Buñuel, Luis

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regista cinematografico spagnolo (Calanda, Aragona, 1900-Città di Messico 1983). Attivo in Francia, in Messico e, saltuariamente, in patria, fu una delle personalità artistiche più prestigiose e più coerenti del cinema mondiale. Operò quasi sempre lontano dal suo Paese (realizzandovi tre soli film: il documentario Las Hurdes o Terra senza pane nel 1932, Viridiana nel 1961 e Tristana nel 1970), ma in lui la Spagna fu sempre presente, con la sua cultura più vera (dai pìcari a Goya), le ossessioni religiose della fanciullezza (fu educato in un collegio di gesuiti), i poeti della propria generazione e il volto della dittatura. Questa fu la prima esperienza. Incontrò la seconda, altrettanto decisiva, a Parigi, verso la fine degli anni Venti, nel clima del surrealismo che gli diede non solo una poetica, ma una morale cui rimase esemplarmente fedele. Dall'unione tra le due esperienze, per lui fondamentali tanto da durare tutta una vita, nacque l'arte di uno dei cineasti più limpidi e insieme complessi del nostro tempo, la quale fuse per così dire realismo e surrealismo in modo indissolubile; guardò lucidamente alla realtà quale appariva, ma ne colse anche i riflessi latenti e misteriosi, il mondo dell'istinto e del subconscio; era socialmente e individualmente impegnata, anarchica, polivalente ed estremamente unitaria; un'arte che dall'ardore rivoluzionario, iconoclastico dei primi saggi surrealisti (Un chien andalou, 1928; soprattutto L'âge d'or, 1930) condusse Buñuel direttamente alla semplicità e serenità quasi classica delle opere dell'età matura. Tra queste: Los olvidados (in Italia: I figli della violenza), che, presentato a Cannes nel 1951, riportò alla ribalta internazionale il regista che sembrava eclissato dopo la guerra civile spagnola, un soggiorno a Hollywood e il piccolo cabotaggio messicano; un film che insegnava ai neorealisti come si poteva trattare la delinquenza minorile senza sentimentalismo; Subida al cielo (1951; Salita al cielo), commedia popolare intinta di umori surrealisti; El (1952; Lui), sorprendente studio sulla gelosia di un paranoico, e uno dei più grandi film di Buñuel; Estasi di un delitto (1955), commedia psicanalitica di un Monsieur Verdoux che non riesce a uccidere; Nazarín (1958), la via crucis di un prete che in un Paese dittatoriale non può applicare la parola di Cristo; Violenza per una giovane (1960), apologo sul razzismo; Viridiana (premiato con la Palma d'oro a Cannes) , la Spagna rivisitata nel suo feudalesimo, nel suo misticismo, nei suoi mendicanti; L'angelo sterminatore (1962), storia di un incubo, l'incubo del potere che diventa impotente; Il diario di una cameriera (1964), in cui Buñuel fece storicamente i conti col fascismo francese che, di fronte a L'âge d'or, aveva svelato la sua brutalità; Simón del desierto (1965), spiritoso e demoniaco pamphlet, chiuso nell'arco di un mediometraggio; Bella di giorno (1967), Leone d'oro a Venezia, tardivo riconoscimento a un “maestro del cinema”; La via lattea (1969), che in uno spettacolo racchiuse due millenni di eresie; Tristana (1970), autobiografia in cui la donna mutilata è, ancora una volta, il simbolo della Spagna. Il vecchio cineasta girò in Francia, pur continuando a risiedere in Messico, altri tre film deliziosi: Il fascino discreto della borghesia (1972) , Il fantasma della libertà (1974) e Quell'oscuro oggetto del desiderio (1977). Nel 1982 uscì in Francia la sua autobiografia, intitolata Mon dernier soupir.