Terragni, Giusèppe
architetto italiano (Meda 1904-Como 1943). Dopo un'iniziale partecipazione, come pittore, all'esperienza del Novecento, entrò giovanissimo nel “Gruppo 7”, collaborando anche sul piano teorico (articoli sulla Rassegna italiana) alla battaglia per il razionalismo italiano, con l'adesione al MIAR (1928). Nella breve ma intensa attività progettuale, il linguaggio di Terragni si sviluppò con lucida coerenza: se nel "Novocomum" a Como (1927-28, prima opera realizzata) può essere ancora rintracciata una matrice novecentista, nella successiva Casa del Fascio nella stessa città (1932-34) siamo già di fronte a un linguaggio totalmente originale. È indubbio che l'attività di Terragni risentì in maniera sintomatica – e persino drammatica – delle ambiguità comuni all'intero movimento razionalista italiano: da un lato, malgrado la sua adesione al fascismo, la sua stessa opera risultava in contraddizione al regime, e come tale fu osteggiata a livello ufficiale, dall'altro lo scatto lirico e personale, la sensibilità poetica che ne caratterizzano il linguaggio gli attirarono critiche anche dallo stesso campo razionalista (per esempio da G. Pagano). Ma se è vero che talora si insinuano nell'opera di Terragni pericoli di artificiosità (come per esempio nella Casa Rustici a Milano, 1934-36) – e le polemiche si addensarono soprattutto sui progetti per grandi concorsi (per il Palazzo Littorio a Roma, 1934 e 1937; per il Palazzo dei Congressi all'E. 42 di Roma, 1937 e 1938-39) – va notato che nelle ultime opere il linguaggio di Terragni si fa sempre più libero e autonomo. Così nella varietà di articolazioni volumetriche dell'asilo del rione Sant'Elia a Como (1936-37), o nella contrapposizione di piani liberi e volumi bloccati nella Villa Bianca di Seveso (1936-37). Richiamato sotto le armi nel 1939, morì dopo il ritorno dalla Russia, da cui era rientrato distrutto fisicamente e moralmente.