agostinismo
sm. [da S. Agostino]. Corrente del pensiero medievale e moderno che sviluppa ulteriormente alcune delle tesi fondamentali di S. Agostino e ne riprende il tentativo di sintesi fra pensiero platonico e cristiano. Dopo il crollo del mondo greco e romano, le opere di S. Agostino formarono la sostanza della cultura occidentale e l'argomento di gran parte degli scritti dei secoli medievali: Gregorio Magno, Isidoro di Siviglia, Beda, Alcuino sono tributari diretti del pensiero agostiniano e il De Civitate Dei fu posto a fondamento della politica sociale della Chiesa e delle relazioni fra potere spirituale e civile. Questo predominio del vescovo d'Ippona nel campo culturale rimase incontestato fino al sec. XIII, alimentando l'alta speculazione teologica di Anselmo d'Aosta e di Abelardo. Anche di fronte all'aristotelismo tomista l'agostinismo del sec. XIII mantiene ancora saldi i suoi principi: non distinzione fra verità razionale e verità rivelata; priorità della volontà sull'intelletto; azione illuminatrice di Dio sull'attività intellettiva umana; rationes seminales delle cose; la materia non è potenzialità pura, ma ha già in sé una qualche attualità; pluralità delle forme come distintivo degli esseri contingenti; creazione nel tempo. Fra i maggiori rappresentanti dell'agostinismo di questo periodo vanno ricordati Guglielmo d'Auvergne, Alessandro di Hales, S. Bonaventura, Ruggero Bacone, Matteo di Acquasparta e Duns Scoto. Allo sviluppo dell'agostinismo dette un notevole contributo anche l'ordine degli Eremitani di S. Agostino che, pur accettando in gran parte la sintesi tomista (vedi Egidio Romano), mantenne alcuni elementi agostiniani quali la superiorità della volontà sull'intelletto, l'amore come fine della scienza teologica, l'efficacia della grazia, la potestà diretta della Chiesa nel campo temporale; nella questione della grazia la scuola eremitana ne sostiene la necessità per compiere opere buone, non solo nell'ordine soprannaturale ma anche in quello naturale. Questa interpretazione rigidamente antipelagiana viene mantenuta anche dai teologi successivi: Ugolino Malabranca, Giovanni di Basilea, Agostino Favaroni, Giacomo Pérez da Valenza, Egidio da Viterbo. I primi umanisti ricercano Cicerone e Platone, ma passando attraverso la filosofia di Agostino. Tanto in Cartesio quanto in Pascal possiamo seguire la traccia della speculazione agostiniana nell'ontologismo delle verità razionali del primo e nell'esperienza delle verità religiose del secondo. La scuola teologica agostiniana è presente in folto gruppo anche al Concilio di Trento (Seripando, Agostino Moreschini, Gregorio da Padova, Aurelio da Rocca Contratta, Mariano da Feltre, Stefano da Sestino e altri) e dibatte i temi dello stato originale dell'uomo, della grazia e della predestinazione: nell'uomo è naturale la tendenza a vedere Dio e a trovare in Lui solo la sua felicità. D'altro canto la concupiscenza lo trae al male, perché il peccato originale non solo ha privato l'uomo dei doni preternaturali, ma ne ha ferito la stessa natura, causandogli una situazione di disordine morale. E la ferita è tanto profonda che per sanare l'uomo è necessaria la grazia, non solo per evitare il peccato, ma anche per porre un atto moralmente buono. La grazia “sufficiente” ha però solo una capacità potenziale a sanare il disordine morale nell'uomo e rimane inefficace quando si scontra con una forte inclinazione al male; per muovere la volontà ad agire è necessaria la grazia “efficace”. Questa però non è concessa a tutti gli uomini, ma solo a quelli che Dio nella Sua misericordia ha scelto; il perché di questa scelta e della conseguente perdizione dei non scelti rimane occulto nelle profondità del pensiero divino, ma noi abbiamo la certezza che essa emana da un giustissimo giudizio. La predestinazione alla visione beatifica di Dio è quindi assoluta e ante previsa merita (determinata cioè al di fuori dei meriti acquisiti dall'eletto). È ben conosciuto il richiamo continuo che Lutero fa nei suoi scritti sulla libertà e la grazia al pensiero di S. Agostino, ma è sintomatico che il fondatore della Riforma rifugga dal citare il vescovo d'Ippona ogni qualvolta questi fa dipendere la giustificazione e la salvezza dalla “fede che opera per la carità”; né di pretta derivazione agostiniana è la dottrina di Baio, che da un lato insiste sull'accentuazione della grazia sulla natura e la libertà e dall'altro si appoggia alla tematica pelagiana della perfezione della natura umana. Posizione ambivalente, che fa considerare il baianesimo un presupposto del giansenismo. In epoca più recente hanno richiami parziali all'agostinismo il modernismo e il personalismo.