adultèrio
IndiceLessico
(ant. adultèro), sm. [sec. XIII; latino adulteríum]. Relazione amorosa che comporta violazione del vincolo coniugale. Per estensione, fornicazione, amore contro natura; tradimento, corruzione: “Tosto io spero, / ... Roma libera fia da l'adulterio” (Carducci).
Diritto
Nell'antichità, sia presso gli Ebrei (Levitico 20, 10; Deuteronomio 22, 22) sia in Mesopotamia (Codice di Hammurabi), era comminata la pena di morte tanto per l'adultera che per il suo complice. Presso i Greci il delitto di adulterio comportava la morte per entrambi i colpevoli colti in flagrante o, secondo il diritto consuetudinario delle varie póleis, l'accecamento, il ludibrio pubblico o il pagamento di una grossa multa per entrambi i complici; in ogni caso gli adulteri erano privati dei diritti civili fondamentali (atimia). Nel diritto romano, l'adulterio in origine veniva punito all'interno del gruppo familiare; più tardi, configurato come crimen, divenne perseguibile davanti all'apposita quaestio (de adulteriis). Le sanzioni in caso di condanna erano: relegazione e confisca di parte del patrimonio, divieto, per la donna, di contrarre nuovo matrimonio. Dopo la severissima legislazione augustea, la repressione dell'adulterio si attenua per inasprirsi nuovamente in età post-classica giustinianea. § Per la morale cattolica l'adulterio fu considerato in ogni tempo peccato mortale in quanto infrazione diretta allo ius in corpus dell'altro coniuge e alla castimonia matrimoniale, oltre che grave oltraggio alla legge divina. A differenza però dei vari codici civili, il Codice di Diritto Canonico non ammise mai una differenza di pena tra il marito e la moglie adulteri. Per il fedele reo di adulterio pubblico (che sia causa di scandalo tra i fedeli) è contemplata l'esclusione dagli atti di culto. Nella stessa pena incorre anche il chierico minore che però, nei casi più gravi, è ridotto allo stato laicale. Per il chierico in sacris la pena per l'adulterio semplice è irrogata dal giudice e giunge alla privazione dell'ufficio o del beneficio per i casi più gravi; per la vera relazione adulterina sono comminate la sospensione, la dichiarazione d'infamia, la privazione di ogni ufficio e beneficio e (ultima ratio) la deposizione. § Nel diritto civile italiano, prima della legge 19 maggio 1975, n. 151 sulla riforma del diritto di famiglia, l'adulterio costituiva una delle cause di separazione personale dei coniugi. Il marito poteva richiederla anche per un solo atto di relazione extra-coniugale della moglie, mentre questa poteva chiedere la separazione personale solo se l'adulterio del marito costituiva per lei ingiuria grave. Abolita la separazione per colpa e sostituita col diritto alla separazione per giusta causa, l'adulterio può costituire una giusta causa qualora concreti un fatto tale da recare gravi pregiudizi all'educazione della prole o da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Nell'ipotesi di adulterio commesso dalla moglie tra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita del figlio, il marito può disconoscere il figlio ed è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre e ogni altro fatto tendente a escludere la paternità (art. 93, legge 19 maggio 1975, n. 151). § Nel diritto penale (art. 559-563) era reato l'unione carnale anche occasionale della moglie con l'estraneo, mentre il marito era penalmente perseguibile quando l'adulterio si fosse manifestato sotto la specie del concubinato. In entrambe le ipotesi il reato era perseguibile a querela del coniuge offeso. Nell'ipotesi di relazione adulterina della moglie, questa era punita alla stregua del marito concubino. Le pene previste per l'adulterio, il concubinato, la relazione adulterina erano comminate anche per il correo. La condanna del marito comportava la perdita dell'autorità maritale. La Corte Costituzionale, in data 16-19 dicembre 1968, con sentenza n. 126 ha dichiarato incostituzionale il 1º comma dell'art. 660 ed è nuovamente intervenuta con la sentenza 127 del 27 novembre e 3 dicembre 1969, dichiarando incostituzionale l'intero articolo 660, perché ritenuto in contrasto con l'art. 29 della Costituzione, che sancisce la parità giuridica e morale dei coniugi. Per effetto di detta declaratoria d'incostituzionalità l'adulterio, il concubinato e la relazione adulterina non sono più considerati reati e, di conseguenza, non più perseguibili penalmente.