allelùia
sm. e f. inv. [sec. XIV; dall'ebraico hallelū Yāh, lodate Dio, attraverso il latino cristiano]. Acclamazione di lode a Dio, che si ritrova in molti salmi ed è quindi entrata nella liturgia cristiana come caratteristica espressione di gioia. Il suo uso nella Chiesa romana fu regolato da Gregorio Magno e divenne il canto entusiastico delle feste pasquali. Non viene cantato in alcuni periodi dell'anno: per esempio, nel tempo tra Settuagesima e Pasqua, nelle messe feriali di Avvento; negli uffici funebri, ecc. Comunemente, canto o escl. di gioia: cantare l'alleluia; fino al giorno dell'alleluia, fino al giudizio universale, quando i beati canteranno l'alleluia. § Nel 1233 papa Gregorio IX, nell'intento di aprire gli animi dei fedeli alla pace con nuove pratiche devozionali, ordinò che si tenessero le cosiddette processioni dell'alleluia, nelle quali i partecipanti cantavano gli inni della Chiesa, intervallandoli con il canto dell'alleluia. Tale pratica fiorì dapprima in Umbria e da qui si estese presto a tutta l'Italia settentrionale.