Scalvini, Giovita
Indiceletterato e patriota italiano (Botticino, Brescia, 1791-Brescia 1843). Fu redattore della Biblioteca italianama, di sentimenti liberali, si accostò ben presto ai romantici del Conciliatore. Coinvolto nei moti del 1821, dopo aver scontato nove mesi di carcere andò esule a Ginevra, poi a Parigi, a Londra (dove coabitò con U. Foscolo) e a Gaesbeck, in Belgio. Nel 1838, beneficiando di un'amnistia, rientrò in Italia. Quello di Scalvini è un “caso” tra i più interessanti e più irti di contraddizioni del romanticismo italiano: di educazione classicista e foscoliana, espresse nei suoi versi un sentimento di romantica e leopardiana malinconia; in un linguaggio aulico, espose un contenuto decisamente rivoluzionario; esaltò l'iniziativa popolare, ma si rivolse ai nobili, sia pure per metterli violentemente sotto accusa.
Nel 1860 N. Tommaseo, cui Scalvini aveva affidato le sue carte, pubblicò un volume di Scritti che comprende un diario, Sciocchezzaio, steso tra il 1818 e il 1821, e i poemetti L'esule (il titolo originale è Il fuoruscito), in endecasillabi sciolti e Ultimo carme. Il primo è uno dei canti più alti del Risorgimento per lucidità intellettuale e fervore passionale: muovendo da una totale sfiducia nell'azione dei ceti nobiliari e nel metodo della congiura, Scalvini sostiene che solo la rivolta popolare contro le ingiustizie sociali potrà promuovere un autentico rinnovamento politico. L'ardore polemico viene però meno nel poemetto successivo, Ultimo carme, che segna un ripiegamento sui valori tradizionali.
Critico tra i maggiori del periodo tra Foscolo eF. De Sanctis, con il suo famoso saggio Sui “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni (1831), analizzò lucidamente il capolavoro manzoniano; nelle Considerazioni morali sull'“Ortis”, scritte nel 1818 per la Biblioteca italiana, condannò severamente lo scetticismo negativo del Foscolo. Tradusse e fece conoscere per primo in Italia la versione della prima parte del Faustdi J. W. Goethe (1835).