Ahmadabad o Ahmedabad (città)
IndiceGeneralità
Città (2.954.526 ab. nel 1991; 3.312.216 ab. l'agglomerato urbano) dell'India, nello Stato federato del Gujarat, di cui è stata la capitale fino al 1973, capoluogo del distretto omonimo. La città è posta su un terrazzo alluvionale del fiume Sabarmati, non lontano dallo sbocco di questo nel golfo di Cambay. Fondata nel 1411 da Ahmad Shāh, che la eresse a capitale del Regno del Gujarat, dopo alterne fortune fu sottomessa nel 1572 da Akbar. Alla caduta dell'Impero moghūl ebbe inizio un periodo di decadenza per la città, conquistata nel 1755 dai Maratha e passata nel 1818 sotto gli Inglesi. La ripresa economica e il grande incremento demografico di Ahmadabad, una delle più popolose città del Paese, presero avvio verso la fine del sec. XIX, in seguito alla meccanizzazione dell'industria tessile; attualmente Ahmadabad è il secondo centro cotoniero dell'India dopo Bombay (Mumbai), con numerosi altri impianti tessili nei settori della seta e delle fibre artificiali nonché complessi alimentari, chimici, del tabacco e del vetro. È ancora largamente diffuso il tradizionale artigianato artistico (broccati, smalti, lacche, gioielli, lavori in legno, avorio, cuoio, rame e ottone). La città è attivo mercato dei prodotti agricoli della regione circostante, nodo aereo, stradale e ferroviario sulla linea Bombay-Delhi; è inoltre sede dal 1950 dell'Università del Gujarat.
Architettura
Di particolare interesse è la pianta di Ahmadabad, con la caratteristica ripartizione in pols, blocchi di abitazioni in cui vivono sino a 10.000 persone, spesso della stessa casta; essi costituiscono unità autonome contigue, che in qualche caso sono quasi delle piccole città con porte alle estremità della via principale. Un'importante cerchia muraria intorno all'antico nucleo rimane a testimonianza dell'importanza avuta dalla città nel corso dei secoli. L'incontro tra l'architettura induistica e quella islamica si manifesta, infatti, nel Gujarat più determinante che altrove, come è dimostrato ad Ahmadabad dall'Aḥmad Masǧid (1414) e soprattutto dal Ǧāmi Masǧid (1423), la più grande e splendida delle moschee della città, dove la fusione di due culture architettoniche – e dello spirito di due religioni apparentemente contraddittorie – si realizza nella superba facciata come all'interno; quest'ultimo, con circa trecento pilastri alti e snelli, ha infatti la navata centrale sopraelevata rispetto a quelle laterali, secondo lo schema costruttivo del tempio indù, con uno slancio ascensionale sconosciuto all'ambiente islamico. Straordinaria eleganza di forme e soprattutto di decorazioni incise nella pietra presentano le moschee di Muḥāfiz Khan, Rānī Rūpavatī, Sīdī Sayyid, Bibi Achūt Kuki, Rānī Siparī e Sayyid ʽĀlam, per nominarne solo alcune, e i rispettivi mausolei (metà del XV-XVI sec.). Dopo una fase di arte moghūl e il trapianto dell'architettura europea, la città moderna annovera importanti costruzioni dovute a Le Corbusier (ville d'abitazione e il museo, 1951-57).