Valle-Inclán, Ramón del-
poeta, narratore e autore teatrale spagnolo (Villanueva de Arosa, Pontevedra, 1866-Santiago de Compostela 1936). È uno dei maggiori scrittori spagnoli d'ogni tempo. La niña Chole (1893) fu la sua prima opera significativa. A essa seguirono nel 1895 Femeninas (Femminili), sei racconti d'amore di un decadentismo raffinato e di seconda mano, validi tuttavia come esperienza stilistica. A Madrid, nell'atmosfera di bohème e di fervore artistico di fine secolo, Valle figurò in prima fila fra i “giovani arrabbiati” della futura Generazione del '98 e del modernismo; pubblicò libretti di racconti (Epitalamio, 1897) e teatro non rappresentabile (Cenizas, 1899). Questa prima fase culmina con il ciclo delle quattro Sonatas (Sonata de Otoño, 1902; de Estío, 1903; de Primavera, 1904; de Invierno, 1905), lungo e sconnesso racconto in quattro episodi, presunte memorie letterarie di un libertino marchese Bradomín (evidente proiezione letteraria di quello che Valle avrebbe voluto essere e non fu mai). La prova stilistica è già originale, sebbene entro canoni noti, e la Spagna di due dei quattro “sfondi” (la Galizia dell'Otoño e la Navarra carlista dell'Invierno) ha luce e rilievo quasi perfetti. Da essi nacquero due altri cicli di Valle: le Commedie barbare e il trittico narrativo della guerra carlista (Los cruzados de la causa, 1908, I crociati della causa; El resplendor de la higuera, 1908, Il bagliore del falò; e Gerifaltes de antaño, 1909, Falchi d'altri tempi), prove, in complesso, molto superiori alle Sonatas, sebbene non del tutto esenti da decadentismi oleografici. Il Valle migliore è però quello del dopoguerra, la cui chiave va cercata in un singolare libro di saggi, La lámpara maravillosa (1916; La lampada meravigliosa), che chiude il periodo modernista e apre quello nuovo e definitivo. Fra i versi surrealisti di La pipa de' Kif (1919) e gli ultimi romanzi (il trittico storico-grottesco El ruedo ibérico, 1928 e sgg., L'arena iberica, e Tiranno Banderas, 1926), passando attraverso il teatro (Divinas palabras, 1920, Parole divine; Luces de Bohemia, 1924; e otto esperpentos, o farse “violente”, 1925-30), Valle attinge esiti straordinari, fondendo in compiuta sintesi la potenza di scrittura e una visione del mondo – e della Spagna in primo luogo – di un'amarezza totale, disperata. Al di sotto della deformazione cubista (peraltro sempre dominata, superiormente artistica), par di cogliere un'eco del pessimismo metafisico di F. de Quevedo, o del Goya dei Disparates e dei Desastres. Quasi dimenticato subito dopo la morte, Valle è oggi molto letto, studiato e rappresentato, anche fuori di Spagna, e appare di una sorprendente attualità: quella dei classici.