Resnais, Alain
Indiceregista cinematografico francese (Vannes, Morbihan, Bretagna, 1922-Parigi 2014). Uno dei cineasti più importanti non solo della nouvelle vague, ma del “nuovo cinema” in generale. Intellettuale raffinatissimo, ma con un occhio ai fumetti e al fantastico anche d'appendice, stabilì un rapporto con la letteratura d'avanguardia mettendo “in immagini” sceneggiature altrui (di M. Duras, A. Robbe-Grillet, J. Cayrol, J. Semprun, ecc.) ma investendole sempre, attraverso un montaggio musicale, del proprio universo immaginario e compiendo, alla fine, opera d'autore. Esordì con una serie di cortometraggi sperimentali e di documentari d'arte: tra i più noti Van Gogh (1948) che ebbe un premio Oscar, Guernica (1950) per lo straordinario dinamismo conferito alle immagini picassiane, Gauguin (1950) e Les statues meurent aussi (premio Vigo 1953), vietato dalla censura per il suo messaggio anticolonialista nella valutazione dell'arte negra “alla pari” di quella bianca. Nel celebre Notte e nebbia (1956), evocazione tremenda e poetica, in bianco e nero e a colori, dei campi nazisti di sterminio, e in Toute la mémoire du monde (1956) sulla Biblioteca Nazionale di Parigi, già si proponeva il tema della “memoria” che, come liturgia, labirinto, stimolo alla dialettica politica, sarebbe stato al centro dei suoi film. Il primo di questi, Hiroshima mon amour (1959), rivoluzionò il linguaggio cinematografico disgregando tempo e spazio consueti e riaggregandoli in una nuova coscienza critica e autocritica del passato-presente. Così, su un piano squisitamente formale e teorico, in L'anno scorso a Marienbad (1961, Leone d'oro a Venezia) dove il “tempo mentale” era il solo “reale”; così in Muriel, il tempo di un ritorno (1963), su un piano psicologico e sociale più concreto. Concretezza che in La guerra è finita (1966) si fece elegia della rivoluzione in Spagna e dibattito esistenziale sulla storia e sull'autocoscienza del militante “ironico e paziente”. Dopo Je t'aime, je t'aime (tit. it. Anatomia di un suicidio, 1968) su testo di J. Sternberg, Resnais ebbe una lunga parentesi di silenzio, rotta nel 1974 con Stavisky, il grande truffatore, dove i vari temi, storico-politico, di costume e privato sembravano più ricalchi del già detto che proposte di nuovo. Ma nel 1976, con Providence, Resnais tornò al livello più alto: affrontava un testo in inglese di D. Mercer, investendolo di problematiche personali e risolvendolo in una sorta di thriller metafisico sull'avanzare della morte in un uomo e della disfatta in un mondo in piena crisi. Meno convincente forse, ma raffinato come sempre risultò nel 1980 Mon oncle d'Amérique, sceneggiato da J. Gruault, dove le teorie dello scienziato H. Laborit sull'aggressività degli animali rinchiusi vengono rapportate ai comportamenti psicologici dei tre protagonisti (due uomini e una donna) in un trattato “parallelo”, tra il didascalico e il distanziato, dai risvolti grotteschi. Ammirazione ma anche sconcerto hanno suscitato i successivi La vita è un romanzo (1983) e L'amour à mort (1984), seguiti da Melo (1986), delizioso esercizio di stile per quattro attori, e dalla commedia Voglio tornare a casa (1989), cui ha fatto seguito Smoking-No smoking (1994). Del 1998 è Parole, parole, parole in cui dipinge un girotondo amoroso nella Parigi borghese dei nostri giorni. Nello stesso anno gli fu assegnato l'Orso d'argento al Festival di Berlino per lo straordinario contributo reso al cinema moderno. Nel 2006 portò Cuori alla Mostra del cinema di Venezia , mentre nel 2009 diresse Les herbes folles; Vous n'avez encore rien vu venne presentato nel 2012 al Festival di Cannes.
Bibliografia
R. Armes, The Cinema of Alain Resnais, Londra-New York, 1968; R. Prédal, Alain Resnais, Parigi, 1968; J. Ward, Alain Resnais, or the Theme of Time, Londra, 1968; Autori Vari, Muriel, Parigi, 1975; F. Vergerio, I film di Alain Resnais, Roma, 1984.