Kulturkampf
sm. tedesco (propr. lotta per la civiltà). Con tale nome si indica il conflitto, protrattosi per un decennio, tra lo Stato prussiano e la Chiesa cattolica. All'origine vi si può vedere il rafforzamento dei cattolici in Germania, evidente fin dai disordini di Colonia (1837-42) e culminato nella nascita del Partito di Centro nel 1870, lo stesso anno della proclamazione dell'infallibilità del papa. Il cancelliere Otto von Bismarck voleva, d'altra parte, completare l'unità tedesca contro ogni forza che potesse farsi interprete di tendenze particolaristiche. Dopo due anni di tensione, in cui lo Stato prussiano si sforzò di esercitare un controllo diretto sull'insegnamento e sulle organizzazioni religiose, favorendo anche lo sviluppo di una Chiesa tedesca di “vecchi cattolici” antinfallibilisti, si arrivò alla rottura dei rapporti diplomatici col Vaticano (30 dicembre 1872) e, nel 1873, alle “leggi di maggio” (Maigesetze) che abolivano gli articoli costituzionali sulle libertà religiose; numerosi ordini religiosi furono sciolti; particolari provvedimenti favorirono il matrimonio civile, limitarono la concessione dell'assegno agli ecclesiastici e istituirono la gestione popolare dei beni della Chiesa (1875). Una nuova fase si aprì, anche in seguito alla successione del più moderato Leone XIII a Pio IX (1878), dopo i rapidi progressi politici ed elettorali dei due nuovi partiti tedeschi di massa, quello socialista e quello del centro cattolico. La nuova politica protezionistica e antisocialista di Bismarck lo riavvicinò ai cattolici, il che comportò l'annullamento di quasi tutte le leggi del Kulturkampf tra il 1883 e il 1887.