduno, Marsilio da Padova e Guglielmo d'Occam. Un'ultima tesi caratteristica dell'averroismo fu il determinismo astrologico, per cui i fenomeni e gli stessi enti mondani sono effetti dell'azione degli astri; questa dottrina ebbe profondi influssi sulla filosofia medievale e, se fornì alimento a correnti eterodosse, lasciò le sue tracce sull'opera di autori appartenenti all'ortodossia come Alberto Magno, incontratosi con l'averroismo a Padova. Essa costituì pure uno dei punti di forza dell'averroismo rinascimentale, che ebbe il suo massimo impulso nella scuola padovana sino all'affermazione definitiva della scienza moderna. In senso lato si possono chiamare averroisti Pietro Pomponazzi e Simone Porta. Ultimi, genuini averroisti furono Levi ben Geršon ed Elia del Medigo, a Padova.