ètere¹
sm. [sec. XIV; dal latino haether-ĕris, risalente al greco aithḗr-eros]. La zona più alta, più pura e luminosa dello spazio, che, secondo gli antichi, si trovava al di sopra dell'atmosfera. Per estensione, lett., il cielo, la volta celeste. § Etere, quale mitica personificazione della luminosità del cielo, nella religione greca, compare tra gli esseri primordiali dei vari miti cosmogonici: nella Teogonia di Esiodo figura come il figlio di Erebo e Nyx (Notte), e fratello di Emera (Giorno). Secondo altre tradizioni Etere, unitosi a Emera, genera Gaia (Terra), Urano (Cielo) e Oceano. In una seconda serie di generazioni sembra che la sua figura si confonda con quella di Urano. § L'esistenza dell'etere quale sostanza ipotetica che avrebbe riempito l'intero spazio, costituendo il supporto elastico delle onde luminose, per analogia con l'aria che costituisce il supporto elastico delle onde sonore, fu ipotizzata da A. Fresnel, che basò su questo un modello meccanico che permetteva di spiegare i principali fenomeni luminosi. Tale interpretazione si rivelò erronea; in un primo tempo, con C. Maxwell, l'etere divenne un sistema di riferimento privilegiato rispetto al quale tutte le leggi dell'elettromagnetismo sono rigorosamente valide; successivamente, con la teoria della relatività e in base a una famosa esperienza eseguita da A. Michelson, A. Einstein dimostrò non necessaria l'introduzione di questo ente ipotetico, non sperimentabile.