al-Assad, Bashar
uomo politico siriano (Damasco 1965). Conseguita la laurea in medicina e specializzatosi in oftalmologia in Gran Bretagna, nominato colonnello dell'esercito siriano (1999), dopo la morte del padre Hafiz (2000), al-Assad veniva designato all'unanimità dal governo del suo Paese capo dello Stato. Promulgato dal Parlamento un decreto per abbassare la soglia d'età per il candidato alla presidenza, da quaranta a trentaquattro anni, la sua nomina veniva successivamente confermata dal popolo siriano, con elezioni presidenziali puramente formali. Nei primi mesi di governo, al-Assad si mostrava favorevole al alcuni cauti progetti di riforma, che prendevano il nome di “Primavera di Damasco”. Nei primi tre anni di presidenza di al-Assad si assisteva anche allo svecchiamento della tradizionale, e in larga parte corrotta, classe di governo. Il periodo di apertura e dialogo sociale si interrompeva già nel 2001. Dal 2005 al-Assad varava anche alcune riforme economiche volte a trasformare la Siria da un Paese con un’economia pianificata di stampo socialista, in un’economia sociale di mercato. Il risultato delle riforme economiche di Assad portava però a risultati controversi. All’inizio del 2011, nel contesto della cosiddetta Primavera araba, in Siria scoppiavano manifestazioni contro Assad, che ne chiedevano le dimissioni. Il governo rispondeva alle proteste concedendo una nuova Costituzione, ma anche accusando i ribelli di atti di terrorismo. Scoppiava così la Guerra civile siriana, che nei primi anni vedeva le forze fedeli ad Assad, in seria difficoltà, perdere il controllo di buona parte del paese. Nel 2013 Stati Uniti e Unione Europea accusavano Assad di aver usato armi chimiche contro la popolazione ribelle a Damasco. Assad rispondeva alle accuse dicendo che gli attacchi erano stati orchestrati dai suoi avversari in modo di far ricadere su di lui la responsabilità e accettava di aderire alla Convenzione ONU sulle armi chimiche, distruggendo l’arsenale chimico siriano. Nel giugno 2014 si tenevano le elezioni presidenziali multipartitiche e Assad veniva rieletto per un nuovo mandato della durata di sette anni con il 92,20% dei voti. I suoi detrattori affermavano però che le elezioni erano state una farsa. Dal 2015 le forze fedeli ad Assad, approfittando delle divisioni interne insorte tra i ribelli, iniziavano a recuperare terreno anche grazie al sostegno militare della Russia, che insieme all’Iran e al partito libanese Hezbollah, è la principale alleata del regime di Assad. Nel gennaio 2019 le forze governative avevano ripreso il controllo di buona parte della Siria ad eccezione di alcune zone controllate dai curdi e del governatorato di Idlib, ancora occupato da forze ribelli.