antibattèrico
agg. e sm. (pl. m. -ci) [sec. XX; anti-2+batterico]. Sostanza capace di svolgere un'azione inibente sulla vita o sulla riproduzione dei microrganismi batterici (cocchi e batteri gram-positivi e gram-negativi, spirilli, micobatteri della tubercolosi e della lebbra). Le sostanze antibatteriche possono essere organiche o inorganiche, di origine naturale o sintetica, e rientrano nel gruppo più vasto dei farmaci antiparassitari. L'azione degli antibatterici può essere diretta sul germe oppure indiretta, rivolta, cioè, a rafforzare le difese organiche del soggetto ospitante il parassita batterico. La classificazione più comune dei farmaci antibatterici tiene conto delle loro modalità di impiego e pertanto essi vengono distinti in generali, locali e ambientali. Sono antibatterici generali i composti o preparati che, introdotti nell'organismo ospite, mostrano uno spiccato parassitotropismo o, meglio, la tendenza ad agire selettivamente in senso tossico sui batteri senza produrre effetti dannosi a carico dell'ospite. Possiedono tale requisito gli antibiotici, i chemioterapici antibatterici di sintesi, i sieri, i vaccini, i mezzi immunitari aspecifici, i concorrenti vitali, cioè agenti microbici innocui per l'organismo che hanno il potere di distruggere i batteri patogeni e altri microrganismi (batteriofagi, antivirus, ecc.). Gli antibatterici locali sono farmaci antimicrobici tossici sia per gli organismi batterici sia per l'ospite. Essi, pertanto, non sono utilizzabili nella terapia generale, ma solo localmente nei territori organismici dove più scarso è il loro assorbimento (cute, mucose). Hanno potere antibatterico locale gli antisettici, i disinfettanti, gli sterilizzanti. Gli antibatterici ambientali hanno caratteristiche simili a quelli locali, differendo da essi per determinate proprietà che ne impediscono l'uso terapeutico (azione irritante, caustica), per cui il loro impiego viene limitato alla disinfezione ambientale.