Vèrri, Piètro
Indicescrittore, filosofo ed economista italiano (Milano 1728-1797). In gioventù tradusse (1754) il teatro di Destouches, difese C. Goldoni contro P. Chiari, scandalizzò i benpensanti con almanacchi satirici (Borlanda impasticciata, Gran Zoroastro e Mal di Milza). Con il fratello Alessandro fondò (1761) la “Società dei Pugni”, divenendone la figura più energica e consapevole, e nel 1764 pubblicò il periodico Il Caffè, sul quale scrisse una quarantina di articoli di vario argomento. Nello stesso anno Verri entrò nella carriera dell'amministrazione pubblica, iniziando la sua opera di riformatore: particolarmente importante la sua proposta di abolire l'esazione delle tasse per mezzo di appaltatori. All'attività pubblica si affiancava intanto un'intensa attività saggistica (Saggio sulla grandezza e decadenza del commercio di Milano sino al 1750, 1761; Meditazioni sulla felicità, 1763; Memorie storiche sull'economia pubblica dello Stato di Milano, 1768). Dopo aver redatto un documentatissimo Bilancio del commercio dello Stato di Milano, Verri pubblicò una delle sue opere più incisive e vigorose, le Riflessioni sulle leggi vincolanti principalmente nel commercio dei grani (1769), ispirate a un'ampia visione dei principi economici del liberismo, cui fecero seguito le fondamentali Meditazioni di economia politica (1771), dove sono enunciate le leggi che regolano il rapporto tra la domanda e l'offerta ed è chiarita la funzione del denaro, come “merce universale”. Divenendo sempre più forti gli ostacoli nella sua opera di amministratore, Verri ripiegò sulla riflessione filosofica e scrisse il discorso Dell'indole del piacere e del dolore (1773), d'impostazione sensistica, e le Osservazioni sulla tortura (1777), in cui sostiene l'inutilità e la crudeltà della tortura. Nel 1777 Verri iniziò la stesura di una Storia di Milano (il cui primo volume apparve nel 1783 e il secondo, postumo, nel 1798), insigne esempio di storiografia illuministica. Le riforme ecclesiastiche promosse da Giuseppe II ispirarono al Verri il Dialogo fra Pio VI e Giuseppe II a Vienna (1782), cui fece seguito la Decadenza del Papa, quando era ormai scomparsa la speranza di un papa illuminato. Il dispotismo sempre più accentratore di Giuseppe II indusse Verri a lasciare, nel 1786, ogni carica pubblica; ma nel 1796, venuti i Francesi, tornò alla vita pubblica ed entrò a far parte della municipalità: pur non condividendo gli eccessi dei giacobini, aveva infatti colto acutamente il legame tra la Rivoluzione francese e le battaglie illuministiche di cui era stato protagonista. Verri lasciò un carteggio con il fratello Alessandro: fonte indispensabile per la conoscenza della società e della cultura del secondo Settecento.
Bibliografia
M. Fubini, La cultura illuministica in Italia, Torino, 1957; D. Chiomenti Vassalli, I fratelli Verri, Milano-Varese, 1960; S. Romagnoli, Introduzione al “Caffè”, Milano, 1960; idem, Illuministi settentrionali, Milano, 1962; E. Sala Di Felice, Felicità e morale in Pietro Verri, Padova, 1970; G. Scianatico, L'ultimo Verri, Napoli, 1990.