Claudiano, Clàudio

(latino Claudíus Claudiānus). Poeta latino della decadenza (Alessandria d'Egitto ca. 370-m. dopo il 404). Giunse a Roma verso il 395; divenuto poeta di corte, sottolineò e celebrò con la sua produzione, quasi tutta occasionale, gli avvenimenti principali di un torbido periodo di invasioni, di guerre e di intrighi. La sua ammirazione andava soprattutto al generale Stilicone. Nel 398 pubblicò un Epitalamium de nuptiis Honorii et Mariae e dei carmi fescennini, in occasione delle nozze tra l'imperatore e la figlia di Stilicone; nonché un poema, De bello Gildonico, sulla repressione della rivolta di Gildone in Africa. Seguirono le invettive contro due ministri della corte d'Oriente, avversari di Stilicone: In Rufinum e In Eutropium; il De consulatu Stilichonis o Laus Stilichonis (400), il De bello Gothico, sulla vittoria di Stilicone a Pollenzo contro i Visigoti di Alarico nel 402. Dal 404 la sua produzione cessa; si pensa che abbia abbandonato l'Italia e sia stato egli pure travolto dalla caduta di Stilicone. Tra le molte altre opere minori (epigrammi e carmi diversi, anche in greco), va ricordato il poema De raptu Proserpinae, in 3 libri, probabilmente incompleto. Nell'opera, che riprende un tema ovidiano, rifulgono le doti poetiche di Claudiano, quelle che danno vigore e spicco a tutta la sua produzione: le descrizioni fantastiche, i quadri graziosi o potenti della natura, la facilità del verseggiare, il senso musicale della parola. Ma queste qualità si accompagnano, come in Ovidio, cui Claudiano viene spesso accostato, a scarsa interiorità e comunque a un'ispirazione ancora tradizionale.

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