Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino adoptío-ōnis].

1) Istituto giuridico inteso a creare rapporti familiari laddove mancano vincoli naturali.

2) Comunemente, scelta, assunzione, introduzione: adozione di un provvedimento; adozione di parole nuove, l'impiego di esse.

3) In etologia, attitudine degli adulti di alcune specie di animali ad allevare piccoli appartenenti ad altre specie. Il fenomeno viene sfruttato dall'uomo nell'allevamento, specie in quello degli uccelli da cortile.

4) In urbanistica, atto amministrativo con il quale il Consiglio comunale fa propri i piani regolatori comunali (piano regolatore generale e piano regolatore particolareggiato), secondo la prassi della legge urbanistica vigente in Italia.

5) Nella teologia cristiana, adozione soprannaturale è la posizione degli uomini, diventati figli di Dio Padre, in virtù dell'Incarnazione e della Redenzione operata da Gesù Cristo.

Diritto romano

Nel diritto romano un pater familias poteva assoggettare alla sua potestà (patria potestas) un altro pater familias con i suoi discendenti e tutto il patrimonio (adrogatio) o un filius familias (adoptio). L'adrogatio rendeva filius un pater, in conseguenza di un'indagine fatta dai pontefici sulle ragioni per cui era compiuto il negozio giuridico (causae cognitio), e una votazione richiesta in origine ai comizi curiati (per populum) e, con la fine della repubblica, ai littori. Durante il principato fu introdotta l'adrogatio per costituzione imperiale (per rescriptum principis). L'adozione di un filius familias avveniva mediante una rivendicazione fittizia della patria potestas (in iure cessio), compiuta in giudizio da un pater nei confronti di un altro pater: quando quest'ultimo non si opponeva alla rivendicazione il magistrato aggiudicava il filius al pater adottante. Alcuni studiosi parlano di adoptio testamentaria, di cui peraltro non è traccia nelle fonti giuridiche. Con Giustiniano l'adozione è un negozio giuridico compiuto da due patres davanti a un funzionario imperiale previo consenso dell'adottato che conservava i diritti successori nei confronti dei suoi parenti di sangue.

Diritto medievale

Nell'alto Medioevo i Longobardi e i Franchi introdussero in Italia le costituzioni dell'adozione germanica, che non s'ispirava tanto a una precisa posizione giuridica quanto piuttosto a vincoli morali. Ben presto però, a contatto con la prassi del diritto romano, questi popoli abbandonarono le loro tradizioni e si adeguarono all'istituto dell'adozione romana, che in quei tempi era concepito come un'adoptio in hereditatem, cioè un atto che, conferendo all'adottato lo status di figlio, lo abilitava alla successione ereditaria dell'adottante (patto successorio). Accanto a questa adoptio per chartulam (cioè in forma epistolare) rimase ancora vivo l'uso dell'adozione fatta davanti al conte o al re. Durante il periodo feudale l'adozione fu quasi completamente abbandonata e persino osteggiata perché direttamente contraria all'istituto del maggiorasco e anche quando la successione testamentaria fu liberata dalle numerose limitazioni feudali non ritrovò più la sua originaria importanza.

Diritto italiano

L'istituto dell'adozione è regolato dalle leggi 5 giugno 1967, n. 431 e 4 maggio 1983, n. 184. Quest'ultima legge, modificata, da ultimo, dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, permette l'adozione ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista, e non abbia avuto luogo negli ultimi tre anni, separazione personale neppure di fatto e che siano idonei a educare, istruire e in grado di mantenere i minori che intendono adottare. Tra gli adottanti e il minore deve esservi una differenza d'età non inferiore a 18 anni e non superiore a 45; è ammessa la possibilità di deroga a tali limiti quando il Tribunale dei Minori accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore; quando il limite massimo d'età sia superato da uno solo degli adottanti in misura non superiore a 10 anni, oppure quando gli adottanti abbiano già figli dei quali almeno uno sia in età minore, oppure quando il minore da adottare sia fratello o sorella di altro minore già adottato dagli stessi genitori. È altresì ammessa l'adozione di più persone da parte dei medesimi coniugi anche con atti successivi. La competenza nelle cause di adozione – spettante una volta alla Corte d'Appello – è passata al Tribunale dei minorenni del distretto in cui risiede il minore. La dichiarazione di adottabilità riguarda i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono, che risultino privi di assistenza materiale o morale da parte dei loro genitori o di parenti tenuti al loro mantenimento, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio. Allo scopo di sottrarre i minori allo stato di abbandono la legge impegna moralmente tutti i cittadini che siano a conoscenza di tali fatti a segnalarli alla pubblica autorità e ne fa un preciso obbligo ai pubblici ufficiali e agli organi scolastici. Alle istituzioni pubbliche o private di protezione o assistenza è fatto obbligo di trasmettere l'elenco dei loro assistiti ogni semestre al procuratore della Repubblica, che disporrà per gli opportuni accertamenti e ne riferirà al Tribunale dei minorenni. Questo procederà a nuovi accertamenti allo scopo di individuare i casi di adottabilità, nell'interesse dei minori abbandonati. Se le indagini danno come certa l'inesistenza dei genitori legittimi o naturali o di parenti tenuti al mantenimento, il Tribunale potrà dichiarare lo stato di adottabilità. L'adottabilità per i minori con genitori o parenti conosciuti ed esistenti è decretata dal Tribunale qualora persistano la mancanza di assistenza morale o materiale e l'impossibilità di ovviarvi. Allo scopo di assicurarsi che il minore si trovi a suo agio presso gli adottanti, il Tribunale può disporre per l'“affidamento preadottivo” per un periodo determinato, durante il quale deve vigilare sul buon andamento dell'esperimento. Tanto per l'affidamento preadottivo quanto per l'adozione è necessario il consenso esplicito del minore se questi ha compiuto i 14 anni di età; se ha compiuto i 12 anni il Tribunale è tenuto ad ascoltarlo, e può farlo, se opportuno, anche ove il minore abbia un'età inferiore. Con l'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti e cessano i suoi rapporti con la famiglia d'origine. I casi di revoca dell'adozione sono dati dall'indegnità dell'adottante o dell'adottato. In particolare, la legge 184 (che ha tra l'altro abolito l'istituto dell'affiliazione) ha ridisciplinato l'adozione di minori stranieri, per tutelarne la parità di garanzie con gli adottati italiani. In ogni caso gli interventi legislativi che negli anni si sono succeduti hanno riconosciuto la ratio dell'istituto dell'adozione nell'interesse del minore ad avere un nucleo familiare in cui crescere, lasciando in subordine invece le aspettative di coloro che desiderano avere un figlio. § Una forma atipica di adozione, in quanto non disciplinata dal legislatore, è l'adozione a distanza, denominata più appropriatamente sostegno a distanza. Si tratta di un rapporto non giuridico che si crea tra due soggetti di cui uno sostiene economicamente l'altro, generalmente per mezzo di organizzazioni di volontariato che operano a livello internazionale. Introdotta in Italia già molti anni fa, l'adozione a distanza ha avuto nei primi anni del XXI secolo una notevole diffusione grazie soprattutto agli organismi che cooperano con i Paesi più poveri ed emarginati. L'unico “obbligo” che assume l'adottante è quello di versare una somma prestabilita all'associazione di volontariato, che si farà carico di impiegarla per gli scopi umanitari che essa persegue. Il legame che unisce sostenitore e beneficiario non è mai vincolante dal punto di vista giuridico, di conseguenza non potrà mai essere reclamato alcun diritto del donatore nei confronti del beneficiario (per esempio adozione) né viceversa (per esempio rivendicazioni di natura economica).

Etologia

L'adozione nel mondo animale spesso deriva dall'incontro fra la predisposizione all'allevamento da parte delle femmine di alcuni animali, basata sulla situazione ormonale della maternità, e le caratteristiche infantili (morfologiche e/o comportamentali) dei cuccioli adottati, che costituiscono stimoli chiave evocatori di risposte parentali. Adozioni in natura sono note fra le scimmie e fra i licaoni, ma una grande varietà di animali domestici può essere indotta ad accettare come propri anche piccoli di altre specie, dimostrando che, pur in specie diverse, nel determinare i rapporti madre-figlio entrano in gioco gli stessi meccanismi. Gli uccelli da cortile (anatre, oche, tacchini, polli), ma anche altre specie selvatiche che non riconoscono le loro uova, possono essere indotti a covare uova di altre specie e normalmente accettano anche i piccoli come propri. Molti uccelli nidicoli mostrano una risposta di imbeccamento innata a un nidiaceo che spalanca la bocca e possono nutrire nidiacei o giovani uccelli di altre specie. Di questi comportamenti si avvalgono parassiti, tipico il caso del cuculo, che depongono le uova in nidi di altre specie lasciando a queste la cova e l'allevamento dei loro nidiacei.

Bibliografia

I. Baviera, L'adozione speciale, Milano, 1968; G. Barletta, L'adozione: cosa sapere, cosa fare, Torino, 1987; M. Bianca, Diritto civile, vol. II, Milano, 1989.

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