Jordaens, Jacob

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pittore fiammingo (Anversa 1593-1678). Esponente insieme a Rubens e Van Dyck del barocco nelle Fiandre, si differenziò dai due maestri per una maniera violentemente espressiva, che interpreta i soggetti sacri e mitologici come episodi terreni ricchi di sensualità. Già nelle prime opere (Le figlie di Cecrope, 1617, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts; Adorazione dei Magi, 1618, Stoccolma, Nationalmuseum) la realizzazione pittorica, basata su forti accostamenti di colori brillanti, sui contrasti di luce, sul disegno marcato, supera la tradizione manieristica. Vastissimi sono tuttavia i riferimenti al linguaggio internazionale: al tardo Cinquecento veneto e a Michelangelo, al classicismo romano e a Caravaggio (Contadino col satiro, Kassel, Staatliche Kunstsammlungen; Pan e Siringa, Il re beve, entrambi a Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts). Nel periodo 1625-30 una ricerca più rigorosa sui valori pittorici della luce, riconducibile a un'influenza dei caravaggisti olandesi e di G. de La Tour, lo portò a realizzare alcuni capolavori (Martirio di S. Apollonia, 1628, Anversa, chiesa degli Agostiniani; la Fecondità della terra, 1630, Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts). Nel trentennio successivo, da una parte imitò l'ultima maniera di Rubens, dove il colore sommerge completamente la forma (Ercole e Deianira, 1649, Copenaghen, Statens Museum for Kunst), dall'altra replicò all'infinito temi di gusto popolaresco come il Contadino col satiro, il Concerto di famiglia, Il re beve, esasperando in un accentuato realismo gesti, forme e colori. Le opere degli ultimi anni sono di qualità decisamente inferiore per la facile ricerca degli effetti.

Bibliografia

H. Fierens-Gevaert, Jordaens, Parigi, 1905; M. Rooses, Jordaens, sa vie et son œuvre, Parigi, 1906-Anversa, 1907-Stoccarda, 1908; L. van Puyvelde, Jordaens, Anversa, 1953.

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