Èschine
(greco Aischínēs; latino Aeschínes), oratore e uomo politico greco (Atene ca. 390-forse Samo ca. 314 a. C.). Seguace dapprima del partito antimacedone, fece parte nel 348 a. C. della delegazione ateniese che si recò a Megalopoli per promuovere la costituzione di una lega panellenica contro la Macedonia. Nel 346 fu, insieme a Demostene, tra i negoziatori della pace con Filippo che, dal nome del suo principale artefice, viene detta di Filocrate. Ma per avere accettato doni da Filippo e aver manifestato sentimenti filomacedoni, venne accusato di corruzione da quello che doveva diventare il suo principale avversario, Demostene. Questi lo fece accusare prima da Timarco che uscì sconfitto dalla disputa: con l'orazione Contro Timarco, Eschine lo accusò di immoralità e riuscì a farlo condannare. Nel 343 Demostene stesso lo attaccò con l'orazione Sulla falsa ambasceria, alla quale Eschine rispose con un'orazione omonima. Assolto con un piccolo scarto di voti, a sua volta nel 337 si oppose alla proposta di Ctesifonte di accordare una corona d'oro a Demostene per i suoi meriti civici. Pronunciò in quell'occasione l'orazione Contro Ctesifonte ma nel processo, celebrato nel 330, non ottenne neppure un quinto dei voti e fu condannato a una forte multa che lo costrinse ad abbandonare la città. Si ritirò in Asia Minore a Efeso, poi a Rodi dove fondò una famosa scuola di retorica. Di Eschine rimangono le tre orazioni ricordate, che gli antichi definirono “le tre Grazie” per la finezza espositiva. Eschine dovette in vita fronteggiarsi sempre con Demostene, in politica e in oratoria, rimanendo inevitabilmente schiacciato dalla più prestigiosa personalità del rivale. La sua oratoria, calma, priva di gesti plateali, ma ricca di raffinata cultura (frequenti sono le citazioni letterarie), venne eclissata dal pathos concitato dell'eloquenza di Demostene. Lo stesso accadde in politica: l'accusa di spionaggio e tradimento lanciatagli da Demostene non doveva corrispondere a verità: è più probabile che Eschine avesse abbracciato la causa filomacedone più per miopia politica che per cinico realismo o profitto personale. § La sua immagine più completa, oltre al ritratto di cui si ha una decina di repliche, è costituita da una statua da Ercolano (Napoli, Museo Archeologico Nazionale), risalente probabilmente a un archetipo ateniese in bronzo del sec. IV a. C.