anoressìa
Indicessf. [da an-+greco órexis, appetito]. Stato morboso per lo più secondario, caratterizzato da sensibile diminuzione o da scomparsa dell'appetito. L'anoressia può essere determinata da affezioni organiche del tubo digerente che impediscono l'alimentazione, da restrizioni dietetiche prolungate, da malattie generali dell'organismo acute e croniche. La terapia dipende dalle cause dell'anoressia stessa e anche dalla sua durata e dalla sua gravità.
Anoressia mentale
Grave disturbo psicopatologico, caratterizzato da una percezione alterata dell'immagine corporea, incentrato sul rifiuto più o meno esteso di alimentarsi, che porta in breve tempo a una cospicua perdita di peso fino a una vera e propria cachessia. L'anoressia mentale insorge comunemente in giovani donne nel periodo dell'adolescenza, spesso appartenenti a classi sociali elevate e di buon livello culturale. Si inscrive in quadri psicopatici molto complessi, caratterizzati da anaffettività, rifiuto della sessualità, tratti ossessivi e narcisistici (in contrasto con la magrezza è frequente la ricerca di un abbigliamento molto appariscente, con colori vistosi e monili di ogni tipo). La causa è sconosciuta ma si ritiene che alla base vi sia un disturbo della formazione della personalità dovuto a profondi conflitti presenti in ambito familiare. L'anoressia mentale può essere lieve e transitoria oppure grave e cronica. Molti soggetti con questo disturbo sono meticolosi, compulsivi e intelligenti, con modelli ambiziosi di carriera e di successo. I primi indicatori dell'imminente disturbo sono la preoccupazione per il peso corporeo e la limitazione dell'assunzione di cibo. La negazione del disturbo è una caratteristica rilevante. Malattie intercorrenti possono essere stipsi, dolore addominale, accompagnati da pressione bassa, ipotermia, lanugine o irsutismo lieve, edemi, diminuzione di interesse nei confronti della sessualità. Il sintomo principale è il dimagrimento sovente ricercato con ostinazione, cui si associa costantemente una notevole depressione psichica. Un altro sintomo è l'amenorrea, che in alcuni casi può precedere la perdita di peso, più di frequente la segue. Spesso al digiuno si alternano crisi di alimentazione eccessiva (bulimia), che vengono vissute con grande angoscia e senso di colpa e non di rado sono seguite dal vomito provocato, nonché da un uso eccessivo di diuretici e lassativi. La diagnosi si basa di solito sui segni e sui sintomi descritti sopra e da una perdita uguale o superiore al 15% del peso corporeo. Il trattamento dell'anoressia consta di due fasi, cioè di un intervento a breve termine per ristabilire il peso corporeo e salvare la vita della paziente e di un intervento a lungo termine per effettuare un trattamento psicologico e prevenire le ricadute. La psicoterapia individuale, cioè comportamentale, cognitiva o psicodinamica, è di giovamento, così come utile è una terapia familiare per le pazienti più giovani. Le possibilità di guarigione sono affidate a lunghi processi psicoterapeutici iniziati tempestivamente. Nei casi di estrema denutrizione è indispensabile ricorrere al ricovero in ospedale e all'alimentazione artificiale per via endovenosa (alimentazione parenterale). § Gli ultimi decenni del sec. XX hanno registrato un consistente aumento nel numero di giovani del mondo occidentale colpiti da anoressia e bulimia. Si è inoltre osservata la diffusione di tali disturbi anche negli adolescenti maschi; tende anche ad abbassarsi l'età in cui compaiono e sono ormai confermate le componenti sociali che contribuiscono a innescarli: la desiderabilità della magrezza è presente in tutte le società occidentali e l'obesità viene considerata priva di attrattiva, malsana e indesiderabile. Tra le cause dell'anoressia-bulimia, oltre alle dinamiche psicologiche e relazionali all'interno della famiglia, è stata ipotizzata anche una componente genetica intesa come predisposizione al disturbo.