Thiers, Adolphe
uomo politico e storico francese (Marsiglia 1797-Saint-Germain-en-Laye 1877). Avvocato in Provenza, si trasferì a Parigi nel 1821 entrando in contatto con gli ambienti progressisti della capitale. Eccellente parlatore, si rivelò ben presto giornalista eclettico e di grande vena. Raggiunse la fama nel 1827 con l'Histoire de la Révolution française. Poco dopo, lasciato Le Constitutionnel, cui aveva sino allora collaborato, fondò, con F. Mignet e A. Carrel, Le National (gennaio 1830) in cui espresse convincimenti costituzionalisti e orleanisti. Intanto la situazione precipitava: le Ordinanze di luglio lo videro estensore della protesta dei giornalisti, una delle cause della rivoluzione, e quindi dell'appello a Luigi Filippo perché assumesse la corona di re dei francesi. Entrato nel governo (consigliere di Stato, sottosegretario alle Finanze), Thiers rivelò improvvisamente una mentalità conservatrice cui, peraltro, si mantenne poi sempre fedele. Fu detto giustamente che Thiers più che un protagonista fu un interprete della tipica mentalità della borghesia francese dell'Ottocento: attenta assai più alle cose concrete che alle ideologie, fedele ai “valori nazionali” e scettica verso i partiti e i regimi. Ministro degli Interni dal 1832, sventò con durezza i moti sociali (Lione, Parigi) del 1834 e dopo l'attentato dei Fieschi non esitò a emanare disposizioni severissime contro la libertà di stampa. Divenuto primo ministro nel 1836 non resse tuttavia che pochi mesi; si dimise di fronte al rifiuto di Luigi Filippo di appoggiare i carlisti di Spagna. Né migliore successo ebbe il secondo ministero (1840) caduto per l'insuccesso della politica di appoggio a Muḥammad ʽAlī e per la Quadruplice alleanza costituitasi a Londra che isolava pericolosamente la Francia. Ma il fallimento come uomo di governo non impedì a Thiers di divenire un eminente capo dell'opposizione al lungo governo di destra di F. Guizot. La rivoluzione del 1848 tuttavia non lo portò al governo, per gli evidenti suoi legami con il re. Attese in quel tempo alla monumentale Histoire du Consulat et de l'Empire, scritta tra il 1845 e il 1862. Inizialmente assertore di Luigi Napoleone, lo osteggiò poi cosicché, avvenuto il colpo di Stato del dicembre 1851, fu arrestato e proscritto. Ritornò in patria l'anno successivo, ma solo nel 1862 poté riprendere l'attività politica nel corpo legislativo. Ostile al regime, fu un critico pacato ma inesorabile. Il crollo del Secondo Impero lo fece nuovamente emergere al vertice del potere. Eletto capo dell'esecutivo della Repubblica (febbraio 1871) dopo una rapida e infruttuosa missione diplomatica alla ricerca di una qualche solidarietà internazionale, concluse il faticoso negoziato con Bismarck che, sia pure a condizioni durissime, permetteva alla Francia di iniziare la ricostruzione. Con durezza implacabile represse la Comune (maggio 1871) dedicandosi quindi al reperimento della somma pattuita per la piena evacuazione delle truppe prussiane. Problema che riuscì a risolvere ben prima del termine pattuito, nel settembre 1873. Eletto presidente provvisorio della Repubblica, si dichiarò contro l'istituto monarchico suscitando l'accanita opposizione della maggioranza monarchica. Battuto da un voto di sfiducia (maggio 1873) rassegnò le dimissioni. Fu rieletto deputato nel 1876 e divenne capo dell'opposizione repubblicana nel 1877.