Màssimo di Crisòpoli, detto il Confessóre
teologo e mistico bizantino (Costantinopoli ca. 580-Schemari, Caucaso, 662). Di famiglia nobile, fu segretario personale di Eraclio, dal 613-614 abate nel monastero di Crisopoli e verso il 624-625 a Cizico. Per sfuggire ai Persiani si recò ad Alessandria (632) e forse a Cartagine, da dove combatté il monofisismo e il monotelismo del patriarca Pirro. Nel Sinodo Lateranense (649) promosse la condanna del monotelismo di Eraclio e di Costante II; per rappresaglia fu arrestato in Italia (653), processato a Costantinopoli ed esiliato in Tracia, dove venne a disputa col vescovo Teodosio di Cesarea e coi consoli Paolo e Teodosio. Infine, mutilato della mano destra e della lingua, fu deportato a Schemari. Scrisse molti Opuscoli teologici e polemici, esegesi bibliche, il Libro ascetico, La mistagogia, a illustrazione del significato mistico-simbolico della Chiesa e della liturgia, e il Computo ecclesiastico per spiegare il valore delle feste cristiane. Festa il 21 gennaio nella Chiesa greca; il 13 agosto nella Chiesa latina.