Antiòchia, Chièsa di-
comunità religiosa che assunse rilevanza per l'espansione del cristianesimo in Asia Minore, Armenia e Osroene. Il Vangelo fu portato ad Antiochia da giudei convertiti e presto vi si formò una comunità vasta e prospera specialmente per l'apostolato di San Barnaba e di San Paolo. Quivi per la prima volta i seguaci di Cristo furono chiamati cristiani (Atti 11, 19-26). Capo di quella Chiesa fu per qualche tempo anche San Pietro (Galati 2, 11). Fra i suoi vescovi spiccano le figure del martire Sant'Ignazio; di Teofilo, celebre apologeta; di San Demetriano e di Sant'Eustazio, personaggio di primo piano nel Concilio di Nicea (325), dove fu confermata la funzione di chiesa metropolitana di Antiochia sui vescovi della Celesiria, della Cilicia, della Mesopotamia, della Palestina e di Cipro. Nella seconda metà del sec. IV la Chiesa antiochena fu travagliata dallo scisma di Melezio e anche nel Concilio di Efeso (431) non si schierò prontamente con la condanna di Nestorio; il Concilio di Calcedonia (451), innalzando il Patriarcato di Costantinopoli a prima sede dell'Oriente, eclissò il primato di Antiochia. La comunità fu preda del monofisismo, che vi creò una propria gerarchia in contrapposizione a quella ortodossa. La rovina fu accelerata dall'occupazione araba della Siria (638-969); i cristiani ortodossi conobbero persecuzioni e la sede patriarcale fu spesso vacante. La situazione migliorò alquanto sotto i Bizantini (969-1098) e i Latini (1098-1268), ma precipitò nuovamente con l'avvento dei Mamelucchi (1268). Alla fine del sec. XVI il patriarca dissidente Namat Allāh iniziò il movimento di riunificazione alla Chiesa cattolica: l'unione diventò operante solo nel sec. XVIII con l'erezione della Chiesa di rito siro, che, assieme alla fondazione della Chiesa cattolica di rito melchita, costituì un'efficace ripresa del cristianesimo in Siria.