Parsi
nome dei membri di una comunità etnico-religiosa d'origine persiana (donde il nome, che in persiano indica appunto il popolo omonimo), stanziatasi in India nel sec. X. La comunità conta oltre 100.000 individui nella regione di Bombay e professa una religione, detta parsismo, che è uno sviluppo locale del mazdeismo iranico. Dopo la conquista araba della Persia, e la sua islamizzazione, un folto gruppo di fedeli volendo mantenere la propria fede si rifugiò in India. Il mazdeismo dei Parsi, privato della sua base sociale e nazionale, ha subito inevitabili trasformazioni schematicamente riducibili a un impoverimento dottrinale e a una contaminazione con la tradizione religiosa indiana. Fino a quando essi poterono mantenere i contatti con i nuclei mazdei rimasti in Persia, riuscirono a mantenere intatta la propria fede, ma, alla fine del sec. XVIII, con la conquista di Kirman da parte degli Afghani e la conseguente eliminazione di ogni residuo mazdeo in Persia, i Parsi rimasero completamente isolati e divennero incapaci persino di comprendere la lingua dei loro testi sacri che venivano recitati meccanicamente, quasi come formule magiche, durante le azioni cultuali. Coinvolti inoltre nella politica religiosa di Akbar, che cercò di formulare un sincretismo solare capace di riunire la fede islamica e la tradizione induistica dei suoi sudditi, essi vi aderirono con entusiasmo per i molti elementi mazdei che questa formulazione conteneva. In realtà, però, più che una conversione degli Indiani alla fede mazdea, si trattò della conversione di questi mazdei trapiantati alle suggestioni del nuovo ambiente culturale. Ciò che restò di una grande tradizione religiosa fu soltanto un complesso ritualismo, in funzione del quale fu conservata, ancorché divenuta incomprensibile, quella parte dell'Avestā che proprio per il suo uso liturgico viene detta Yasna (persiano, celebrazione). È la cerimonia più importante del parsismo: viene compiuta da almeno una coppia di sacerdoti, un “recitante” (zōt) e un assistente (rāspī); dopo varie azioni preliminari si passa alla consacrazione dell'haoma, una bevanda ricavata dai rami pestati di un'efedracea, che costituisce la materia del sacrificio; la consacrazione è fatta sostanzialmente mediante la recitazione dei 72 capitoli dell'Avestā che vengono chiamati Yasna. Tutto il culto dei Parsi si muove nella dialettica tra puro e impuro: il fine è sempre quello di evitare l'impurità o di ristabilire la purità. In questa dialettica si spiega la nota e caratteristica usanza funeraria delle cosiddette “torri del silenzio”, ossia di quelle torri in cima alle quali vengono esposti i cadaveri perché siano scarnificati dagli avvoltoi; si evita così di contaminare il fuoco, la terra e l'acqua, rispettivamente con la cremazione, l'inumazione o l'abbandono dei corpi nei fiumi, usanze tutte note nell'ambiente indiano. Una ripresa del parsismo in senso dottrinario si è avuta dopo l'esplosione di studi mazdei da parte degli occidentali in seguito alla scoperta dell'Avestā a opera di Anquetil-Duperron (sec. XVIII). In un certo senso i Parsi hanno accolto gli studi occidentali come si accoglie una teologia; hanno appreso da essi i fondamenti dottrinali della propria religione. Il che ha condotto anche a una specie di azione modernista del parsismo, realizzatasi in due direzioni: l'insorgenza di formule teosofiche capaci d'inserirsi nella religiosità occidentale, e una produzione di scritti apologetici per tener testa, nell'ambito di questa religiosità, al cristianesimo. La politica nazionalista dell'Iran sotto i Pahlavī portò al riconoscimento della cittadinanza iranica per i Parsi desiderosi di stabilirsi nella loro patria originaria.