Collétti, Lùcio
filosofo italiano (Roma 1924-Venturina, Livorno 2001). Il pensiero di Colletti è stato per lungo tempo al centro del dibattito teorico-politico che si è andato sviluppando nell'ambito della filosofia marxista a partire dalla metà degli anni Sessanta. Critico dapprima della dialettica marxista, Colletti riprendendo il pensiero del suo maestro Galvano Della Volpe ha dato un'interpretazione dell'opera di Karl Marx in ottica sociologica, abbandonata poi per un'esegesi dialettica. Sul finire degli anni Sessanta si è mosso quindi verso una forma di liberalsocialismo, intervenendo, con un'intensa attività pubblicistica, nella discussione più strettamente politica. Negli anni successivi Colletti ha accentuato i tratti liberaldemocratici della sua scelta sia come pubblicista (Corriere della Sera, Espresso) sia come parlamentare (nel 1996 è stato eletto deputato nelle file di Forza Italia). Fra le sue opere vanno ricordate: Il marxismo e Hegel (1969), Il marxismo e il crollo del capitalismo (1975), Tramonto dell'ideologia (1980), Pagine di filosofia e politica (1989) e La logica di Benedetto Croce (1993). Con quest'ultimo saggio Colletti ha accomunato filosofi che prima aveva separato, vale a dire Hegel e Marx, Heidegger e Nietzsche, tutti considerati assertori di un uso fallibilistico della ragione, che richiama il secondo Popper e soprattutto Hans Albert. La raccolta Fine della filosofia e altri saggi (1996), invece ripropone la discussione che fu già di Einaudi e Croce su liberalismo e liberismo.