affumicatura
sf. [da affumicare]. Atto ed effetto dell'affumicare. § Processo (detto anche affumicamento) al quale vengono sottoposte, per poterle conservare a lungo, derrate alimentari, in particolare prosciutto, lardo, carne, che vengono preventivamente salati (pregiatissimi il prosciutto magro e affumicato tirolese, detto speck, e vari tipi di prosciutti e salsicce, come i Landjäger austriaci), pesce fresco o secco (merluzzo, haddock, halibut, aringhe, ecc.), formaggio (alcuni tipi di provole e scamorze), e consistente nell'esporle all'azione dei fumi prodotti dalla combustione di particolari tipi di legno. L'affumicatura può avvenire in due modi: a freddo o lenta, a caldo o rapida. Nel primo caso i prodotti alimentari sono posti lontano dalla fonte di calore in modo che la temperatura dei locali di affumicamento non sorpassi i 30-35 ºC. Nel metodo a caldo la fonte di calore è vicina ai prodotti e la temperatura dei locali di affumicamento raggiunge i 120 ºC; in questo caso si ottiene, oltre all'essiccamento, la cottura parziale dei prodotti. L'azione antisettica e conservativa viene esercitata dal fumo prodotto dalla combustione incompleta del legno o dei trucioli. Il fumo, che proviene da un affumicatore nel quale si fa bruciare di norma legno di faggio, ontano, ginepro, castagno, viene prima condizionato (vengono cioè regolate la sua densità, composizione e temperatura), poi fatto circolare nei locali di affumicamento dove i prodotti alimentari sono disposti in modo da esporre all'azione del fumo la massima superficie possibile. § Nell'industria dei laterizi, fase di preriscaldamento dei laterizi crudi nei forni a camere Hoffmann. Con il preriscaldamento si impedisce la condensazione di vapor d'acqua da parte dei gas di riscaldamento dei laterizi, inconveniente che apporterebbe alterazioni ai manufatti. Il termine, improprio, deriva dal fatto che per apportare calore ai pezzi si utilizzano i fumi di combustione che poi sono inviati al camino.