Germània (Stato)

Indice

(Bundesrepublik Deutschland). Stato dell'Europa centrale. (357.168 km²). Capitale: Berlino. Divisione amministrativa: Stati confederati (16). Popolazione: 83 995 966 ab. (stima 2021). Lingua: tedesco. Religione: protestanti 26%, cattolici 28,2, non religiosi/atei 37%, musulmani 5%, altri 3,8%. Unità monetaria: euro (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,926 (4° posto). Confini: Danimarca, Mare del Nord, mar Baltico (N), Polonia e Repubblica Ceca (E), Austria (S-SE), Svizzera (SW), Francia, Belgio, Lussemburgo (W), Paesi Bassi (NW). Membro di: Consiglio d'Europa, EBRD, NATO, OCDE, ONU, OSCE, UE e WTO..

Generalità

Situata geograficamente nel centro del continente europeo, di cui rappresenta lo spartiacque tra i settori occidentale e orientale, la Germania fece ufficialmente il suo ingresso nella storia al momento del contatto dei suoi abitatori originari (i Germani, appunto) con la civiltà romana (avvenuto nel I sec. a. C.). Dopo un'epoca moderna trascorsa nel segno della frammentazione territoriale e dei contrasti tra protestanti e cattolici, la Germania raggiunse l'unificazione solo nel 1871, grazie alla politica aggressiva e accentratrice del cancelliere prussiano Otto Von Bismarck. Nel XX secolo il nuovo Stato dovette attraversare numerose vicissitudini. Innanzitutto la politica espansionistica dell'imperatore Guglielmo II pose la Nazione in conflitto con gli altri grandi Stati europei (Francia e Gran Bretagna), dai quali fu sconfitta nel corso della prima guerra mondiale. In seguito, le pesanti condizioni di pace imposte, unite all'instabilità politica interna e ai problemi attraversati dall'economia internazionale negli anni Venti, portarono il Paese a una grave crisi, che costituì la base per l'ascesa al potere di Hitler e del nazismo. Iniziò così un decennio (1933-45) di duro totalitarismo e violenze, e le mire espansionistiche del cancelliere condussero la Germania alla seconda guerra mondiale. La sconfitta tedesca nel secondo conflitto fu ancora più pesante che nel primo: le potenze alleate vincitrici (Francia Gran Bretagna, URSS e Stati Uniti) assunsero il controllo del territorio, e in seguito i contrasti tra Est e Ovest portarono alla divisione del Paese in due parti, la Repubblica Federale Tedesca, con capitale Bonn, sotto la protezione di USA, Francia e Gran Bretagna, e la Repubblica Democratica Tedesca, filosovietica, con capitale Berlino Est. Questa situazione raggiunse il suo culmine nel 1961 con la costruzione di un muro a separare le zone orientale e occidentale di Berlino. Ma alla fine degli anni Ottanta la situazione mutò improvvisamente, l'avvio della perestrojka in URSS, il conseguente profondo processo di distensione tra le due superpotenze e la disgregazione degli Stati comunisti dell'Est, portò contro ogni previsione a una rapida riunificazione dei due Stati. La Germania è divenuta una sola repubblica federale in virtù del Trattato di Stato sottoscritto dalle due parti il 31 agosto 1990.

Lo Stato

La vita delle istituzioni del nuovo Stato è disciplinata dalla Legge fondamentale di Bonn, del 23 maggio 1949, che ha assunto il valore di una vera e propria Costituzione nel momento dell'unificazione. Essa stabilisce che la Germania è uno Stato federale costituito, dal 1990, da 16 Länder, ciascuno con una propria Costituzione, propri organi legislativi e un proprio governo. Capo dello Stato federale è il presidente della Repubblica, eletto ogni 5 anni da un'Assemblea formata dai membri del Bundestag – la Camera federale dei Deputati – e da un egual numero di membri eletti dai Parlamenti dei Länder; le sue funzioni sono però eminentemente rappresentative. Il supremo organo legislativo è il Parlamento federale, che si compone di due camere: la Camera dei Deputati, o Dieta federale (Bundestag), i cui membri sono eletti per 4 anni a suffragio universale e diretto, e il Consiglio federale (Bundesrat), i cui membri sono designati dai governi dei Länder. Il Governo federale, cui spetta il potere esecutivo, è costituito dal cancelliere o primo ministro (eletto a maggioranza assoluta dai membri del Bundestag, di cui deve godere la fiducia ; d'altra parte il Bundestag, secondo il principio della “fiducia costruttiva”, non può destituirlo prima di averne designato il successore) e dai ministri federali, nominati dal presidente della Repubblica su indicazione dello stesso cancelliere. Il sistema giudiziario si basa sul diritto continentale. La giustizia civile e penale è amministrata dai tribunali federali e dai tribunali dei Länder (suddivisi in tribunali locali, regionali e corti d'appello). L'istruzione è obbligatoria per 9 anni (10 in alcuni Länder) a partire dai 6 anni di età. Il secondo ciclo si distingue tra un indirizzo di cultura generale (che consente l'accesso all'università) e uno di formazione professionale.

Territorio: morfologia

Il territorio germanico si presenta vario, in rapporto alle diverse strutture che lo formano. La sezione più rappresentativa è quella centrale, la cui nota morfologica predominante consiste negli antichi massicci ercinici (le cosiddette Montagne Medie), che si elevano tra il Bassopiano settentrionale, affacciato al mar Baltico e al Mare del Nord, e l'avampaese alpino a S. Questi massicci, che in genere non raggiungono i 1000 m e mostrano profili maturi, costituiscono la “chiave di volta” della geografia germanica. Le Montagne Medie (Mittelgebirge), formate in prevalenza da rocce scistoso-cristalline e da lembi sedimentari permo-carboniferi, sono i resti di antiche catene sollevate dall'orogenesi ercinica e successivamente spianate. Nel Mesozoico però tutta la regione fu in diverse riprese invasa dal mare, come mostra la presenza di estesi strati sedimentari che vanno dal Triassico al Cretaceo. L'orogenesi alpina ha avuto effetti importanti sulle già stabilizzate strutture erciniche; ha suscitato infatti spinte e contraccolpi, in seguito ai quali i massicci hanno subito dei “ringiovanimenti” e tutta una serie di fratture e faglie con conseguenti formazioni di Horst e Graben. Agli stessi perturbamenti tettonici è collegata poi l'attività vulcanica, cui si deve la nascita di vari isolati rilievi. Tra i massicci paleozoici s'impongono nell'estremo lembo occidentale, l'Eifel e l'Hunsrück, prosecuzione degli altopiani delle Ardenne, con il Taunus, il Westerwald, il Rothaargebirge e le alture del Sauerland, a E del Reno, che costituiscono il cosiddetto Massiccio Scistoso Renano. Nella sezione orientale i massicci, caratterizzati da un allineamento a graticciata romboidale, sono quelli della Selva di Turingia, della Selva di Franconia, dei monti Metalliferi e della Selva Boema. Edifici di origine vulcanica sono invece il Vogelsberg, il Rhön e l'isolato e settentrionale Harz, pilastro granitico che raggiunge i 1142 m e che domina i bassopiani della Sassonia. Massiccio antico di gneiss e scisti cristallini è la Selva Nera, zolla sollevata ai bordi della Fossa Renana, così come gli antistanti Vosgi e come, più a N, l'Haardt e l'Odenwald. La Fossa Renana è infatti un elemento di origine tettonica derivato da una serie di fratture parallele submeridiane, provocate dai contraccolpi dell'orogenesi alpina; essa ha aperto la strada al Reno, che ha inciso più a N il Massiccio Scistoso Renano. Sulla Fossa Renana convergono anche i bacini della Svevia e della Franconia, orlati a S e a E dal Giura Svevo e dal Giura Francone, anticlinali di rocce giurassiche che rappresentano i primi piegamenti dell'avampaese alpino. Questo ha il suo caratteristico ambiente nell'Altopiano Svevo-Bavarese, dominato a S dalle crestate cime delle Alpi Bavaresi (Zugspitze, 2963 m), con laghetti di formazione glaciale, colline moreniche e vasti accumuli lössici. Il quadro fisico della Germania si completa con la sezione settentrionale: essa corrisponde al grande bassopiano, il Tiefland, sostanzialmente prosecuzione da un lato delle pianure della Frisia, dall'altro di quelle polacche e sarmatiche. Il Tiefland è costituito da successive formazioni sedimentarie su cui poggiano coltri di materiale recente di origine diversa, glaciale e fluvio-glaciale; cospicui sono stati infatti gli apporti dei ghiacci scandinavi, che nelle fasi di maggior espansione coprivano pressoché tutto il bassopiano, depositando durante le fasi di ritiro quei rilevanti materiali morenici che sono all'origine del vario paesaggio di oggi, caratterizzato a E dell'Elba da un pressoché ininterrotto succedersi di cordoni collinari (il cosiddetto “arco baltico”) inframmezzati da depressioni occupate dai numerosi laghi (Rialto Lagoso) del Brandeburgo e del Meclemburgo. A S di quest'arco collinoso si aprono solchi (Urstromtäler) diretti da SE a NW, nei quali dopo l'ultima glaciazione si incanalarono le acque di fusione dei ghiacciai; oggi sono in parte seguiti dai fiumi che scendono da S, dalle Montagne Medie, la cui zona di saldatura con il bassopiano è data da una fascia di terreni fertili, lössici, detta le Börden. A N delle colline moreniche, avvicinandosi alla costa, alle formazioni di ciottoli e ghiaie succede una striscia sabbiosa (Geest), che sul lato del Mare del Nord è ancora acquitrinosa per larghi tratti, terminando su una costa dalle ampie barene invase dalle acque durante le maree (Watten); questa zona è ormai però “polderizzata”, occupata da ricche praterie (Marschen). Le stesse basse pianure si ripetono sul lato del mar Baltico, dove si hanno estese formazioni insulari e lagunose.

Territorio: idrografia

Sulle coste settentrionali si aprono i profondi estuari dei fiumi germanici (la Germania possiede una rete idrografica di grande importanza): dell'Oder sul mar Baltico, dell'Elba, del Weser e dell'Ems sul Mare del Nord. Tutti questi fiumi, come il Reno, hanno un corso diretto da S a N, con le tipiche deviazioni verso NW del tratto inferiore dovute alla direzione dei solchi d'epoca glaciale. L'Oder è in effetti un fiume polacco: nasce dai Beskidi e attraversa la Polonia, lambendo il territorio germanico solo nel tratto finale. L'Elba ha la sua origine dai monti dei Giganti (Sudeti); dopo aver solcato con il suo corso superiore la depressione boema entra in Germania e, superati gli ultimi rilievi, diventa un fiume navigabile importante (vi si affaccia subito una grande città, Dresda), sul suo lungo e protetto estuario sorge Amburgo, massimo porto tedesco. Il Weser è meno importante dell'Elba, dato il suo sviluppo più limitato (il suo principale ramo sorgentifero nasce nella Selva di Turingia), però è anch'esso navigabile e come l'Elba dotato di un ottimo e profondo estuario, sul “collo” del quale è Brema. Dei fiumi germanici però il maggiore è il Reno, cui fanno capo diversi affluenti che penetrano tra i massicci delle Montagne Medie, come la Mosella, il Neckar, il Meno ecc. Il Reno è certamente il più vitale corso d'acqua dell'Europa centrale. È un fiume d'origine alpina e a Basilea, all'ingresso della Fossa Renana, è già ampio e magnificamente navigabile: da ciò si capisce la sua importanza nella geografia germanica ed europea, in quanto collega la regione alpina con il Mare del Nord, dove il fiume sfocia tra le ampie formazioni deltizie che costituiscono gran parte del territorio olandese. Il quadro idrografico della Germania si completa con il Danubio, che raccoglie le acque dell'ampio bacino compreso tra la Selva Nera, le Alpi e il Giura Svevo-Francone, tributando al Mar Nero attraverso la regione pannonica e quella balcanica. La navigabilità del Reno, come degli altri fiumi germanici, è connessa alla maturità dei loro profili longitudinali, al fatto cioè di attraversare regioni senza asperità; dipende inoltre dalla relativa costanza della loro portata. A parte il Reno, alimentato all'origine dai ghiacciai, predomina l'alimentazione legata al regime pluviale di tipo oceanico che caratterizza in generale il clima della Germania. La funzionalità dei fiumi germanici, dal punto di vista della navigazione, è accresciuta dai numerosi canali di raccordo che nell'insieme formano una rete estesissima, su scala già internazionale centroeuropea, imperniata sul Reno, che è allacciato da un lato all'Elba (con il Mittellandkanal), dall'altro al Rodano, alla Mosa e alla Senna.

Territorio: clima

Privo di grandi rilievi, il territorio germanico è aperto agli influssi oceanici; il clima della Germania si può in generale definire di tipo atlantico, piovoso, con piogge distribuite nell'arco annuale con una certa regolarità e un regime termico senza sbalzi eccessivi. Tuttavia rilevante è la continentalità nella parte più interna e più orientale del Paese, che dista ormai in misura notevole dal mare e che subisce fortemente gli effetti delle masse d'aria provenienti dalle pianure sarmatiche, cui si devono le marcate escursioni termiche annue e la più ridotta piovosità. Alla duplice influenza delle masse continentali e di quelle atlantiche si devono perciò fondamentalmente i caratteri del clima germanico con le sue alternanze stagionali, riguardanti sia le temperature sia le precipitazioni. Le temperature d'estate variano da N a S, passando dai 16 ºC della costa nordoccidentale (Amburgo), tutta aperta al soffio mitigatore atlantico, ai 18-19 ºC dell'interno (Stoccarda), sino ai 20 ºC della Fossa Renana (Strasburgo); i dati si riferiscono alle medie di luglio. D'inverno le temperature tendono a variare da E a W in rapporto agli influssi delle masse di aria continentali: si passa dai –3 ºC e anche –4 ºC di Berlino ai +1 ºC e +2 ºC di Aachen (medie di gennaio). Le precipitazioni in generale sono uniformemente distribuite nel corso dell'anno, pur con accentuata piovosità estiva; con l'attenuarsi delle influenze atlantiche diminuiscono alquanto da W a E passando dagli oltre 700 mm delle regioni occidentali ai 500-600 di quelle orientali. Nelle zone soggette al clima oceanico cadono però prevalentemente d'inverno e irrorano abbondantemente i versanti dei massicci meglio esposti (in tutta la Germania peraltro le piogge sono però abbondanti nelle zone montuose): così nella Selva Nera si hanno sino a 2000 mm di pioggia annui. Nel complesso si possono individuare quattro principali regioni climatiche: quella orientale, dalla spiccata continentalità, con inverni lunghi e freddi, estati calde e scarse precipitazioni annue; quella settentrionale, dal clima tipicamente oceanico, mite e piovoso, nella parte affacciata al Mare del Nord, più rude e asciutto nell'area baltica; quella renana, che corrisponde alla parte più soleggiata e mite del Paese, con inverni dolci ed estati calde e asciutte (lo dimostra la diffusione della vite, fatto abbastanza unico in un ambiente temperato continentale come quello in cui tale coltura si inserisce); infine l'ampia fascia montuosa della Germania centrale e meridionale, dove nuovamente predomina la continentalità e che presenta perciò inverni rigidi ed estati assai calde ma che, procedendo verso S (regione svevo-bavarese) assume gradatamente le caratteristiche del clima alpino, con estati piovose, spesso temporalesche, e una più ridotta escursione termica annua.

Territorio: geografia umana

Il popolamento della Germania ebbe, sin dall'antichità, la sua area di attrazione principale nelle Montagne Medie. Qui si insediarono i maggiori gruppi di quelle genti germaniche che, provenienti dalla Scandinavia meridionale, riuscirono a espandersi verso W sino al Reno, dove si scontrarono con le popolazioni celtiche. Verso E furono sempre contenute dagli Slavi e l'Elba fu per lungo tempo il confine tra i due grandi domini etnici. La valorizzazione del Reno come asse di popolamento, benché antichissima, si ebbe compiutamente sotto il dominio romano. Proprio il grande fiume divenne la principale via di collegamento tra regione alpina (e mediterranea) e terre centroeuropee; sull'asse renano si innestavano le vie trasversali, come quelle che portavano verso E fino all'Elba, verso W al Bacino di Parigi. Su questa strutturazione territoriale sorsero quei centri vitali che ancor oggi corrispondono a grandi e importanti città, come Colonia, Magonza, Treviri ecc. Entro questa maglia urbana le popolazioni germaniche vivevano nelle radure forestali, praticando l'agricoltura e l'allevamento, vivendo in villaggi a organizzazione patriarcale, formati o da gruppi di casali isolati (Weiler), o in quei Haufendorfen, o villaggi ammucchiati, già descritti da Tacito. Molti di questi insediamenti dell'antico mondo germanico sono perdurati; altri ne sono sorti soprattutto in età medievale, all'epoca riformatrice e stimolatrice di Carlo Magno. Ma nel contempo ebbe nuovi impulsi anche l'urbanesimo, specie nei centri vivacizzati dalle attività portuali e commerciali promosse dalla Lega Anseatica (Amburgo, Brema, Lubecca ecc.). La formazione di un'organizzazione territoriale unitaria si ebbe piuttosto tardi, date le divisioni politiche che hanno contraddistinto la storia tedesca. Nonostante Berlino fosse divenuta capitale dello Stato prussiano nel 1701, è solo con l'affermarsi dell'economia industriale, nel sec. XIX, che il territorio germanico assume l'assetto moderno (benché poi parzialmente sconvolto dall'ultima guerra mondiale e dalle conseguenze della divisione in due Stati del Paese), incentrato sugli elevati addensamenti lungo l'asse renano e nei bacini delle Montagne Medie, cui si contrappone una relativa rarefazione nelle pianure della Bassa Sassonia, del Meclemburgo e del Brandeburgo, in cui si colloca peraltro il vasto agglomerato di Berlino. Nel complesso la Germania è un Paese altamente popolato; ciò è la conseguenza del grande incremento demografico che alla metà dell'Ottocento aveva portato i tedeschi a superare i 36 milioni di ab. (all'inizio del secolo si aggiravano sui 20 milioni). Nella seconda metà del secolo l'incremento subì nuovi impulsi, tanto che la Germania divenne ben presto il Paese d'Europa con la maggior crescita demografica; alla fine dell'Ottocento la popolazione superava i 55 milioni e nel 1914 i 68 milioni. A causa dell'eccessiva pressione demografica il Paese conobbe anche una nutrita corrente d'emigrazione, soprattutto verso l'America: si calcola che dal sec. XIX fino al 1913 ben 6 milioni di tedeschi abbiano lasciato il Paese. L'emigrazione rallentò durante la prima guerra mondiale, che inferse alla Germania notevoli perdite, tanto che la popolazione tra il 1914 e il 1923 passò da 68 a 62 milioni. Nel contempo si ebbe una sensibile diminuzione dell'incremento demografico, che nel 1939 si ridusse allo 0,67%. Proprio in quell'anno il censimento registrò una popolazione di 69 milioni di abitanti. La seconda guerra mondiale sconvolse nuovamente l'assetto demografico del Paese, sia per effetto della diminuita natalità, che toccò nel 1946 limiti eccezionalmente bassi, sia per le gravi perdite di civili e militari. I morti furono complessivamente 5 milioni, cifra che appare vistosamente nella piramide delle classi d'età (dove fanno difetto appunto le classi maschili tra il 1910 e il 1924). Tali gravi perdite furono in parte rimpiazzate dalla grande immigrazione dei tedeschi che, con la disfatta hitleriana, furono costretti ad abbandonare i territori posti al di là dell'Oder-Neisse (i cosiddetti tedeschi nazionali, Reichsdeutsche) e quelli che abbandonarono l'Unione Sovietica, la Cecoslovacchia, l'Ungheria, la Polonia, la Romania (i cosiddetti tedeschi etnici, Volksdeutsche), emigrati in quei Paesi talvolta ancora in epoca medievale, a seguito della grande espansione germanica. Complessivamente rientrarono 12 milioni di persone e questa immigrazione si può considerare come uno dei più grandi movimenti della storia recente d'Europa. La maggior parte dei profughi raggiunse la Repubblica Federale di Germania (9 milioni ca.). Questa divenne in seguito anche la meta di numerosi profughi dalla Repubblica Democratica Tedesca, soggetta al regime comunista: tra il 1950 e il 1961 il flusso portò annualmente dall'uno all'altro Stato ca. 260.000 persone, per un totale di 3 milioni (2,2 milioni tra il 1955 e il 1961, di cui ben 275.000 dalla Germania Orientale a quella Occidentale). Nel 1961 fu eretto il Muro di Berlino e l'irrigidimento della Repubblica Democratica Tedesca fece cessare la grande fuga, benché la migrazione sia continuata con ca. 20.000 partenti all'anno, rappresentati soprattutto da anziani. In conseguenza di questi fatti la situazione demografica andò alquanto diversificandosi nelle due Germanie, dato che quella Orientale aveva registrato, dopo il 1945, continue perdite, mentre in quella Occidentale si erano avuti forti aumenti per effetto della grande immissione dei tedeschi provenienti da Est e di immigrati da altri Paesi europei (tra cui l'Italia) ed extraeuropei (la Turchia, in particolare). Nel 1950 nei due Stati vi erano 69 milioni di ab., cioè più o meno quanti erano all'inizio della seconda guerra mondiale, la quale però aveva comportato un generale invecchiamento della popolazione e una forte disparità tra maschi e femmine, con dirette conseguenze sull'incremento naturale. Tuttavia, nel 1960 la popolazione era già notevolmente cresciuta e raggiungeva i 72 milioni di abitanti. La rivoluzione democratica più clamorosa di tutto l'Est europeo della quale la Germania Orientale è stata protagonista nel 1989 non solo ha portato radicali cambiamenti nel panorama politico-sociale del Paese, ma ha avuto anche ripercussioni in campo demografico. Infatti, al momento della riapertura dei confini si è registrato un movimento Est-Ovest di notevoli dimensioni, che però è andato rapidamente scemando, per cui oggi è assai difficile fare previsioni relative a variazioni e spostamenti di popolazione all'interno dello Stato nel prossimo futuro. L'incremento naturale della popolazione, nonostante il fenomeno dell'immigrazione, è ormai in negativo (-0,1% tra il 2005 e il 2010). tra 2010 e 2015; per poi tornare ad aumentare (+0,2 annuo 2015-2020). La presenza straniera è in rapido aumento. A fine 2017 gli stranieri in Germania erano circa 10,6 milioni, ma si sono ridotte le richieste di asilo rispetto al picco del 2015. Dal 1° gennaio 2000 è in vigore la legge secondo la quale vengono automaticamente considerati tedeschi i nati in Germania di cui uno dei genitori risieda sul territorio dello Stato da almeno otto anni: in questo modo il Paese potrà far sua la componente più dinamica del bilancio demografico. Una nuova legge sull’immigrazione del 2018 introduce nuovi canali legali di accesso per migranti con alte professionalità. La densità media della popolazione è di 231 ab./km², quasi tripla rispetto alla media europea. La distribuzione degli abitanti aveva fatto registrare subito dopo la guerra una parziale fuga dalle città distrutte dai bombardamenti, e anche l'arrivo dei profughi aveva interessato zone fino a quel momento a bassa densità (lo Schleswig-Holstein registrava per esempio un aumento di oltre il 60% rispetto all'anteguerra). Tale fenomeno è però ben presto rientrato per quanto riguarda la Germania Occidentale, le cui città sono state rapidamente ricostruite e hanno fatto registrare, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, un imponente sviluppo economico e commerciale; mentre nell'area orientale il piano insediativo comunista ha sistematicamente prediletto le zone di maggior sviluppo industriale e rurale a scapito dei tradizionali centri urbani. In seguito all'unificazione, il governo centrale è intervenuto su questi insediamenti riconvertendoli o smantellandoli, e rilanciando per contro città dal glorioso passato quali Lipsia, Dresda e Magdeburgo. In tal modo il primato dell'urbanizzazione è stato completamente ristabilito, con il 74% della popolazione (2012) che vive nelle città del Paese. Lo storico policentrismo germanico ha contribuito alla formazione di numerose aree metropolitane pressoché autosufficienti, costruite intorno ai più importanti centri urbani e ai legami esistenti tra questi e le principali zone produttive e rurali circostanti. Di queste la più importante è sicuramente quella nata attorno al bacino della Ruhr, lungo la valle del Reno. Essa si è formata in epoca industriale attorno all'omonimo bacino carbonifero, venendo col tempo a formare una delle conurbazioni più estese e densamente popolate del mondo. Possono essere considerati parte dell'area metropolitana della Ruhr i centri di Duisburg, massimo porto fluviale sul Reno, Düsseldorf, le grandi città poste a E del fiume, quali Essen, Bochum, Gelsenkirchen, Dortmund ecc., che nell'insieme ospitano ca. 8 milioni di abitanti. Ma tutta la Renania Settentrionale è altamente popolata e la densità del vasto Land che essa forma insieme con la Vestfalia è di 515 ab./km², con 17.554.329 ab.. Altre zone metropolitane del Paese sono quella intorno a Francoforte sul Meno, insieme a Magonza, Darmstadt, Wiesbaden; quelle intorno a Stoccarda, Monaco, Amburgo. A est l'area di più fitto insediamento è l'Alta Sassonia nel triangolo Dresda-Lipsia-Zwickau, dove si concentrano numerose industrie; mentre nelle pianure non molto popolate del Brandeburgo rappresenta un'eccezione Berlino, che già all'inizio del Novecento era una città “milionaria”, e oggi è al centro di un'area metropolitana che ospita più di 4 milioni di abitanti. Tra le due sezioni che formano l'attuale Land quella che registra la più alta concentrazione di grandi città è la parte occidentale, dove ancor prima della guerra si aveva il maggior raggruppamento di attività industriali. Tra le zone meno popolate sono certamente le pianure costiere del Tiefland, soprattutto le più orientali (il corrispondente Land di Mecleburgo-Pomerania Anteriore presenta una densità di appena 69 ab./km²), e alcune zone della Sassonia e della Baviera. Numerose città tedesche presentano strutture d'origine medievale (d'impianto classico, con la centrale Marktplatz, su cui affacciano il municipio, Rathaus, una chiesa e altri edifici storici dalla tipica struttura “a graticcio”) o addirittura anteriore, divenute il nucleo di centri ingranditesi in epoca moderna, e particolarmente a partire dagli anni della grande espansione industriale. Le città in genere hanno subito gravi devastazioni nel corso dell'ultima guerra e solo in pochi casi si sono ridate il volto originario; normalmente la ricostruzione ha invece preferito moduli edilizi più moderni e conformi alle esigenze produttive dei suoi abitanti. In questo modo le città hanno perduto in molti casi l'aspetto tradizionale, ma presentano un'urbanistica relativamente funzionale. Il nucleo medievale è stato in qualche modo rispettato, con la cattedrale al centro; l'aggregato moderno si dilata verso i quartieri industriali, sebbene molte delle aree produttive siano anche assai lontane dai centri. Nel complesso, nonostante l'industrializzazione e le forti densità umane, una certa conservazione del paesaggio vi è stata. La configurazione urbana della ex Germania Occidentale è molto articolata. Non esiste una città che assuma una posizione gerarchica assolutamente primaria nella trama nazionale; mentre le varie metropoli svolgono ruoli specifici, come nel caso di Amburgo, massimo porto del Paese, o come Francoforte sul Meno, primo centro finanziario ecc. Le città industriali si concentrano lungo l'asse del Reno, ma analoghe “vocazioni” economiche si ritrovano anche in città assai lontane dalla fascia renana, come Monaco, vertice della Baviera, e come Hannover, principale centro nella fascia di saldatura tra i primi rilievi delle Montagne Medie e le pianure sassoni. Dopo Berlino, la città più popolosa è Amburgo, già florido porto anseatico, magnificamente disposta all'inizio dell'estuario dell'Elba. Importante città portuale è anche Brema, sull'estuario del Weser, nodo delle comunicazioni tra i porti nordici e l'area renana; qui è Colonia, città d'origine antichissima che non ha mai perduto il ruolo di grande centro commerciale e industriale. Più a S, sempre sul Reno, sorgono Magonza, Darmstadt, Mannheim, Karlsruhe; alla fascia renana fanno capo popolosi bacini laterali, tra cui in primo luogo quello del Meno, che ospita la dinamica e importantissima Francoforte, e quello del Neckar, dov'è Stoccarda, città industriale vivacissima e con un ruolo prioritario nell'ambito del Baden-Württemberg. Monaco, capitale della Baviera, è favorita dalla sua posizione su importanti vie di comunicazione e ricca di industrie. In posizione chiave per le vie di comunicazione è anche Norimberga, di nobili e antiche tradizioni, situata più a N, al centro della Franconia, e sviluppatasi per le sue aperture commerciali. Come già anticipato, con l'unificazione si è inaugurato nella ex Germania Orientale un vasto programma di recupero dei centri urbani. I cupi complessi residenziali di epoca comunista sono stati ristrutturati e abbelliti e sono sorti nuovi edifici sia pubblici sia privati atti a ospitare le nuove attività commerciali. La città maggiore, a parte Berlino, è Lipsia, dinamica e popolosa ancor prima della guerra, sede di attività commerciali (la sua fiera è tuttora prestigiosa) e industriali. Lipsia è situata in un favorevole punto di convergenza delle vie di comunicazione che allacciano il pedemonte dei monti Metalliferi con il resto della Germania; più a S, ai margini dei rilievi, sulle sponde dell'Elba, è Dresda, città d'arte, nobilitata dai re sassoni, ma anche ricca di industrie e oggi in posizione gerarchica nei confronti di tutta una vasta regione industrializzata che comprende, più a W, Chemnitz, sede di industrie tessili, Zwickau ecc. Nelle pianure del Brandeburgo solcate dall'Elba un grosso centro è Magdeburgo, porto fluviale attivo anche in passato e un ruolo assai importante ha il porto baltico di Rostock. Al centro del Rialto Lagoso brandeburghese è infine Berlino. Valorizzata dai sovrani prussiani, ebbe i suoi maggiori sviluppi a partire dall'Ottocento per i suoi traffici ma anche come sede di industrie. All'inizio del Novecento era una delle più popolose città del mondo: nel 1939 contava ca. 4 milioni di abitanti. L'innalzamento del Muro ha rotto il tessuto urbano unitario di un tempo e si sono sviluppate due città distinte, anche per i diversi sviluppi urbanistici imposti dai regimi che l'amministravano. In seguito alla riunificazione, si è deciso di ricondurvi la capitale della Repubblica, così che Berlino è andata a costituire da sola il sedicesimo Land del nuovo Stato. Il trasferimento da Bonn del Parlamento, del governo, di uffici e dicasteri ha impiegato diversi anni. L'ansia di mettersi alle spalle quarant'anni di lacerazione politica si è concretizzata in una febbrile attività di ricostruzione. La nuova progettazione urbanistica ha cercato di cucire gli strappi e di rinnovare il volto della parte orientale della città esorcizzando i segni della storia passata. Ambiziosi progetti hanno accompagnato la ricostruzione delle principali sedi istituzionali, le maggiori imprese tedesche hanno trasferito i propri uffici nella nuova capitale affidandone la realizzazione ai più famosi architetti del momento.

Territorio: ambiente

Il manto originario della Germania è quello selvoso di cui narrano le saghe della mitologia germanica. Il clima piovoso delle regioni più occidentali ha favorito lo sviluppo di un ricco ammanto di latifoglie, tra cui domina il faggio; nelle regioni centrali e meridionali, dove i caratteri di continentalità si accentuano, si hanno in prevalenza le conifere (pini, abeti). Verso E, al limite della pianura polacca, le minori precipitazioni determinano la presenza delle praterie. Infine nella fascia costiera sui suoli sabbiosi del Geest predominano le brughiere a ericacee. Anche se il manto originario è stato largamente distrutto o alterato, la Germania è tra i Paesi europei che sono riusciti a conservare ampi lembi forestali (ca. il 31,8% del territorio). Le prime leggi per la salvaguardia del patrimonio forestale nazionale risalgono al XIX secolo e attualmente il testo giuridico di riferimento è una legge federale del 1975. La fauna selvatica che ancora popola le foreste è composta di lupi, volpi, lepri, donnole e tassi. Nelle regioni montuose vivono cervi e cinghiali. Molte sono le specie di uccelli. Tra i migratori molto diffusa è la cicogna bianca. Nel Mare del Nord e nel mar Baltico vivono aringhe e merluzzi. Le condizioni ambientali della Germania hanno le loro radici nella situazione precedente alla riunificazione. I maggiori problemi si registravano nei territori dell'Est, dove fino al 1990 erano attivi numerosi centri industriali alimentati a carbone e fortemente inquinanti. Nonostante i programmi di recupero avviati subito dopo la riunificazione, l'anidride carbonica prodotta nelle zone orientali è ancora molto di più di quella prodotta nell'Ovest e le ingenti quantità di zolfo immesse nell'atmosfera contribuiscono ad alimentare il fenomeno delle piogge acide. Inoltre, gli scarichi urbani e industriali hanno causato l'inquinamento dei corsi d'acqua al quale si è in parte rimediato potenziando il riciclaggio dei rifiuti. Nel giugno del 2000 il governo tedesco ha stabilito inoltre un programma che prevede la sospensione della costruzione di nuove centrali nucleari e la chiusura di tutti gli impianti attualmente in funzione (che sono numerosi e forniscono un terzo dell'energia totale prodotta dal Paese) entro il 2021. In Germania la legislazione in materia di tutela ambientale è affidata ai singoli Länder. La superficie occupata da Parchi nazionali, riserve e aree protette è molto estesa e pari al 49% del territorio nazionale. I parchi si estendono principalmente in due zone, quella del bassopiano settentrionale compreso tra Bassa Sassonia e Mecleburgo-Pomerania Anteriore, inclusi i tratti costieri del Mare del Nord e del mar Baltico; e quella essenzialmente montuosa della Germania meridionale. Nella zona settentrionale si trovano i Parchi più estesi, che comprendono anche le coste sulle quali nidificano quasi tutte le specie di uccelli acquatici del Nord Europa; la vegetazione è qui composta principalmente da praterie, paludi e boschi di faggi e querce. Proprio le faggete, di origine molto antica, sono diventate siti patrimonio dell'umanità dell'UNESCO (2007). Anche il mare di Wadden (Wadden Sea), appartenente anche a Paesi Bassi e Danimarca, è sito UNESCO dal 2009, ampliato nel 2014. Tra i siti naturali UNESCO figura anche il sito fossile di Messel (1995), ricco di resti di mammiferi.

Economia: generalità

La riunificazione ha costituito un momento cruciale per la storia economica della Germania, non solo per la sua importanza storica ma anche per quello che ha comportato dal punto di vista di integrazione territoriale, adeguamento infrastrutturale, riconversione produttiva, ampliamento del mercato interno, questioni sociali, controllo della disoccupazione e dei flussi migratori, problemi ambientali. La gestione parallela di tutte queste problematiche avrebbe portato rapidamente al collasso sistemi economici meno efficienti di quello tedesco. Occorreva infatti assorbire nell'economia più avanzata d'Europa una zona territoriale estesa quanto un intero Stato, con una reddito pari a ca. la metà di quello dell'Ovest, un ritardo tecnologico e industriale di anni, infrastrutture e sistema creditizio insufficienti, una situazione ambientale drammatica, un sistema monetario da riconvertire. Per molti Paesi avrebbe significato il baratro, invece la nazione tedesca ha saputo affrontare la questione, contando sulla proverbiale efficienza della propria macchina produttiva, sull'intraprendenza commerciale, sulla capacità gestionale che già l'avevano condotta nel corso della sua storia ai vertici dell'economia mondiale. La prima scelta fu di preferire la via dell'indebitamento statale a quella della pressione fiscale sui cittadini; conseguentemente, i punti fondamentali dell'azione tedesca sono stati: la chiusura degli impianti più arretrati della zona orientale; la riconversione e attualizzazione dei principali poli produttivi, soprattutto attraverso il massiccio investimento da parte di aziende dell'Ovest; la privatizzazione e concentrazione delle aziende e proprietà statali; l'apertura di cantieri per opere pubbliche, per creare lavoro dando un nuovo volto alle città orientali; il recupero delle infrastrutture (dalle vie di comunicazione alle telecomunicazioni), per ricongiungere anche fisicamente due zone d'Europa rimaste isolate per quarant'anni. A sostenere questo sforzo hanno avuto un ruolo determinante il capitale finanziario (sia espresso dal sistema tedesco, sia proveniente dall'estero), ma soprattutto l'abilità con cui la Germania ha saputo ricavare dalla caduta del blocco comunista e dalla nascita di nuove nazioni nell'Europa orientale, nuove possibilità di espansione economica. Infatti un ruolo determinante nel percorso economico compiuto dal Paese nell'ultimo decennio è ricoperto dalle intensissime e privilegiate relazioni che la Germania ha saputo instaurare con Paesi neonati o già ex socialisti (come la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Polonia, gli Stati nati dalla disgregazione della ex Iugoslavia, le Repubbliche baltiche), per le quali essa, in parte sostituendosi alla DDR, in parte in veste nuova, è diventata l'interlocutore preferenziale del dialogo con l'Occidente, dal punto di vista sia politico, sia soprattutto commerciale; ciò ha consentito alla Germania di ampliare ulteriormente le sue produzioni avanzate, pur riuscendo a sfruttare e a collocare sul mercato anche una parte di quei prodotti in parte arretrati realizzati dall'industria orientale. Tuttavia, le difficoltà non sono state da subito né piccole né poche: la necessità di unificare i sistemi monetari provocava un repentino aumento dell'inflazione, da lungo tempo assai modesta sulla scena tedesco-occidentale, mentre il finanziamento pubblico alla riconversione dell'Est espandeva il disavanzo del bilancio statale a tal punto da mettere in discussione l'adesione proprio della Germania all'Unione monetaria europea, richiedendo un certo ampliamento del debito pubblico. Le contromisure adottate di restringimento della spesa e della circolazione monetaria ebbero l'effetto di deprimere l'avvio di ripresa delle regioni orientali (dove l'edilizia, spinta dalle commesse pubbliche, stava prendendo il posto delle ridimensionate attività manifatturiere), una riduzione dei consumi interni, un riapprezzamento del marco sul mercato valutario (che comportò una perdita di competitività delle esportazioni tedesche). Gravi problemi permangono dopo più di un decennio sul fronte della distribuzione territoriale della ricchezza: il tenore di vita degli abitanti dei Länder orientali non ha raggiunto i risultati sperati e il loro reddito risulta ancor sensibilmente inferiore rispetto a quello dei cittadini dell'Ovest, cosa che ha dato origine a comprensibili agitazioni sociali, oltre a insinuare una certa insofferenza anche negli abitanti delle zone occidentali, timorosi di dovere mantenere con i propri redditi i connazionali più poveri. Infatti, se il tasso di crescita delle regioni orientali è stato per qualche tempo straordinariamente elevato, e se negli anni successivi, benché in calo, appare più elevato rispetto a quello delle regioni occidentali, il fenomeno è dovuto semplicemente al più basso livello di sviluppo da cui le regioni orientali hanno preso le mosse. Nondimeno, a dispetto delle numerose difficoltà, del rallentamento della crescita e dello stato ancora parziale dei risultati raggiunti, il ruolo economico internazionale della Germania non è stato mai realmente messo in discussione: terza potenza mondiale per ricchezza prodotta, il suo peso nel panorama internazionale si è anzi ampliato, sia incorporando la produzione realizzata a Est sia aprendosi ai nuovi clienti di cui sopra. Si può dunque dire che in questa situazione di emergenza la Germania ha ancora una volta dimostrato di possedere una struttura produttiva tale da garantire ottime prestazioni anche in momenti di difficoltà contingenti, soprattutto in considerazione del fatto che contemporaneamente al recupero dell'Est il Paese non ha mai smesso di portare avanti il processo di consolidamento dell'Unione Europea di cui anzi è uno dei principali sostenitori. Suoi punti forti tradizionali sono la metallurgia, la meccanica, l'elettrotecnica, la chimica, il tessile e, più recentemente, anche l'elettronica, l'elettrotecnica, l'abbigliamento, gli alimentari. Inoltre il Paese è ottimamente sorretto da un efficiente sistema di servizi pubblici e privati che costituiscono un fondamentale sostegno alla produzione e al commercio interno e con l'estero. Quest'ultimo è tradizionalmente tra i punti di forza dell'economia tedesca, che controlla circa un sesto del volume degli scambi che avvengono su scala mondiale. Con riferimento a tutto l'insieme delle attività economiche (e non economiche), va ricordata la grande capacità del sistema formativo di preparare personale qualificato e di organizzare e finalizzare la ricerca di base e applicata (da cui deriva un numero elevatissimo di innovazioni di processo e di prodotto). Queste caratteristiche hanno permesso alla Germania unita di mantenere il ruolo di primo piano che le spetta nell'economia mondiale, anche se la “locomotiva d'Europa” ha risentito pesantemente degli effetti della congiuntura economica negativa che coinvolge il mercato internazionale dalla fine del 2001. Il perdurare della stagnazione, unita alla conversione monetaria conseguente all'entrata in vigore dell'euro (gennaio 2002) hanno provocato un notevole rallentamento nella crescita economica che nel passaggio tra 2002 e 2003 si è addirittura arrestata. Nel 2008 infatti il PIL si è attestato sui 3.667.513 ml $ USA, valore analogo a quello dell'annata precedente, e questo rallentamento ha contribuito ad aggravare la situazione del deficit pubblico, che ha superato la soglia del 3% previsto dal patto di stabilità dell'UE. Dopo anni di prestazioni economiche sostenute, nel 2018 l’economia è cresciuta meno del solito (1,4%), rischiando la recessione tecnica nella seconda metà dell’anno, e dovrebbe rallentare allo 0,5% nel 2019. Anche il surplus commerciale, sebbene sempre significativo, è previsto in calo al 6,5% del PIL nel 2020. Rimangono solidi consumi e conti pubblici. Sempre molto bassa la disoccupazione al 3,4%. Nel 2018 il PIL era di 4000386 $ Usa, tuttavia anche l’economia tedesca nel 2020 come tutta l’eurozona deve far fronte alla recessione determinata dalla pandemia di coronavirus

Economia: cenni storici

È dai primi decenni dell'Ottocento (in alcune regioni particolarmente avanzate) che la Germania ha saputo mettere in valore, da una parte, le grandi potenzialità offerte da una radicatissima e apprezzata tradizione manifatturiera, che risaliva addirittura al Medioevo (produzioni di qualità e di piccola serie) e, dall'altra parte, le non indifferenti disponibilità di materie prime, di prodotti alimentari e di manodopera specializzata, di cui si trovò a disporre al momento del decollo industriale (industria pesante e produzioni di massa), ulteriormente agevolato dalla presenza di un mercato interno tra i più cospicui del mondo occidentale, e da un'attenzione politica peculiare allo sviluppo economico, finanziario e sociale del Paese. Queste caratteristiche di base hanno reso la Germania, almeno a partire dall'unificazione (1871) del Paese, una delle primissime potenze economiche mondiali: posizione che non ha mai perduto, se non per periodi estremamente brevi, neppure immediatamente dopo le due guerre mondiali dalle quali uscì sconfitta, e che fa perno su un comparto industriale attrezzatissimo, avanzato tecnologicamente, agguerrito sotto il profilo della commercializzazione e della competizione internazionale. Tuttavia, i percorsi seguiti dalle due G. nel secondo dopoguerra furono considerevolmente diversi. Materialmente distrutta nella sua struttura produttiva e nelle infrastrutture e colpita, nel suo insieme, da misure punitive assai dure, già a partire dal 1948 la Germania vide le sue due parti avviarsi verso l'attuazione di politiche economiche e territoriali diametralmente opposte. Dopo una prima fase in cui le parti più rilevanti, sotto il profilo economico del suo territorio, furono occupate militarmente e sfruttate a vantaggio dei Paesi vincitori, la Germania Occidentale venne fatta oggetto di cospicui investimenti produttivi (statunitensi in primo luogo, con il piano Marshall) che miravano alla ricostruzione e all'alleggerimento delle drammatiche condizioni di vita della popolazione, nonché di una particolare attenzione, sotto il profilo finanziario, che consentì di riformare il sistema monetario, portando alla creazione di una delle monete più salde del mondo, il marco. Proseguendo in un'ininterrotta tradizione del Paese, il governo tedesco occidentale non si disinteressò del sistema produttivo, ma al contrario, oltre a svolgere una funzione di mediazione tra le parti sociali e a promuovere le produzioni nazionali all'estero, intervenne potentemente stimolando la ricostituzione dell'apparato produttivo e orientandone le scelte di fondo. Dopo una prima fase, che fu caratterizzata da quella che si definì, appunto, “economia sociale di mercato” e che avviò il cosiddetto miracolo economico tedesco, l'economia della Germania Occidentale riprese a funzionare sulla base di un sistema di grandi concentrazioni economiche, già in essere prima della guerra, in cui un grande peso ebbero soprattutto le banche. Il PIL raddoppiò in dieci anni (1950-60) e continuò a crescere vigorosamente anche nel decennio seguente, ma evidenziando squilibri settoriali e territoriali che lo Stato prese a cercare di correggere, soprattutto, intervenendo con una politica di concertazione tra le parti, che ebbe notevoli risultati. La rapida e imponente accumulazione di profitti, che si realizzò in questi anni, fu la base di continui reinvestimenti, attuati in primo luogo nella stessa Germania Occidentale, mentre le ampie disponibilità che il sistema fiscale consentiva allo Stato permisero il potenziamento di politiche di formazione, di ricerca e sviluppo che sono da sempre tra le caratteristiche tipiche del sistema tedesco. Allo stesso tempo, il comparto finanziario prendeva una sempre maggiore ampiezza e raggiungeva una solidità tale da continuare ad attirare nel Paese anche investimenti esteri. Dagli anni Ottanta, del resto, la Germania Occidentale) era divenuta a sua volta uno dei principali investitori internazionali, sia in quanto Stato (con interventi di sostegno allo sviluppo in numerosi Paesi del Terzo mondo) sia come settore privato (con l'avvio di un'ampia delocalizzazione produttiva in Paesi dal più basso costo del lavoro). La parte orientale della Germania, nei primissimi anni dopo la guerra, subì anch'essa gli effetti della sconfitta, che si sommarono a quelli delle distruzioni belliche: gli apparati produttivi funzionanti, per esempio, furono smontati e trasferiti in URSS a titolo di parziale riparazione dei danni di guerra cui la Germania, nel suo insieme, era tenuta dalle condizioni poste dagli Alleati; l'emigrazione verso Ovest, inoltre, fu massiccia e investì in particolare modo i quadri intermedi, privando il sistema di risorse umane importanti. Anche qui, tuttavia, con il 1948 la politica sovietica si modificò nel senso di integrare l'economia tedesco-orientale nell'ambito di quello che sarebbe diventato il COMECON. Alla nazionalizzazione delle grandi imprese d'anteguerra si affiancò una fioritura di strutture cooperative, sia in campo industriale sia nel settore agricolo (oggetto di una drastica riforma fondiaria); grandi imprese di Stato e piccole e medie cooperative, nell'ambito della pianificazione centralizzata, si orientarono dapprima verso produzioni di base – secondo il modello sovietico – quindi, progressivamente, anche verso i settori dei beni di consumo. La diversificazione produttiva era, ormai, notevole negli anni Settanta e non dissimile da quella che interessava la Germania Occidentale, quando proprio con la parte occidentale del Paese, in conseguenza dell'avvio della Ostpolitik, si instaurò un interscambio non irrilevante, che mise in certo modo la Germania Orientale in condizione di seguire l'evoluzione della parte occidentale. I consumi interni si ampliarono, grazie a un aumento dei salari e dei redditi conseguente alla crescita della produttività e delle esportazioni, mentre la politica sociale raggiungeva realizzazioni di tutto rispetto in campo sanitario, assistenziale, dell'istruzione e via dicendo. La Germania Orientale, nonostante una produttività inferiore a quella dei Paesi occidentali e altri limiti strutturali (come per esempio la modestissima efficienza energetica del sistema o la forte compromissione ambientale), si trovò a essere il Paese socialista con il più alto reddito per abitante (e anche con i consumi maggiori), con il più profondo coinvolgimento nel mercato internazionale, con la più forte industrializzazione. Fermo restando, dunque, il profondo divario che separava le due Germanie nel 1990, l'opera di riunificazione aveva, comunque, riguardato due strutture analogamente al vertice delle rispettive aree politiche ed economiche di appartenenza.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

Benché rivesta ormai, come in tutti i Paesi occidentali, un ruolo del tutto marginale (contribuisce per meno di 2 punti percentuali alla formazione del PIL), l'agricoltura tedesca ha mostrato recentemente una dinamica interessante. Tradizionalmente orientata alla produzione di cereali, patate e prodotti destinati alla trasformazione industriale, l'agricoltura delle regioni occidentali ha saputo trarre grande profitto dalle provvidenze della Politica Agricola Comunitaria (PAC), ha continuato a procedere sulla via di una sempre più intensa meccanizzazione, ha realizzato una razionalizzazione delle colture e degli assetti fondiari (con aumento delle dimensioni medie aziendali, pur sempre assai modeste, salvo che nella parte nordoccidentale), ha privilegiato ulteriormente le colture estensive, destinandone i raccolti alla lavorazione industriale o all'alimentazione del bestiame; analogamente, il settore zootecnico, specialmente per quanto riguarda taluni prodotti (latte, prodotti caseari, carni insaccate) si è molto rafforzato. In entrambi i settori, si è evidenziata in maniera netta una tendenza (che riguarda soprattutto le piccole aziende) alla riconversione verso produzioni di qualità, biologiche, di nicchia, destinate a un mercato sempre più disposto a spendere pur di garantirsi un'alimentazione sana e naturale. In genere, sull'insieme del territorio delle regioni occidentali prevale la policoltura, benché in funzione dei suoli e del clima si abbiano aree con specializzazioni colturali tipiche; i rendimenti appaiono molto elevati, ma la produzione complessiva non soddisfa il fabbisogno interno. Nelle regioni orientali si formarono alcune centinaia di grandi aziende di Stato, potentemente meccanizzate e orientate sia alla sperimentazione colturale, sia a procedimenti di intensificazione produttiva; parallelamente, sorgevano circa 4000 aziende cooperative. La piccola proprietà privata era stata conservata, ma aveva un peso economico irrilevante. Dopo la riunificazione, una parte delle terre confiscate è stata restituita ai precedenti proprietari. Nell'insieme, la redditività dell'agricoltura orientale era anche inferiore a quella occidentale, soprattutto come conseguenza di caratteristiche pedologiche e climatiche poco favorevoli, che riguardano quasi tutta la porzione settentrionale pianeggiante, ma anche paludosa, e i terreni torbosi (nell'intero paese soltanto il 50% ca. del territorio è sfruttabile a fini agricoli). Le principali produzioni del Paese sono quelle cerealicole: in primo luogo il frumento, nelle aree più fertili e nelle conche meridionali a ovest, in Sassonia a est; l'orzo, utilizzato sia nell'alimentazione umana e animale, sia nella fabbricazione della birra; la segale, anche questa utilizzata per la panificazione, che si adatta a suoli poveri e freddi e viene coltivata prevalentemente nelle pianure settentrionali, meno rilevanti il mais e l'avena. L'intensissima coltivazione di patate è realizzata quasi dovunque, con aree di speciale intensità, come nel bacino dell'Elba; anche la barbabietola è presente in tutto il Paese, mentre il luppolo, utilizzato nella produzione della birra, si coltiva in Baviera, nella valle del Meno, nel Brandeburgo, e la modesta quantità di uva (da cui si ricavano eccellenti vini bianchi) quasi esclusivamente al margine occidentale del Paese (valle della Mosella, Palatinato). Si producono inoltre girasoli, colza e tabacco, e qualche importanza conservano le colture di ortaggi (cavoli, cipolle) e di frutta (mele, pere, prugne). Le foreste, che coprono più di un quarto del territorio, sono razionalmente sfruttate in tutta la Germania e forniscono un quantitativo interessante di legname (che alimenta la produzione industriale, l'industria della cellulosa e della carta); sia nelle regioni occidentali sia in quelle orientali la silvicoltura è molto sviluppata e il patrimonio boschivo, utilizzato o meno a fini economici, è tutelato da leggi ambientali e presenta un continuo accrescimento. L'allevamento, che contribuisce per il 70% al reddito del settore primario, è particolarmente importante e curato: sia quello bovino (con particolari concentrazioni in Frisia, Sassonia, Baviera), prevalentemente utilizzato per il latte e condotto in impianti razionali spesso di grandi dimensioni, sia quello suino, che è praticato quasi ovunque e soprattutto nelle piccole aziende agricole, per l'utilizzazione della carne. I prodotti zootecnici fanno della Germania uno dei principali esportatori del settore: in particolare per il latte, la carne e i formaggi; tuttavia, la produzione interna non è pienamente in grado di soddisfare il consumo (si importano carne e uova). È importante considerare che la politica seguita dalla Germania in ambito comunitario ha portato non solo a proteggere e sostenere le produzioni agricole tedesche, ma in maniera particolare quelle zootecniche, effettivamente diffuse in tutto il Paese e interessanti in qualche misura tutte le aziende agricole; il sostegno comunitario e la progressiva rivalutazione del valore dei prodotti zootecnici hanno favorito l'incremento produttivo nell'ambito dell'allevamento. Nel 2001, in seguito alla scoperta di numerosi casi di BSE, molti incentivi pubblici sono stati indirizzati all'agricoltura biologica. La pesca non è particolarmente rilevante, ma ha buone tradizioni, e viene praticata nel Mar del Nord, nel Mar di Barents e lungo le coste di Islanda, Groenlandia, Terranova. I principali porti pescherecci sono quelli di Bremenhaven, Stralsund, Amburgo, Cuxhaven, Kiel, Rostock e Wiesmar.

Economia: risorse minerarie e industria

Il settore secondario assorbe il 33% della forza lavoro e contribuisce per ca. il 30% alla formazione del PIL, valori superiori a quelli della maggior parte dei Paesi sviluppati. Per quanto riguarda le risorse del sottosuolo, la Germania è tradizionalmente ricca di carbone (giacimenti di Ruhr, Saarland, Aachen, Zwickhau-Ölsnitz) e di lignite (Renania Settentrionale-Vestfalia, Assia Settentrionale, Alto Palatinato, area Lipsia-Halle-Bitterfeld-Merseburg, Lusazia inferiore), risorse energetiche che hanno svolto un ruolo determinante nel favorire il decollo industriale del Paese, ma il cui sfruttamento si è notevolmente ridotto nel corso degli anni perché considerato inquinante e diseconomico. Interessante la produzione di idrocarburi (petrolio e metano, estratti presso Ems e Hannover), certo insufficiente a garantire i consumi, ma in grado di coprirne nell'insieme ca. il 30% (che va a sommarsi al ruolo energetico di supplenza che ancora svolgono antracite e lignite, per esempio nei consumi civili e negli impianti termoelettrici). Quantitativi di uranio e minerali radioattivi sono presenti sul territorio. Assai modeste le altre risorse minerarie, se si escludono salgemma, sali potassici e piriti, che hanno la loro importanza notevolissima nell'impiego che se ne fa da parte dell'industria chimica; fino a un recente passato avevano rilievo le produzioni di zinco, ferro, rame, piombo. La capacità di raffinazione è molto superiore, ovviamente, alla produzione interna, e si alimenta soprattutto di petrolio importato; le raffinerie più grandi, alquanto distribuite nell'insieme della Germania, sono collegate alla rete di oleodotti provenienti dai porti tedeschi, francesi, olandesi e italiani. La rete di oleodotti e condutture per i prodotti del petrolio comprende i tratti da Wilhelmshaven verso Francoforte e Amburgo, e tra Karlsruhe e Ingolstadt; un oleodotto unisce Colonia e Francoforte con Rotterdam; condotti collegano Ingolstadt con Marsiglia, Genova e Trieste. Altri oleodotti sono Druzhba, dalla Russia, il cui flusso è stato interrotto nell’aprile 2019 per la presenza di contaminanti, e MERO dalla Repubblica Ceca. Rilevanti sono i bacini di gas naturale nella Bassa Sassonia, nelle Molasse a est di Monaco, nell’Assia Superiore e ancora i giacimenti di Rüdersdorf, Staakow, Mühl, Langensalza, Roxförde. Diversi gasdotti consentono l’importazione di gas naturale dai giacimenti del Mare del Nord (Europipe, MIDAL, TENP) e da quelli russi (Yamal-Europe). Nel 2012 è stata inoltre completata la costruzione del gasdotto russo-tedesco Nord Stream lungo i fondali del Mar Baltico, evitando così l’Ucraina e le repubbliche baltiche. Nonostante le critiche internazionali, nel 2018 sono iniziati i lavori per un secondo gasdotto nel Mar Baltico, al fine di raddoppiare la capacità di Nord Stream. Anche la produzione di energia elettrica risulta insufficiente al fabbisogno (la Germania ne importa grandi quantità dalla Francia). Nel 2011 il governo tedesco ha disposto un programma di chiusura progressiva entro il 2022 dei 17 reattori nucleari che coprivano circa un quarto del fabbisogno di energia elettrica; nel 2020 ne sono attivi 7, che forniscono circa il 13% dell’energia prodotta. Nel 2018 è stato poi stabilito che le centrali a carbone dovranno essere chiuse entro il 2038. Il paese ha infatti avviato una grande campagna per lo sviluppo delle energie rinnovabili (fortemente sussidiate dall’Energiewende), in particolare eolico e solare che, nel 2018, hanno superato per la prima volta il contributo del carbone alla produzione energetica nazionale. Nell’ambito di tale politica di diversificazione, il governo ha introdotto misure per incentivare lo sviluppo di diversi terminal di rigassificazione (Stade-Amburgo, Brunsbuttel e Wilhelmshaven). La transizione ha portato a una riconfigurazione industriale: le principali utilities dell’energia, E.ON e Rwe, nel 2018 si sono spartite un’altra grande impresa del settore, Innogy. L’accordo è però sottoposto a un’indagine della Commissione Europea. Numerosi sono gli impianti per la produzione di energia eolica lungo le coste del mar Baltico e del Mare del Nord, ma questo tipo di energia copre insieme alla idrica e alla solare soltanto una minima parte della produzione nazionale. Per quanto concerne la produzione industriale, l'economia della Germania rimane caratterizzata, almeno in linea generale, da una presenza dell'attività manifatturiera molto forte, anche se con una produttività in parziale declino rispetto ai primi anni Novanta, in conseguenza anche delle scelte politico-sociali derivanti dall'unificazione. La gamma merceologica coperta dall'industria tedesca (tanto a ovest quanto a est) è vastissima, e qui ci si limiterà a segnalare soltanto le produzioni più rilevanti. Nonostante la modesta disponibilità odierna di minerale di ferro, il comparto manifatturiero più noto della Germania è certamente quello siderurgico. Il complesso carbo-siderurgico costituì tradizionalmente il nerbo dell'industrializzazione tedesca e, sia pure in misura decrescente (a causa della crisi mondiale del settore, ma soprattutto della delocalizzazione delle produzioni fuori d'Europa), ne rappresenta ancora un segmento molto importante, con acciaio e ghisa, incentrato prevalentemente nel bacino della Ruhr, ma anche in Bassa Sassonia e sul litorale. Importanti sono anche altre produzioni metallurgiche: piombo di 1a e 2a fusione, rame, zinco e alluminio. Analogamente per i prodotti della chimica di base (soda caustica, acido cloridrico, acido solforico) e fine (colori, prodotti farmaceutici e fotochimici), il Paese si colloca ai primissimi posti delle graduatorie mondiali; una gran parte delle aziende chimiche e petrolchimiche (concentrate in pochi gruppi di rilevanza mondiale, come Bayer e Hoechst) è situata nella regione renana e specialmente in Sassonia. Di rilievo mondiale è anche la produzione metalmeccanica, distribuita in quasi tutto il territorio tedesco, anche se con alcuni poli di maggiore rilevanza (Wolfsburg, Rüsselsheim, Colonia, Stoccarda, Monaco, soprattutto per quella automobilistica). Molto importante la produzione di autoveicoli: alcune singole aziende automobilistiche tedesche (come Volkswagen, Daimler-Benz, BMW), ormai fortemente internazionalizzate, vanno acquisendo altre aziende, in Europa e altrove, e realizzando accordi di portata strategica, che le colloca in posizioni molto vantaggiose sul mercato mondiale. Oltre ai mezzi di trasporto (vanno ricordati anche i materiali ferroviari a Berlino, Monaco, Kassel, Colonia e Duisburg; le macchine agricole a Mannheim, Hannover, Kassel, Esslingen; i cantieri navali di Amburgo, Brema, Emden, Kiel, Rostock), la meccanica tedesca produce una quantità di beni strumentali (macchine utensili, tessili, da stampa, impianti di vario genere), destinati a praticamente ogni utilizzazione produttiva; centri di rilievo per questa produzione meccanica sono Augusta, Offenbach, Esslingen, Reutlingen, Heidenheim, Solingen ecc. Di grandissima importanza le produzioni elettrotecniche ed elettroniche (anche in questo caso con grandissimi e noti produttori, come Siemens), meccaniche di precisione, ottiche, nonostante la forte concorrenza internazionale proprio in questi settori, tradizionali per l'industria tedesca. A Monaco ha sede uno dei più grandi parchi tecnologici europei, specializzato in telematica e biotecnologie. Tradizionale è la produzione tessile, tuttora importante anche se in declino, presente soprattutto lungo il basso Reno e in Sassonia, nonché nel Baden-Württemberg, ma caratteristica di molto più numerose piccole aree di antica industrializzazione. Ancora, le industrie dei pellami e delle pellicce, della carta, della gomma, dei materiali edili, delle armi, del vetro e della ceramica, degli strumenti musicali, dei tabacchi ecc. Infine, è il caso di citare l'industria alimentare e, in particolare, la produzione di birra, molto diffusa in Baviera e in alcune grandi città. Assai degna di nota è la tendenza, ormai generalizzata su tutto il territorio tedesco, a subordinare le esigenze produttive e, in particolare, quelle dell'industria, a forme di tutela ambientale (moltissimi sono nel Paese gli esperti di ottimizzazione dei cicli produttivi in chiave ecologica), con un ovvio aggravio di costi per le imprese (che tuttavia non sembra avere intaccato la concorrenzialità delle imprese stesse), ma anche effetti di riconversione territoriale (risanamento di vecchi impianti, bonifiche di siti industriali abbandonati, valutazioni di impatto ambientale per le nuove installazioni) profondi e assai efficaci. Queste pratiche riguardano soprattutto la riconversione delle industrie estrattive ormai diseconomiche e inquinanti. Il recupero della zona della Ruhr costituisce un esempio a livello mondiale, ma molte sono ancora le zone in cui miniere ormai in disuso sono circondate da quartieri degradati e inquinati dalle scorie. La situazione è particolarmente grave nelle zone dell'Est, dove lo sviluppo industriale di stampo sovietico aveva profondamente alterato gli equilibri ambientali e dove occorreranno ancora diversi anni e capitali per attuare forme di recupero che riconducano la situazione a standard occidentali.

Economia: servizi

Il settore terziario nel suo insieme presenta le maggiori quote di PIL prodotto e di addetti impiegati (68,9% del PIL e 65% ca. della forza lavoro), con una considerevole produttività settoriale. Per una parte maggioritaria di queste cifre, si tratta di attività di servizio destinate alle imprese, vale a dire a sostenere l'enorme comparto produttivo di cui si è finora detto. Analogo fine ha, in buona misura, il sistema delle comunicazioni, fittissimo e ben attrezzato, sia per quanto riguarda strade e autostrade, sia per le ferrovie. Il sistema stradale e quello ferroviario stanno subendo aggiornamenti (treni ad alta velocità, strade a scorrimento veloce in ambito urbano, autostrade a più corsie), specialmente nelle regioni orientali, non solo per adeguarne le caratteristiche a quelle più evolute delle infrastrutture occidentali, ma anche, soprattutto, in vista di una loro connessione più salda e funzionale con i Paesi orientali, in primo luogo Polonia e Repubblica Ceca, con i quali l'interscambio di merci e persone si è moltiplicato negli anni Novanta. Dal punto di vista delle comunicazioni, infatti, la Germania sfrutta appieno la sua centralità in termini continentali, ma, al tempo stesso, la sua marginalità nei confronti dell'Unione Europea che le consente di avere rapporti privilegiati con le nuove nazioni dell'ex blocco sovietico. La circolazione di autoveicoli è intensissima. Di importanza davvero considerevole è la navigazione sulle vie d'acqua interne, largamente interconnesse tra loro a formare una vera e propria rete, soprattutto estesa nell'area basso renana e nelle regioni costiere. Da quando, con l'unificazione, si è potuto procedere a ricollegare insieme i canali dell'Ovest e dell'Est, la rete tedesca è stata collegata (canale Reno-Meno-Danubio) con il sistema danubiano, rendendo possibile navigare per vie interne dal Mar del Nord al Mar Nero, mentre se ne sta realizzando la connessione con il sistema del Rodano in Francia, verso il Mediterraneo, e se ne studia il possibile aggancio alla rete polacca, verso il mar Baltico. Per quanto richieda investimenti cospicui, la realizzazione di canali e canalizzazioni risulta generalmente di importanza strategica, specialmente in prospettiva, dato che consente trasporti relativamente rapidi a costi di gestione bassissimi e con un impatto ambientale assai modesto, in confronto con le altre modalità di trasporto. Amburgo, Brema, Wilhelmshaven rimangono i principali porti tedeschi, ma la loro importanza nel quadro internazionale si è da tempo ridotta; mentre gli aeroporti (soprattutto Francoforte sul Meno, Monaco e Düsseldorf), ben collocati pressoché al centro d'Europa vedono aumentare continuamente i propri traffici, specialmente quelli internazionali (ma intensissimi sono anche i movimenti interni, e la compagnia nazionale, la Lufthansa, è una delle maggiori del mondo). D'altronde, una così sviluppata rete di comunicazioni è funzionale al collegamento dei vari centri direzionali del Paese che, coerentemente con la struttura federale dello Stato, sono dislocati nelle diverse città che sovrintendono a diversi aspetti della gestione del Paese. I più importanti poli del terziario sono, oltre a Berlino e Bonn, principali sedi dal punto di vista governativo, dei ministeri e di diverse associazioni, Francoforte, capitale della finanza, sede della Banca Centrale Europea e di una delle più importanti piazze borsistiche a livello mondiale; e Amburgo, principale porto nonché capitale dell'editoria quotidiana e periodica, essendo la sede delle due pubblicazioni a maggior tiratura nazionale (Bild-Zeitung e Der Spiegel); anche se tutte le maggiori città sono ormai sedi di importanti attività finanziarie e commerciali. In Germania il sistema bancario ha una fortissima tradizione. La banca centrale è la Deutsches Bundesbank, istituzione non governativa con sedi in ciascuno dei Länder; e tra le varie banche d'affari, alcune (in particolare Deutsche Bank, Commerzbank e Dresdner Bank) controllano grandi volumi d'affari a livello internazionale. In particolare la Dredsner, in seguito alla fusione con il colosso assicurativo Allianz, avvenuta nel 2001, è andata a costituire il più grande gruppo bancario assicurativo d'Europa. Da segnalare inoltre la presenza sul territorio di ca. 500 istituti di credito stranieri. Gli scambi interni al Paese sono tradizionalmente assai vivaci, data anche una certa complementarità produttiva tra le varie regioni, accentuata, in un certo senso, dalla riunificazione. La rete commerciale al dettaglio è assai sviluppata e razionalizzata dalla presenza di un gran numero di ipermercati e supermercati; ma continua a essere molto vivace anche il piccolo commercio. La Germania occupa, insieme a Stati Uniti e Giappone, i primi posti nel commercio internazionale. La bilancia commerciale è in attivo. L'Unione Europea pesa, sia nell'importazione sia nell'esportazione, per oltre il 55% del valore (principali corrispondenti, nell'ordine, sono la Francia, i Paesi Bassi e l'Italia, seguiti da Gran Bretagna, Belgio, Svizzera, Austria). Molto intenso il commercio con gli Stati Uniti. Le principali voci di importazione sono rappresentate da materie prime e prodotti petroliferi, alimentari, tessili e abbigliamento; le esportazioni sono dovute a macchinari (quasi la metà del totale), veicoli, materiali elettrici ed elettronici, prodotti chimici, apparecchi ottici e medicali, computer e loro parti, petrolio, carta (in ordine di importanza). Assai negativa è invece la bilancia turistica. Benché la Germania, ricchissima di mete turistiche di grande interesse (Selva Nera, valle del Reno, grandi città, cittadine universitarie), sia stata visitata da quasi 18 milioni di persone (anno 2002), molto più numerosi sono i tedeschi che si recano all'estero, tanto che le uscite valutarie per turismo superano di più del doppio le entrate valutarie per la stessa voce.

Storia: preistoria

Il territorio compreso tra il Reno e l'Oder fu abitato fin da tempi molto remoti. Tra i più antichi resti umani noti nel continente europeo si colloca la mandibola di Mauer nel Baden-Württemberg, scoperta nel 1907, associata a una fauna del Pleistocene medio a Elephas antiquus, Rhinoceros etruscus e Machaïrodus e attribuita a una varietà europea di Homo erectus. Altri resti umani, riferiti allo stesso gruppo, sono stati scoperti a Bilzingsleben, in Turingia, associati a industria su scheggia del Paleolitico inferiore. I resti del Riss o dell'ultimo interglaciale di Ehringsdorf e Steinheim sono stati attribuiti a rappresentanti arcaici dell'uomo di Neanderthal. Uno scheletro umano incompleto, rinvenuto nel 1857 in una grotta nella vallata omonima, ha dato il nome a questa specie. Il Paleolitico inferiore è conosciuto in un gran numero di siti, tra cui si ricordano i rinvenimenti acheuleani di Balver Hohle, di Hannover-Dohren, di Jeinsen, di Karlich e di Markkleeberg. Numerose sono le segnalazioni relative al Paleolitico medio e superiore: Bockstein, Hohlenstein, Kartstein e, in particolare, l'importante sito di Vogelherd, con una sequenza compresa tra il Micocchiano e il Magdaleniano. Le fasi arcaiche del Paleolitico superiore (Aurignaziano) sono note, tra gli altri giacimenti, a Geissenklosterle (ca. 35.000 anni fa) e a Breitenbach. Il Magdaleniano è attestato in importanti siti con resti di abitazioni lastricate in pietra, come a Andernach-Martinsberg e a Gonnersdorf, a Groitzsch, Petersfels, Kniegrotte, Oelknitz e Teufelsbrucke, o attraverso resti di arte mobiliare, tra cui la famosa figurina antropomorfa in avorio con testa di felino rinvenuta a Hohlenstein. Una facies culturale che prende il nome di Hamburgiano, parzialmente contemporanea al Magdaleniano, è stata riconosciuta a Meiendorf e a Stellmoor, mentre la fine del Paleolitico superiore e il Mesolitico sono noti, per esempio, a Sesselfelsgrotte, nel già citato sito di Geissenklosterle, nel gruppo di Hulsten, di Fien e di Jühnsdorf. Grande diffusione ebbero in tutto il territorio le culture neolitiche, per le quali si distinguono le stazioni preistoriche di Aichbühl, Eberstadt, Flomborn, Hinkelstein e Roessen. Nell'Età del Bronzo primeggiano soprattutto le due culture dei tumuli e dei campi d'urne, entrambe diffuse anche negli altri territori dell'Europa centrale. Alla tarda protostoria appartiene la civiltà di Halstatt, caratterizzata dallo sviluppo di una cultura complessa, attestata dalle “rocche” principesche e dai ricchi corredi di alcune sepolture a tumulo.

Storia: il periodo romano

Le prime descrizioni d'insieme della Germania e dei popoli che la abitavano, dovute a storici e geografi greci o romani, non risalgono oltre il sec. I dell'era cristiana: a Strabone (ca. 18), Plinio il Vecchio (ca. 75), Tacito (98) e Tolomeo (verso il 150). Per il periodo precedente, le scarsissime notizie, offerte quasi esclusivamente dalla linguistica e dall'archeologia, permettono a stento di intravedere alcune aree di civiltà “materiale” e linguistica: di popolamento germanico (Germani orientali, divisi in varie stirpi) nella parte settentrionale del Paese, area che tra l'Età del Bronzo e il sec. V a. C. tese progressivamente a estendersi dalla Danimarca e dalle regioni tra il Weser e l'Oder fino a raggiungere la Bassa Slesia, la Turingia e il bacino del Reno; di popolamento celtico nella parte meridionale, dove sono numerose e imponenti le tracce dell'Età del Ferro celtica. I Germani tuttavia, che conservarono sempre un altissimo grado di mobilità, a partire dal sec. III a. C. ripresero a muoversi verso le regioni del Sud e del Sud-Ovest, in parte respingendo i Celti, in parte sommergendone il troppo rado insediamento. Alcune tribù si spinsero anche verso i territori dell'Italia settentrionale e delle Gallie, che Roma stava progressivamente sottoponendo al suo controllo: i Teutoni vennero fermati dagli eserciti di Mario presso Aix-en-Provence (102 a. C.) e i Cimbri ai Campi Raudii presso Vercelli (101 a. C.) mentre pochi decenni dopo Ariovisto, che con i Suebi aveva tentato di insediarsi sulla riva sinistra del Reno, venne sbaragliato e ricacciato da Cesare (58 a. C.). Fino ai sec. IV-V d. C. i tentativi dei Germani di penetrare in Gallia o in Italia furono sporadici, così come, per converso, fu sempre limitata e parziale la penetrazione di Roma nei territori germanici. L'obiettivo di una Germania romana fino all'Elba, delineatosi dopo la conquista delle Gallie e sostenuto con vigore nei primi anni del principato, conobbe qualche successo con la conquista dei territori a S del Danubio e la creazione delle province della Rezia (15 a. C.), del Norico (16 a. C.) e della Pannonia (10 d. C.), ma si infranse in seguito alla disfatta di Varo nella selva di Teutoburgo (9 d. C.) e alle gravi perdite subite da Germanico presso Idistaviso (15 d. C.). Il Reno e il Danubio segnarono per secoli i confini tra mondo romano e mondo germanico (con l'eccezione del territorio compreso tra i corsi superiori dei due fiumi, gli Agri Decumates, occupato alla fine del sec. I e tenuto fino al 254, soprattutto per ridurre la lunghezza del confine e non per una vera e propria occupazione). Più che a tentativi di espansione – episodici e senza effetto, come le guerre di Marco Aurelio contro i Marcomanni (166-172, 177-180) – i Romani si dedicarono al rafforzamento di queste frontiere (con la costruzione, particolarmente ai tempi di Adriano e di Antonino Pio, del limes, un sistema di fortificazioni lungo centinaia di chilometri) e alla romanizzazione della fascia di territori conquistati. Nel 90 d. C. furono costituite le due province della Germania Inferiore, con capitale Colonia, e della Germania Superiore, con capitale Magonza; vennero insediati numerosi coloni (sul medio Reno il popolamento conservò per secoli una forte impronta romana), fondati accampamenti militari, burgi di confine e coloniae, da cui si svilupparono poi importanti città: Strasburgo da Argentoratum, Magonza da Mogontiacum, Colonia da Ara Ubiorum. Ancora oggi restano tracce di fori, terme, palazzi e anfiteatri, così come della rete stradale e degli acquedotti che solcavano la regione. Ma l'influenza romana si estese anche oltre i confini politici: con le popolazioni situate a ridosso del limes i contatti furono frequenti, tanto che guerrieri e nobili germani passarono spesso parte della loro vita al servizio dell'Impero e alcuni di essi, così come numerosi coloni, vennero assorbiti stabilmente; a partire dal sec. III intere popolazioni vennero accolte nei confini dell'Impero come “federate”. Inoltre, già dal sec. I mercanti romani si erano spinti regolarmente nel cuore della Germania, fino al Mar Baltico, portandovi merci, monete, tecniche di lavorazione dei prodotti (vetri, armi), influssi culturali (come l'idea di una scrittura alfabetica per la lingua germanica) e religiosi (culti orientali, introdotti probabilmente dai legionari).

Storia: alto Medioevo

Tra il sec. IV e il VI i territori tedeschi furono teatro di una gigantesca ondata di migrazioni di popoli. I Germani orientali, stanziati tra la Russia meridionale e la Penisola Balcanica (sul Mar Nero avevano costituito un vasto regno), sospinti forse da un peggioramento del clima e dalla pressione di popoli orientali, come gli Unni, si riversarono verso Occidente, non più in sporadiche incursioni di saccheggio, ma alla ricerca di terre e di nuovi insediamenti. Per alcuni di questi popoli, come i Vandali, i Suebi e molte tribù di Goti, i territori fra l'Elba e il Reno non furono più che un luogo di rapido transito, tappa di un più lungo percorso, e nell'ondata che dilagava verso Occidente (che travolse i confini dell'Impero, costrinse i Romani ad abbandonare le loro province e cancellò quasi completamente le tracce dell'antica colonizzazione) sospinsero o trascinarono le altre popolazioni germaniche che incontravano sul loro cammino; altri popoli vi si arrestarono per brevi periodi, come i Burgundi, che nei primi decenni del sec. V fondarono un loro regno sul Meno; altri ancora si fusero con le tribù dei Germani occidentali, lì stanziate da secoli, dando origine a nuovi raggruppamenti etnici, il cui insediamento si stabilizzò a mano a mano che il fenomeno delle grandi migrazioni si attenuava: i Turingi sul fiume Fränkische Saale, i Sassoni sul Mare del Nord (una parte soltanto di essi si mosse nel sec. V a occupare la Britannia), gli Alamanni sull'alto corso del Danubio, i Bavari più a oriente. Su tutte queste popolazioni si delineò, già a partire dal sec. VI, la supremazia dei Franchi, un ceppo germanico che dal basso Reno (dove risultava insediato verso la fine del sec. III) si era dapprima rivolto verso l'attuale Francia, occupandone una gran parte e costituendo un forte regno; in seguito aveva esteso la sua egemonia anche sui territori fino all'Elba e al Danubio. Soltanto i Sassoni riuscirono a mantenersi per lungo tempo indipendenti e poterono essere sottomessi solo con una serie di guerre sanguinose che si prolungarono per decenni (772-804: dell'802 è la Lex Saxonum, che ne accoglieva le antiche consuetudini). Contemporaneamente alla conquista, i Franchi promossero l'evangelizzazione delle popolazioni tedesche, che era già stata avviata da singoli missionari, come Colombano e Bonifacio: interi popoli, e in particolare i nobili, venivano battezzati in massa e in brevissimo tempo furono costituiti numerosi vescovati (in territorio sassone, per esempio, nel 787 quello di Brema, nell'804 quelli di Münster, Osnabrück, Paderborn, Minden; nell'815 quelli di Verden e di Hildesheim; nell'831-834 quello di Amburgo) e vennero fondati i primi grandi centri monastici, che restarono per secoli centri di vita religiosa e di cultura. I territori tedeschi entrarono così a far parte del Sacro Romano Impero di Carlo Magno(800).

Storia: da Ludovico il Germanico a Federico II

Fu nel corso delle guerre combattute tra i successori di Carlo Magno che si delineò per la prima volta uno Stato tedesco, autonomo e comprendente in un organismo politico unitario tutte le popolazioni germaniche a oriente del Reno: il regno detto dei Franchi Orientali (poi anche regnum Theutonicum, o Saxonorum), riconosciuto dal Trattato di Verdun (843) a Ludovico il Germanico, nipote di Carlo Magno, l'anno successivo a quel giuramento di Strasburgo che, per la sua redazione bilingue (antico francese e antico alto tedesco) costituisce la prova dell'esistenza di una nazionalità tedesca autonoma e distinta all'interno del mondo franco, pur attraverso le interne differenze di costumi, consuetudini e in parte anche di lingua che ancora si riscontravano tra le antiche popolazioni. La nazione tedesca confermò e consolidò nei secoli successivi la sua raggiunta unità con una propria civiltà che fece sentire la sua influenza su tutta l'Europa; assai più difficile si rivelò la costruzione di uno Stato nazionale. Sotto il regno degli ultimi Carolingi la compattezza della formazione politica che si era creata fu messa a dura prova sia dai contrasti (e dalle suddivisioni) tra i successori di Ludovico, sia dalle ricorrenti aspirazioni a una riunificazione dell'Impero di Carlo Magno. Tra la fine del sec. IX e l'inizio del X, inoltre, durante i regni di Arnolfo di Carinzia e di Ludovico il Fanciullo, si succedettero continue invasioni da parte di Ungari, Slavi e Danesi. Tale situazione di grave debolezza del potere centrale ebbe come conseguenza il rafforzamento di quei particolarismi a base etnica che si riallacciavano alle tradizioni degli antichi popoli sottomessi dai Franchi e determinarono la formazione di unità politiche rette da capi che presero il nome di duchi, i ducati nazionali di Sassonia, Franconia, Svevia e Baviera, cui si aggiunse poi quello di Lorena, non corrispondente a un gruppo etnico, ma ai territori costituenti l'antica Lotaringia, incorporati definitivamente nel regno tedesco a partire dal 925. L'estinzione dei Carolingi di Germania (911) rese i duchi – i quali avevano riconosciuto in precedenza almeno nominalmente l'autorità dei sovrani e la loro monarchia ereditaria – arbitri della situazione: essi diedero vita a una monarchia nazionale, in cui il principio elettivo era contemperato dalla tendenza a scegliere il sovrano all'interno di un'unica stirpe (dinastie di Sassonia, dal 919 al 1024; di Franconia, dal 1024 al 1125; degli Hohenstaufen, dal 1138 al 1250). Con Enrico l'Uccellatore, primo della casa di Sassonia, e soprattutto con il figlio, Ottone I, lo Stato tedesco si rafforzò grazie alla creazione di una seppur rudimentale struttura amministrativa (conti palatini, ministeriali), al sostegno dei vescovi, nominati dal re e incaricati di importanti funzioni politiche, e a quello della nobiltà minore, che venne favorita nei confronti dei grandi feudatari. Fu anche avviata una politica di fondazione di marche di frontiera lungo l'Elba (dei Billunghi, del Nord, di Lusazia, di Merseburg, di Meissen; e, più a S, Orientale, di Carinzia, di Carniola) che non soltanto assicurarono la difesa del territorio tedesco contro gli invasori (gli Ungari erano stati battuti a Riade nel 933 e sulla Lech nel 955; gli Slavi fermati presso il Recknitz nel 955), ma posero anche le premesse per l'espansione verso Oriente (Drang nach Osten) dell'insediamento tedesco e per la cristianizzazione degli Slavi, attraverso la creazione di una nuova serie di vescovati: Schleswig, Oldenburg, Brandeburgo, Meissen, Praga, Olmütz, ecc., sottoposti alle sedi metropolitane di Magdeburgo e di Magonza. Già con Ottone I tuttavia affiorarono (o riaffiorarono, se si pensa alla matrice carolingia dello Stato tedesco) quelle aspirazioni imperiali e universalistiche che condizionarono poi per secoli l'azione dei sovrani tedeschi. Nel 962 Ottone cingeva a Roma la corona imperiale e inaugurava una politica di costante intervento nelle vicende politiche della penisola italiana, che avrebbe richiesto ai suoi successori sempre nuovo impegno ed energie. La politica italiana di Ottone I si fece con Ottone II e con Ottone III anche mediterranea e orientale, suscitando addirittura l'utopistico programma di una renovatio imperii; i sempre più stretti rapporti con la Chiesa e con il papato coinvolsero l'Impero nell'estenuante lotta delle investiture, dalla metà del sec. XI al 1122 (Concordato di Worms); lo stesso programma politico di Federico I, imperniato sulla restaurazione del potere dello Stato, fu concepito nel quadro di un impero universale, con Roma capitale e l'Italia come centro, e costrinse gli Hohenstaufen a scontrarsi con i comuni italiani e con il papato; e quando nel 1194 Enrico VI ereditò la corona del Regno di Sicilia, balenò ancora una volta l'antico miraggio di un dominium mundi, esteso a Bisanzio e al Levante. Tale politica richiese enormi impegni finanziari per il reclutamento degli eserciti, costrinse i sovrani a continue discese in Italia, a lunghe e frequenti assenze dalla Germania; soprattutto impedì loro di crearvi forti strutture di governo e di contrastare lo sviluppo delle forze particolaristiche: i centri urbani, che rivendicavano sempre nuove autonomie, la nobiltà, avviata ormai a fondare su basi territoriali il suo potere, la feudalità, che, lungi dal costituire quel sistema gerarchico di vincoli tra l'imperatore e i potentes auspicato dal Barbarossa, si rivelava come il più grave elemento di disgregazione. Così, mentre in Occidente, e soprattutto in Francia e in Inghilterra, le monarchie nazionali – pur attraverso una lotta aspra e lunga – promuovevano la costruzione di un organismo statale sempre più accentrato e unitario, ordinando e disciplinando in esso città e signorie locali, grandi principati e province autonome, in quel lento processo che porta alla formazione dello Stato moderno, la monarchia tedesca logorava le proprie energie e la propria autorità inseguendo il sogno di un impero universale.

Storia: la crisi del programma imperiale

Quando, con la morte di Federico II (1250), l'Italia si sottrasse definitivamente all'influenza tedesca e apparve evidente il carattere utopistico di ogni programma imperiale, apparve ugualmente evidente come gli Hohenstaufen avessero fallito nel compito di costruire uno Stato nazionale unitario e come le forme di organizzazione politica della società tedesca fossero ormai offerte da quegli organismi particolaristici che si erano venuti rafforzando a spese del potere centrale: una moltitudine di territori che a partire dal sec. XIII si disegnarono sempre più nettamente sulla carta politica della Germania con la fisionomia di altrettanti piccoli Stati e offrirono, nell'intrecciarsi delle loro frontiere e nel gioco delle enclaves, l'immagine di un intricatissimo mosaico. Si trattava delle numerose città, situate soprattutto sui mari Baltico e del Nord (Amburgo, Brema, Lubecca), lungo la fascia renana (Colonia, Aquisgrana, Francoforte, Strasburgo, Magonza), o a S, sulla via dei valichi alpini (Augusta, Ulma, Norimberga), alcune dette “città libere”, eredi cioè delle prerogative regali un tempo possedute dai loro vescovi, altre “città imperiali”, dipendenti cioè direttamente dal sovrano e praticamente autonome; le une e le altre partecipavano alla Dieta dell'Impero. Esse avevano conosciuto un rigoglioso sviluppo soprattutto a partire dal sec. XII e, se la loro espansione territoriale era stata in genere limitata e non era giunta a comprendere che per breve tratto il territorio circostante, avevano però rafforzato la loro influenza politica associandosi in leghe e confederazioni, sia per difendere i loro interessi commerciali (come le città anseatiche, situate sui mari settentrionali e lungo i fiumi principali che penetravano nell'interno), sia per difendersi dalle minacce degli Stati principeschi che le circondavano e dallo stesso imperatore (lega delle città renane, 1254; lega delle città sveve, 1376, contro il conte Eberardo del Württemberg; lega delle città sud-tedesche, 1381; ecc.). Si trattava delle numerosissime signorie ecclesiastiche che avevano ottenuto da Federico II amplissimi privilegi (Confoederatio cum principibus ecclesiasticis, 1220): dai tre arcivescovati “elettorali” di Colonia, Treviri e Magonza, alle abbazie di Hirsau, Fulda, Corvey e San Gallo, ai grandi principati vescovili di Utrecht, Salisburgo e Trento, al singolarissimo Stato dei Cavalieri Teutonici, sviluppatosi soprattutto nel corso del sec. XIV lungo la fascia baltica, da Danzica a Reval, protagonista primario dell'espansione territoriale e commerciale in quelle regioni contro Polacchi, Danesi e Lituani. Si trattava dei principati laici, anch'essi largamente privilegiati da Federico II con lo Statutum in favorem principum, del 1231: dalle infinite piccole e piccolissime signorie, numerose soprattutto nei frazionatissimi territori della Svevia e della Franconia, ai grandi principati, vasti e compatti soprattutto lungo la fascia orientale, dove le antiche strutture amministrative ereditate dalle marche di confine avevano disciplinato fin dai tempi più antichi i nuovi insediamenti, contenendo il particolarismo. Si distinguevano tra essi i principati elettorali: Sassonia, Brandeburgo e Palatinato (oltre al Regno di Boemia), a cui la Bolla d'oro di Norimberga (1356) aveva riconosciuto la quasi totalità dei diritti regali e in particolare i privilegi de non evocando e de non appellando. L'istituto imperiale, dopo la parentesi del grande interregno (1254-73), fu restaurato e mantenuto in vita: la Bolla d'oro gli dava anzi forma definitiva, stabilendone le prerogative e le modalità di elezione e proclamandone la totale indipendenza dal papato. Fra Tre e Quattrocento tuttavia l'Impero sopravvisse più nelle speculazioni dei teorici del diritto e della politica (che ne mantennero viva l'idea e lo spirito universalistico) che nella forza della sua azione politica, o nella concretezza delle sue istituzioni. L'autorità imperiale fu semmai utilizzata per l'edificazione delle fortune familiari degli imperatori (i Lussemburgo e soprattutto gli Asburgo): anzi, fu proprio grazie all'immensa potenza dinastica degli Asburgo che il titolo imperiale riebbe, alla fine del sec. XV, nuova dignità e autorità e permise a Massimiliano I di progettare, e in larga misura realizzare, una serie di riforme che preludono al grande tentativo di restaurazione compiuto poi da Carlo V. In questo quadro di estremo frazionamento politico si sviluppava, negli ultimi secoli del Medioevo, la società tedesca. La popolazione era continuata ad aumentare, dal sec. X fin verso la metà del XIV, raggiungendo forse i 12 milioni. Il forte incremento demografico sostenne, attraverso l'emigrazione di centinaia di migliaia di contadini, il vastissimo insediamento tedesco nei territori dell'Est. Una grave battuta d'arresto fu rappresentata dalla peste nera, con il suo seguito di carestie (1346-53): nelle sole città anseatiche, per esempio, la popolazione diminuì di almeno un quarto. Ancora più gravi si rivelarono le conseguenze nelle campagne dove, dopo l'immenso sforzo compiuto nei secoli precedenti per i diboscamenti, le colonizzazioni e la messa a coltura di terre nuove, numerosi villaggi dovettero essere abbandonati (Wüstungen) e l'incolto si diffuse nuovamente, mentre l'autorità dei grandi proprietari e signori rurali sui contadini si rafforzava, provocando quasi dovunque un ritorno a forme di servitù della gleba. Conobbero invece una nuova fioritura, soprattutto nel sec. XV, le attività manifatturiere e mercantili e con esse le città, che ne erano la naturale sede, tanto che al vecchio tessuto urbano, già assai consistente, si aggiunsero nuovi centri, come Friburgo, Monaco, Lipsia. La lavorazione dei metalli (sostenuta da uno sfruttamento minerario che applicava tecniche di avanguardia) e la produzione dei tessuti fecero la prosperità di città come Augusta, Norimberga, Ravensburg, che diventarono anche importanti centri bancari e finanziari, mentre la Hansa continuava, almeno fino a metà Quattrocento, a monopolizzare il commercio sul Baltico e sul Mare del Nord, intervenendo talora con l'autorità di una potenza egemone nella vita politica degli Stati confinanti, e colonie di mercanti tedeschi si stabilivano in tutta Europa, a Venezia e a Milano come nelle aree slave e in Francia. Agli inizi del Cinquecento si contavano in Germania una dozzina di università: alla più antica, l'Università tedesca di Praga (1348), erano seguite quelle di Erfurt (1378), Heidelberg (1386), Colonia (1388), fino a quella di Wittenberg (1502), destinata presto a grande fama per l'insegnamento di Lutero. A partire dal 1455 si era diffusa inoltre da Magonza in tutta la Germania l'invenzione della stampa, dando origine nel giro di pochi decenni a decine di tipografie.

Storia: l'età di Carlo V e la Riforma

La fine del Medioevo e l'inizio dell'età moderna nella struttura politico-giuridica del “Regno” di Germania sono contrassegnati da un lato dall'accoglimento del diritto romano nei tribunali tedeschi, dall'altro dalla riforma dell'Impero deliberata dai ceti tra il 1484 e il 1495. La detta recezione era dovuta all'affermarsi del diritto romano nelle università, alla preferenza data dai principi ai giuristi di formazione romanistica per le loro idee regalistiche, alla frammentarietà del diritto tedesco e alla mancanza di una sua elaborazione scientifica, nonché di un'istanza giudiziale suprema nel frazionamento anche politico della Germania. Si aggiungevano la difficoltà del diritto tedesco di adattarsi alle nuove condizioni economico-sociali, la sua incompiutezza rispetto alle maggiori esigenze della tecnica giuridica e l'indubbia superiorità del diritto romano in molti istituti. Il diritto germanico era infatti un complesso di leggi di stirpi ed epoche diverse, senza unità interna: dapprima quale diritto di stirpe, solo più tardi diritto territoriale. Fino al sec. XIII era in esso prevalsa la consuetudine sul diritto scritto, che si sviluppò specialmente nei territori e nelle organizzazioni dotate di autonomia, conservando fortemente i suoi tratti nazionali. Sotto l'influsso della Chiesa sovranazionale si delineò poi in Germania un diritto commerciale e matrimoniale europeo già prima e indipendentemente dalla recezione del diritto canonico e romano. Le regole del diritto erano pertanto pensate ed espresse in forma intuitiva e plastica, accompagnate da atti simbolici e fissate in simboli. Non esisteva alcuna distinzione tra diritto pubblico e diritto privato, poiché le condizioni politiche ed economico-sociali rendevano difficile la distinzione. Tale recezione incontrò l'ostilità dei tribunali delle città, gelose del loro diritto locale, nonché quella degli umanisti, portavoce della nobiltà locale contro la penetrazione dei giuristi (detti da von Hutten doctores Luft) nei posti migliori delle amministrazioni territoriali. Il diritto romano veniva a costituire il diritto comune: a esso facevano eccezione però il diritto territoriale (Landrecht), gli statuti cittadini (Stadtrecht), la stessa volontà del principe territoriale (Willkür); la consuetudine inoltre, che era germanica, conservava sempre un largo campo di affermazione. Gli antichi istituti germanici sopravvissero nel diritto forestale, agrario e riguardo la pesca, le acque, le miniere. E proprio un'istituzione emersa dalla riforma dell'Impero del 1495 faceva obbligo ai giudici di giudicare “secondo il diritto comune dell'Impero e inoltre secondo gli usi ecc. dei Ducati”. La riforma dell'Impero rifletteva il dualismo tra Reich e ceti accentuatosi sotto i sovrani di casa d'Asburgo: essa era imperniata su un'imposta generale (combinazione d'imposta sul reddito e d'imposizione personale) per i bisogni del Reich, però il suo uso era subordinato all'approvazione della Dieta. In questa erano ammesse anche tutte le città libere o imperiali. Era proclamata una “pace perpetua” proibendo la faida, l'autodifesa bellica privata; la sua applicazione era però attribuita a distretti o circoli del Reich, sminuendo di questo potere politico l'Impero. Un tribunale camerale del Reich veniva fondato come istanza suprema: era presieduto dal sovrano, ma i 16 assessori che lo componevano erano nominati dai ceti. Questa riforma – che era stata richiesta con insistenza assieme a quella della Chiesa – consolidava il particolarismo, rafforzando i principi, però offriva anche elementi per un'azione unitaria che Massimiliano I, e ancor più Carlo V, cercarono di realizzare sull'esempio delle monarchie di Francia, Spagna, Inghilterra. Questo momento istituzionale informò le lotte politico-religiose di Riforma e Controriforma, giacché esse non scaturivano soltanto dallo scontro religioso, dottrinale e chiesastico, ma rappresentavano pure il conflitto tra l'imperatore e gli Stati dell'Impero circa il controllo dell'Impero stesso, anzi per il predominio nel Reich. Nella guerra contro la lega protestante di Smalcalda Carlo V intese anche infrangere il potere dei ceti e perciò la Pace di Passavia (1552) significò il consolidamento del diritto territoriale dei principi, con l'inclusione dello ius reformandi, e la sconfitta quindi del principio unitario imperiale rispetto al particolarismo. I ceti si valsero dell'appello loro rivolto da Lutero nel 1520 perché riformassero la Chiesa al fine di consolidare il loro potere morale e amministrativo, sfidando anche le decisioni della Dieta di Worms che metteva al bando Lutero (1521) come eretico e, insieme, come perturbatore della pace. In maniera anche più radicale traevano partito dal moto di coscienze suscitato dalla sua predicazione i cavalieri, stringendosi in lega sotto la guida di von Hutten e di Sickingen per dare l'assalto a territori ecclesiastici. Ma venivano sconfitti da una lega dei grandi principi renani e con questo la piccola nobiltà veniva eliminata da un ruolo di protagonista nella Riforma tedesca (guerra dei cavalieri, 1522-23). Anche i contadini, insofferenti della servitù della gleba e in genere dei gravami feudali, dopo aver presentato “in nome del vangelo” nei 12 articoli di Memmingen le loro rivendicazioni economico-sociali, riuniti in bande, sotto l'insegna del rozzo sandalo contadinesco davano l'assalto a conventi e castelli, convinti per di più, con questo, di instaurare il regno di Dio riservato ai poveri, in spirito anabattista millenaristico. Ma, con l'approvazione dello stesso Lutero, la vasta rivolta divampata nella Germania del Sud veniva pur essa soffocata nel sangue da una lega di grandi signori laici ed ecclesiastici. Intanto s'era rafforzato anche in Germania il capitalismo. Grandi famiglie di mercanti e banchieri, come i Fugger e i Welser, ad Augusta, a Norimberga, a Ulma, valorizzando la produzione e il commercio di tessuti e come banchieri primariamente degli Asburgo, conquistarono una posizione quasi di monopolio nell'estrazione e nel commercio dei metalli nell'Europa del Sud-Est, facendo sentire il proprio influsso fino in Spagna, nei Paesi Bassi, nelle stesse colonie d'America. Con questo le città del Sud, come centri finanziari, superavano quelle del Nord collegate nella Hansa. Gli spostamenti economici e sociali determinati da codesto capitalismo urbano avevano avuto la loro parte nel provocare i moti sociali dei cavalieri e dei contadini generalmente collegati alla Riforma. Questa situazione e queste forze condizionavano l'intento di Carlo V di far rivivere con le forze unite dei suoi domini il Sacro Romano Impero come sistema politico-religioso in collaborazione con il papato. Intento che falliva per il vigore ormai acquistato in Germania e fuori dalle forze particolaristiche, nazionali e territoriali. Oltre le guerre politico-religiose di Germania anche quelle in Italia e sul Reno con la Francia e quelle contro i Turchi in Ungheria e nel Mediterraneo, contribuivano a far fallire la politica di Carlo V (1519-56) inducendolo a separare la corona di Germania da quella di Spagna. La pace religiosa di Augusta (1555), impostata sul cuius regio eius religio con le limitazioni del reservatum ecclesiasticum, non placò le tensioni. Anche in Germania si affermò una terza confessione accanto alla cattolica e luterana, quella calvinista, che si presentava anche come partito sotto la direzione del conte palatino e del margravio dell'Assia.

Storia: la crisi dell'Impero

I contrasti politico-religiosi nell'atmosfera della Controriforma si accentuarono tra ceti cattolici e ceti protestanti determinando la loro scissione nella Dieta, la formazione di un'unione protestante sotto la guida dell'elettore palatino e di una cattolica sotto quella del duca di Baviera (1608-09). Genesi e decorso della guerra dei Trent'anni (1618-48) ebbero luogo sullo sfondo di questo intreccio tra istanze politico-religiose e rivendicazioni istituzionali dei ceti; volta a volta erano in primo piano i conflitti confessionali, le tensioni sul piano europeo per i progetti egemonici degli Asburgo (donde l'intervento di Gustavo Adolfo e della Francia di Richelieu), ma non meno le opposte mire dei ceti e dell'imperatore circa la costituzione del Reich. Cristiano IV di Danimarca era intervenuto primariamente come principe dell'Impero, quale duca di Holstein e come capo del distretto della Bassa Sassonia. L'Editto di restituzione (1629) non rispondeva soltanto a sollecitazioni controriformistiche, ma pure all'intento di Ferdinando II di ristabilire il potere imperiale sui ceti. L'intervento francese si diresse più contro gli Asburgo di Spagna che a favore dei ceti protestanti, pur costituendo in conclusione un apporto dal di fuori alla struttura particolaristica del Reich, confermata nella Pace di Vestfalia(1648), con grosse redistribuzioni territoriali pure a favore della Francia (Alsazia) e della Svezia (Pomerania) I principi si erano assicurati una posizione di indipendenza di fronte a Impero e imperatore. D'allora in poi iniziava la “storia moderna” del Reich: essa si svolse nei singoli Stati territoriali, che attuarono nel loro seno le direttive assolutistiche dello Stato moderno allargando e accentrando la struttura amministrativa, inserendovi largamente (negli Stati protestanti, ma in buona misura anche in quelli cattolici) le istituzioni ecclesiastiche. In campo economico i principi applicarono il sistema mercantilista secondo il modello francese, valorizzando la nuova borghesia che si veniva formando. La guerra dei Trent'anni con i suoi disordini aveva accelerato il regresso dell'economia tedesca e, in essa, anche la fine della Hansa, non solo come potenza economica, ma anche come lega di città contro il rafforzarsi delle signorie territoriali. La prima guerra del Nord (1655-60) significò l'ascesa del Brandeburgo a potenza predominante nella Germania del Nord e il suo riconoscimento da parte di Svezia, Danimarca, Polonia. Gli Asburgo conservavano una funzione nel Reich, sia nella lotta contro i Turchi, assieme a Polonia e Venezia, sia nel costituire un argine all'espansione francese in grandi coalizioni che vedevano pure Stati tedeschi alleati di Luigi XIV.

Storia: l'assolutismo illuminato

La Germania nel sec. XVIII si presentava ormai come raggruppamento di Stati indipendenti con vigorosa coscienza e struttura autonoma. Così la storia della Germania divenne una vicenda di territori e principi con politica propria agganciata a quella europea. L'Austria umiliata nello spazio tedesco si rifaceva in Italia (Lombardia, Napoli, Toscana) e nei Balcani, tentando senza successo di inserirsi nel commercio coloniale con una propria società privilegiata ad Anversa (1722), riuscendo invece con il porto di Trieste. E anche Carlo VI fallì il rinnovato tentativo di reintegrare il prestigio imperiale sui principi. La Baviera alleandosi con la Francia cercò invano di elevarsi a regno. La Sassonia aumentò di prestigio con la corona polacca, gli Hannover con quella d'Inghilterra. La Prussia pure ebbe sempre più una storia europea, oltre che tedesca, nel gioco delle alleanze, nel rafforzamento dell'esercito, nell'organizzazione burocratica dello Stato, nell'allargamento territoriale sia nello spazio tedesco (Slesia) sia nella Polonia (guerra di successione austriaca, 1740-48; guerra dei Sette anni, 1756-63; spartizione della Polonia, 1773, 1793-95). Gli Stati tedeschi minori, impossibilitati a fare una politica indipendente, si allearono a più riprese con le potenze esterne (Francia, Inghilterra, Russia). Con la casa d'Austria stavano i territori ecclesiastici e le città dell'Ovest e del Sud-Ovest, bilanciandosi tra le rivalità di Austria e Baviera e sotto l'influsso francese. Solo in queste zone frazionate da molti piccoli territori erano vivi la coscienza e l'orgoglio d'appartenere al Reich, vedendo in questo una protezione, invero non sempre efficiente, nei riguardi dei più potenti vicini in espansione. Al tentativo dell'imperatore Giuseppe II di rafforzare la posizione della dignità imperiale e con essa quella della casa d'Asburgo con l'assorbimento della Baviera si contrappose una lega dei principi (1785) tra Prussia, Sassonia, Hannover che confermò la costituzione dell'Impero e le dinastie esistenti, compresa la Baviera con i Wittelsbach. Questi Stati minori avevano una vita interna assai varia: predominava l'assolutismo su basi religiose, sviluppando sull'esempio di Versailles la magnificenza delle corti, ispirando il governo a spirito paternalistico. Un buon numero di essi, sia laici sia ecclesiastici, nella seconda metà del sec. XVIII si aprì alle idee dell'assolutismo illuminato, sul modello austriaco o su quello prussiano. Questo illuminismo tedesco era di una minoranza, ma attiva, in cui figuravano dotti, membri dell'alta borghesia e dell'alto clero, singoli principi, notabili di talune città imperiali (Amburgo, Francoforte) e di nuovi centri culturali come Berlino, Königsberg, Lipsia. Qui si affermarono le idee politiche ed economiche dell'Illuminismo, tra cui la fisiocrazia contro il mercantilismo. Con il suo richiamo alla ragione poi, l'Illuminismo tedesco contestò la Chiesa di Stato, in questo incontrandosi con il pietismo che invece si appellava all'esperienza personale dell'incontro con il Cristo per togliere valore all'istituzione ecclesiastica, di cui il principe era tutore. Illuminismo e pietismo, inoltre, si affiancarono in Germania in progetti e avviamenti intesi a superare la divisione religiosa, in una veduta universalistica delle religioni. L'assolutismo illuminato agì comunque come forza innovatrice anche nei più piccoli territori, facendo del principe in linea di principio il “servitore dello Stato”, che doveva curare il benessere dei sudditi. Negli Stati di Germania prevalse sempre la nobiltà, che teneva posti-chiave nella burocrazia e nell'esercito. La borghesia, favorita dalla politica mercantilista, era ascesa nella scala sociale e finanziaria, pur trovando sempre ostacoli alle funzioni più alte. I ceti della campagna, ridotti in condizioni assai tristi agli inizi del sec. XVIII, ottennero miglioramenti sociali sotto i principi illuminati. La Rivoluzione francese investì presto, con le sue forze politiche e con i suoi eserciti, anche la Germania, con ripercussioni territoriali che videro (1792-95) l'annessione alla Francia dei territori sulla sinistra del Reno.

Storia: dal periodo napoleonico al 1848

Nel periodo napoleonico, non solo gran parte della Germania direttamente o indirettamente venne ridotta sotto la dominazione francese, ma tutto l'ordinamento politico e sociale di Germania subì un mutamento radicale. I principati ecclesiastici vennero secolarizzati, le città imperiali “mediatizzate” (cioè ridotte sotto la sovranità d'un principe), un gruppo degli Stati del centro si collegò nella Confederazione renana sotto il protettorato di Napoleone (1806). La Baviera e il Württemberg erano invece divenuti regni con aumenti territoriali a spese dell'Austria. Francesco II, dal 1804 imperatore d'Austria, deponeva nel 1806 la dignità di imperatore tedesco e si staccava con i suoi territori dal Reich. La Prussia, umiliata dalla sconfitta, nella Pace di Tilsit (1807) venne ridotta a uno Stato cuscinetto verso la Russia, al di là dell'Elba. Gli ordinamenti giuridici e amministrativi francesi s'imponevano negli Stati tedeschi e primariamente l'uguaglianza giuridica dei cittadini, il che facilitò agli Stati l'annessione dei loro nuovi territori. La progressiva introduzione negli Stati del codice civile napoleonico li avviò al superamento delle molte differenze nel diritto e nell'amministrazione. L'affrancazione dei contadini, decisa in Prussia nel 1807 in modo autonomo, pur ristretta a un territorio mutilato, segnò una tappa nella storia della Germania contemporanea. Nonostante gli effetti benefici, però, in Germania, a cominciare dalla Prussia, si avvertì che il sistema giuridico-politico napoleonico era uno strumento dell'egemonia francese e questo costituì un momento fondamentale della coscienza nazionale tedesca (Fichte, Herder, Arndt, Goethe). Nella sollevazione politica contro Napoleone si ebbe l'incontro di direttive dall'alto (dei gabinetti) con un movimento popolare, di cui la Prussia assunse la guida. Nella sollevazione, specie nel Sud e nell'Ovest, confluirono così molteplici forze e direttive: la volontà di liberazione dallo straniero si combinò con l'aspirazione alla libertà politica e sociale all'interno. In questa lotta contro Napoleone si delineava pertanto un'alleanza, sia pur temporanea, fra tradizioni dinastiche e correnti progressiste. Sconfitto Napoleone, diventavano impossibili tanto il ritorno al particolarismo del 1789 quanto la fondazione di uno Stato nazionale unitario. Nella stessa guerra di liberazione era perdurato il dualismo tra l'Austria, che con Metternich aveva tenuto la direzione dell'iniziativa diplomatica (tra l'altro garantendo ai principi della Lega Renana i possessi conquistati), e la Prussia, che aveva ispirato la strategia sul piano militare. La reazione antinapoleonica s'esprimeva anche nel romanticismo con un duplice volto, uno reazionario e uno liberale. Pure le forze conservatrici si fecero forti di ideologie che trovarono espressione nel trattato della Santa Alleanza: la stessa filosofia di Hegel offriva giustificazioni alle direttive conservatrici dello Stato prussiano. Al posto dell'antico Reich, il Congresso di Vienna (1815) riconosceva una Confederazione germanica con 35 principi e 4 città libere, sotto la presidenza dell'Austria . Organo supremo confederale era, oltre l'assemblea plenaria (Dieta), con sede a Francoforte sul Meno, il Congresso permanente di 17 delegati; l'esercito era costituito di contingenti dei singoli Stati. L'ambito territoriale della Confederazione era quello del Regno di Germania storico, che lasciava fuori notevoli territori sia degli Hohenzollern sia di casa d'Austria. Sul piano confederale le esigenze liberali e nazionali-unitarie della borghesia erano state così eluse; però alcuni principi, sotto l'influsso di personalità della cultura e per certe velleità innovatrici, avevano concesso costituzioni di tipo inglese (Sassonia-Weimar, Baviera, Baden, Württemberg), conservando inoltre molte istituzioni introdotte dai Francesi, tra l'altro la secolarizzazione dei beni ecclesiastici. Le forze liberalnazionali rideste non accettavano neppure il ritorno prussiano a un dispotismo illuminato; si svilupparono nelle società segrete (le Burschenschaften studentesche, la Giovane Germania, i movimenti filoellenici e filopolacchi), provocando dalla Conferenza di Karlsbad, ispiratore Metternich, l'istituzione d'una censura confederale su libri e giornali, il divieto delle società ginnastiche, la creazione a Magonza d'un ufficio investigativo centrale (1819). Tali inquietudini si riaccesero per le suggestioni delle rivoluzioni europee del 1830, ottenendo, in taluni Stati, costituzioni più liberali sul modello belga: così tra il 1830 e il 1848 si formarono in Germania i futuri partiti. I liberali si scissero in due correnti, l'una moderata che guardava all'Inghilterra, l'altra più radicale, “democratica”, influenzata dalle idee e dagli esempi francesi. Nel 1848 si presentò organizzato anche un partito cattolico. La rivoluzione del febbraio a Parigi riaccese gli animi di liberal-nazionali e democratici in vista insieme di istituzioni liberali generalizzate e di un governo nazionale comune. Già alla fine del marzo 1848 ca. 600 notabili, in gran parte degli Stati del Sud, si riunivano a Francoforte in un “Parlamento preliminare” di tutta la Germania. Nel frattempo il sovrano di Prussia, impressionato dagli scontri tra polizia e dimostranti, aveva concesso la guardia civica e convocato un'assemblea “nazionale” prussiana. Il 18 maggio 1848 nella chiesa di S. Paolo si apriva pertanto un Parlamento nazionale tedesco a base elettiva con il compito di stabilire una Costituzione del Reich germanico. Ma ben presto i 550 deputati si trovarono divisi sulla sua natura e sulle modalità della sua instaurazione: ci si accordò solo sulla costituzione di un potere esecutivo centrale e sulla nomina di un arciduca cadetto d'Asburgo a “vicario imperiale”. Se l'assemblea aveva potuto delineare con facilità i diritti fondamentali del cittadino, grosse divergenze si presentavano circa la struttura da dare al nuovo Stato nazionale tedesco: qui si scontravano i fautori di una “Grande Germania”, includente l'Austria, e i sostenitori di una “Piccola Germania”, ristretta ai territori già legati dall'unione doganale del 1834, con il consolidamento dell'egemonia prussiana e a impronta decisamente protestante.

Storia: dal 1849 alla proclamazione del II Reich

I tumulti di Sassonia e della Germania del Sud-Ovest del maggio 1849, promossi da democratici, repubblicani e dai primi socialisti, ridestando il ricordo di quelli di Berlino e di Vienna del 1848, spingevano la borghesia ad allearsi con le vecchie forze conservatrici; queste, ripreso il potere in Prussia e in Austria, esautoravano ben presto il Parlamento di Francoforte e la sua Costituzione; il governo che esso aveva formato perdeva il riconoscimento da parte della gran parte delle potenze estere. Riemergevano così nella Confederazione germanica restaurata tre Germanie: la sudoccidentale, frammentata ma consapevole d'una comune cultura europea; l'Austria, Stato per conto proprio plurinazionale; la Prussia con una tradizione di disciplina e di efficienza militare. Intanto la borghesia delusa dalla politica volgeva le sue maggiori energie all'attività economica. La rivoluzione industriale infatti faceva rapidi passi anche in Germania, pure con l'apporto di capitali inglesi e belgi. Le industrie, specie quelle tessili e quelle metallurgiche di Renania, Sassonia, Slesia, si rifacevano della concorrenza inglese, aiutate in questo dall'unione doganale avviata dalla Prussia e via via estesasi a tutti gli altri Stati (esclusa l'Austria), dalla politica protezionista nonché dalla rete ferroviaria in rapida espansione. Proprio negli anni tra il 1850 e il 1873 l'industria tedesca realizzava il suo decollo a servizio pure dei piani di potenza perseguiti da Bismarck. L'industrializzazione, con tutte le sue conseguenze sociali, favoriva anche in Germania il sorgere di un'organizzazione operaia che, sul piano politico, verso il 1860 venne staccandosi dalla piccola borghesia. Nasceva così con l'Associazione generale degli operai tedeschi, il partito operaio che più tardi si fuse con le correnti più apertamente legate al Manifesto dei comunisti di Marx. Il dualismo tra Prussia e Austria si accentuava nei progetti di riforma del Reich, nelle rivalità e diffidenze della politica interna ed estera, nella difficile amministrazione comune dei Ducati danesi, fino a esplodere in guerra aperta nel 1866. Il cancelliere di Prussia, Ottone di Bismarck, raggiungeva l'intento della piena parità con l'Austria umiliando militarmente casa d'Austria e i suoi alleati tedeschi (tra cui la Baviera), escludendola (Pace di Praga, agosto 1866) dalla Germania politica, creando una nuova Confederazione germanica a cui aderirono gli Stati tedeschi a nord del Meno sotto la presidenza della Prussia. Ne rimanevano fuori taluni Stati del Sud che si avviavano però a organizzarsi in modo analogo collegandosi con la Confederazione del Nord. Bismarck, usando le ideologie del secolo (costituzionalismo, liberalismo, nazionalità, progresso sociale) in funzione della ragion di Stato prussiana, portava a compimento insieme l'unità tedesca sotto la Prussia e l'affermazione del Reich, riorganizzato con la guerra alla Francia, la sconfitta del Secondo Impero e la pace imposta alla Terza Repubblica (1870-71). Sfruttando l'esaltazione nazionale per la vittoria e la pressione dell'opinione pubblica sulle dinastie riluttanti degli Stati del Sud, otteneva, con la concessione di larghe autonomie, la loro adesione alla Confederazione del Nord che così assumeva carattere unitario. Proprio il re di Baviera proponeva per il re di Prussia il titolo di imperatore di Germania.

Storia: l'apogeo di Bismarck e la prima guerra mondiale

Il 18 gennaio 1871 a Versailles veniva proclamato il Secondo Reich. Esso aveva un'estensione di 544.000 km² e una popolazione di 41 milioni di abitanti, destinati a salire nel 1910 a 65 milioni. L'autorità decisiva in esso era il Consiglio dell'Impero, espressione dei governi degli Stati. Il Reichstag rappresentava l'istanza dal basso, ma con scarsi poteri di iniziativa. Bismarck ne diresse la politica fino al 1890, manovrando i partiti e le forze economiche. Dapprima svolse una politica economica libero-scambista con il sostegno dei liberal-nazionali, ma con misure repressive nei riguardi delle forze interne ritenute avverse e pericolose per il Reich. Tali erano considerati i cattolici fedeli al papa, dichiarato infallibile nel Concilio Vaticano I, e malvisti per le loro rivendicazioni di parità nello Stato luterano. Tali erano considerati pure i socialisti per il loro programma marxista, per le organizzazioni operaie promosse, per le rivendicazioni avanzate e le agitazioni ispirate. Per cattolici e socialisti venivano pubblicate misure di emergenza che sospendevano la libertà di stampa, di riunione e di associazione. Ma le leggi antisocialiste fallirono lo scopo, anche se nel contempo Bismarck cercava di svuotare l'opposizione socialista con un'avanzata legislazione sociale, che rispondeva d'altra parte al forte incremento dell'industrializzazione. In una seconda fase, egli si avvicinò ai conservatori con la proposta di misure protezionistiche, recesse dal Kulturkampf contro i cattolici, rinunziando dal 1878 alle leggi antiecclesiastiche del maggio 1873, appoggiò la formazione di colonie tedesche in Africa (1883-85). La politica estera del nuovo Reich era indirizzata con la Duplice e la Triplice Alleanza alla conservazione dello statu quo in Europa. Un nuovo corso veniva avviato con l'ascesa al trono prussiano, e quindi alla direzione dell'Impero, di Guglielmo II. Geloso del prestigio di Bismarck, ne provocò le dimissioni. Ciò segnava il passaggio della Germania a una politica mondiale con l'attivazione dell'economia interna e con la penetrazione tedesca in Europa, nel Vicino Oriente, nei Balcani. Questa politica da grande potenza sia sul piano economico-commerciale sia su quello diplomatico e navale-militare, ispirata da personalità dell'esercito e della grande industria, portava però a nuove crisi economiche, simili a quelle del 1873 (fallimenti di banche, di grandi imprese impegnate in lavori pubblici, aumento dei prezzi nei generi di prima necessità), che avevano larghe ripercussioni sfavorevoli sull'opinione pubblica. Il cancelliere von Bülow (1900-1909) cercò di mitigare il malcontento con concessioni agli agrari, con sovvenzioni alle imprese in crisi, sviluppò la legislazione sociale, senza però rinunciare alle spese militari. Il Reichstag del 1912 annoverava ben 110 socialdemocratici, però (cancelliere Bethmann-Hollweg, 1909-17), sia pur con critiche e riserve, approvò l'ulteriore sviluppo degli armamenti terrestri e navali e le imposte per provvedervi. Lo sviluppo industriale aveva assicurato una posizione di forza anche politica alla borghesia con l'espansione del credito bancario, del commercio interno e internazionale, ma anch'essa, come l'alta cultura, veniva conquistata dalle idee pangermanistiche a cui solo fiaccamente resisteva l'internazionalismo dei socialisti. Nel contempo era sostanzialmente fallita la politica di germanizzazione della Polonia prussiana e quella di assimilazione dell'Alsazia-Lorena, che venivano perciò a costituire problemi aperti anche in politica estera. La Germania guglielmina così avviata a una politica estera attiva provocava crisi o aggravava le tensioni con le sue esigenze per i Balcani (1908-1909) e per il Marocco (1905 e 1911), senza riuscire ad assicurarsi nuovi solidi accordi. Lo Stato Maggiore tedesco aveva preparato piani per un conflitto a ovest con la Francia e a est con la Russia e gli armamenti terrestri e navali erano ritenuti adeguati alla prova bellica spesso minacciata. La Germania entrava nella guerra 1914-18 per solidarietà con l'Austria-Ungheria, e per il gioco delle contrapposte alleanze si trovava a fronteggiare Francia, Inghilterra, Russia in condizioni logistico-strategiche superiori che le permettevano di portare presto il fronte al di là delle proprie frontiere sia a ovest sia a est, assicurandosi inoltre l'alleanza della Turchia e, più tardi, della Bulgaria, mantenendo la direzione strategica della Quadruplice e cercando di trattenere l'Italia nella neutralità. La guerra di posizione (che già nel 1915 arrestava la guerra di movimento in Europa) trasformava il conflitto in un'operazione di logoramento di uomini, mezzi, risorse che metteva in crisi la vita interna e l'apparato bellico. La guerra sottomarina aveva l'effetto negativo dell'intervento degli Stati Uniti, il che rimediava al cedimento della Russia (1917-18) entrata in crisi rivoluzionaria (Pace di Brest-Litovsk, marzo 1918). Cerchie tedesche di cattolici e socialisti sollecitarono la pace, ma il governo del Reich non era disposto a fare le concessioni richieste dall'altra parte; anche nei riguardi delle proposte di Benedetto XV (aprile 1917) si pronunziava elusivamente, pur sollecitato dal nuovo imperatore d'Austria che non riusciva a dominare il movimento centrifugo delle nazionalità slave, polacche, italiane.

Storia: il primo dopoguerra

Dopo la Turchia, la Bulgaria, l'Austria-Ungheria anche la Germania fu costretta a chiedere l'armistizio (novembre 1918). Lo chiedeva sulla base dei 14 punti di Wilson e riusciva a ottenerlo con l'esercito ancora in ordine e in territorio occupato, ma con il Paese già in sommovimento. Le condizioni di tale armistizio, confermate nel Trattato di Versailles (28 giugno 1919) imponevano alla Germania rinunzie territoriali (Alsazia-Lorena, Posnania, il “corridoio polacco”, le colonie), una limitazione quantitativa dell'esercito (100.000 uomini a reclutamento volontario) e qualitativa (né aviazione né artiglieria pesante né flotta da guerra), cessione dei beni tedeschi all'estero, consegna di attrezzature, di quote della produzione e dell'allevamento a titolo di riparazioni di guerra, per un ammontare da definire; in più l'esplicito riconoscimento della responsabilità tedesca nel provocare la guerra, la consegna dei “criminali di guerra”, compreso il Kaiser (che era però riparato in Olanda), e la rinunzia agli accordi di Brest-Litovsk. Come pegno dell'esecuzione del trattato, la Germania doveva accettare l'occupazione della Renania. Il governo repubblicano che aveva sottoscritto il trattato, costituito da socialisti di Sinistra, da socialdemocratici e dal Centro cattolico, aveva dovuto soffocare la rivolta comunista degli spartachisti di Berlino (Rosa Luxemburg, gennaio 1919) e reprimere la repubblica bolscevica di Monaco di Baviera (aprile 1919) e altri moti di analoga ispirazione nella Ruhr e nella Vestfalia. La Costituzione che la nuova Repubblica si dava a Weimar (luglio 1919), con richiamo a quella del 1849, era impostata sull'autonomia degli Stati (Länder), quelli stessi dell'ex Reich, sul suffragio universale, comprese le donne, anche nei singoli Länder, su un'avanzata legislazione sociale, tra cui la giornata lavorativa di otto ore. La Repubblica detta di Weimar aveva però la vita difficile: le sue strutture democratiche erano state accettate dalla vecchia classe dirigente a malincuore solo con la speranza di ottenere un trattamento più mite dai vincitori. Le dure clausole territoriali ed economiche, invece, avevano diffuso irritazione, facendo presto attribuire al “sistema di Weimar” il cedimento di fronte ai vincitori e le molteplici conseguenze della guerra, tra cui la svalutazione che nel 1923 annullava la posizione economica del ceto medio. Così nella burocrazia e nell'esercito si radicava un'avversione a tale sistema e ai partiti che lo rappresentavano. La Repubblica riusciva tuttavia a fronteggiare i tentativi insurrezionali di destra (Putsch di Kapp a Berlino del 1920, quello di Hitler a Monaco del 1923) e di sinistra. La stabilizzazione del marco alla fine del 1923 rappresentò insieme un consolidamento del regime e dell'economia. Le elezioni fino al 1928 assicurarono la maggioranza ai partiti democratici. La politica estera era di conciliazione: sotto la guida di Stresemann vennero ristabiliti rapporti di fiducia con la Francia che portarono al Trattato di Locarno (1925), in seguito al quale la Germania era ammessa alla Società delle Nazioni (1926); vennero riprese relazioni politiche, economiche e militari con l'Unione Sovietica, in seguito al Trattato di Rapallo del 1922; altrettanto avveniva con gli Stati Uniti, che con il piano Dawes e con i loro apporti di capitale contribuirono a ridurre le riparazioni e insieme svilupparono l'economia tedesca. Ciò permise alla Germania di ampliare iniziative sociali nell'edilizia, nelle assicurazioni, nell'istruzione: in tale atmosfera si ravvivavano le arti vecchie e nuove, le scienze, il pensiero filosofico e teologico restituendo prestigio anche internazionale alla Germania. Questa rifioritura era presto travolta dalla gravissima crisi internazionale del 1929 che, partita dagli Stati Uniti, si propagò in Europa e particolarmente in Germania. Qui per il ritiro dei capitali esteri si fece sentire a ritmo crescente la disoccupazione, che arrivò a colpire sei milioni di individui e che ebbe i suoi riflessi in tutti i ceti.

Storia: il nazismo

È in questa atmosfera che fece progressi il Partito nazionalsocialista di Germania che da formazione di destra non rilevante con 12 deputati nelle elezioni del 1928 se ne assicurava ben 107 in quelle del 1930. Hitler ne era l'agitatore, A. Rosenberg l'ideologo con il mito della razza ariana. La sua propaganda toccava tutti i motivi di insoddisfazione, sia economici sia politici: a molti elettori il programma nazista parve offrire insieme la soluzione dei problemi nazionali e di quelli sociali con il richiamo della comunità nazionale nel ripudio della lotta di classe. Così nelle elezioni del luglio 1932 i nazisti ottenevano 230 seggi su 609; unendosi ai comunisti potevano far cadere ogni governo, e questo si reggeva ormai in virtù dei poteri di emergenza del presidente Hindenburg, confermato alla carica in quell'anno contro la candidatura di Hitler. Le propensioni a una riforma costituzionale in senso autoritario dei partiti borghesi, portavoce della grande industria e della proprietà agraria, aiutarono Hitler a giungere al cancellierato, con la convinzione di poterlo controllare in un governo di coalizione nazionale (30 gennaio 1933). Neppure nelle elezioni del marzo 1933 il Partito nazista otteneva la maggioranza e anche per questo persisteva nelle violenze. Queste si combinavano rapidamente con le disposizioni del governo centrale e di quelli dei Länder per sottomettere all'ideologia divenuta Stato partiti e organizzazioni, eliminandoli o trasformandoli in strumenti di potere. I Länder persero nel sostanziale accentramento ogni autonomia; i sindacati sia degli operai sia degli imprenditori furoni fusi in un “fronte del lavoro” addomesticato. I partiti vennero sciolti o si sciolsero; la stampa fu posta sotto controllo, come pure le organizzazioni giovanili, quelle di assistenza, la cultura e la scuola. Il controllo penetrava nelle stesse Chiese: in quella evangelica attraverso un partito di tedesco-cristiani, nella Chiesa cattolica attraverso clausole, invero contestate, del concordato concluso nel luglio 1933 con la Santa Sede. Nel 1934 Hitler, quale Führer (duce), epurava il partito degli elementi di sinistra riottosi, anche per ingraziarsi le forze armate. Divenuto capo della Reichswehr, in quello stesso anno, alla morte del maresciallo Hindenburg, il Führer assumeva anche la carica di capo dello Stato, facendo legalizzare l'innovazione costituzionale con un plebiscito (agosto 1934). Sul piano interno il nuovo regime risollevava il Paese dalla crisi con crediti all'industria e all'agricoltura e grandi lavori pubblici; ma queste misure, coordinate in piani quadriennali, erano pensate in funzione autarchica e volte ad accrescere la potenza militare del Paese. Nella politica estera l'intento dichiarato era la riconquista della “libertà e parità tedesca” contro le disposizioni di Versailles. Già nel 1933 la Germania si ritirava dalla conferenza del disarmo e dalla stessa Società delle Nazioni; nel 1935, annessa la Saar col 91% dei voti, veniva ristabilito il servizio militare obbligatorio. Il revisionismo tedesco nel 1935 aveva il sopravvento sul “fronte di Stresa” e si rafforzava con l'alleanza con il fascismo italiano, impegnandosi con esso nella guerra civile di Spagna (1936-39) e con il militarismo nipponico in Asia, sotto l'insegna di un patto Anticomintern, ma in realtà di “spazi vitali” rivendicati. Assieme all'apparato bellico si organizzava quello ideologico-amministrativo, impegnato ad assicurare la purezza della razza eliminando ogni elemento non ariano dall'insegnamento e dalla vita culturale, escludendo gli Ebrei da ogni professione come stranieri. La dottrina della razza quale fondamento di Stato e società veniva confermata con applicazioni pratiche della sterilizzazione dei colpiti da malattie ereditarie, la soppressione degli inguaribili, le case di genetica razziale e simili. Le tappe della revisione del Trattato di Versailles si succedevano con il richiamo all'esigenza di una Grande Germania che accogliesse tutti i tedeschi. Nel 1938 c'era l'annessione dell'Austria in seguito a pressioni dall'esterno e a intrighi all'interno; nello stesso anno a una conferenza di Monaco, ispirata alla distensione, il Terzo Reich otteneva il territorio cecoslovacco dei Sudeti tedeschi (settembre), ma insieme provocava una crisi di fiducia nelle garanzie degli Stati occidentali e la diffidenza nei loro riguardi dell'Unione Sovietica. Nel marzo 1939 l'intera Cecoslovacchia era ridotta nel quadro del Reich come Protettorato di Boemia e Moravia; nello stesso mese anche Memel, in Lituania, era occupata dai tedeschi.

Storia: la seconda guerra mondiale

Nell'estate era la volta della Polonia, già legata dal 1934 al Reich da un patto di non-aggressione; le si chiedeva la restituzione della Prussia occidentale, costituente il “corridoio polacco” al mare. Questa volta però Francia e Inghilterra intervenivano: il pericolo d'una guerra su due fronti era evitato dalla Germania con un accordo con l'Unione Sovietica di spartizione della Polonia e di mano libera all'URSS nel Baltico (agosto 1939). La “guerra lampo” eliminava lo Stato polacco senza che gli alleati potessero impedirlo. Per prevenire un'azione alleata, nell'aprile 1940 forze tedesche occupavano la Danimarca e la Norvegia creando in questa un governo di comodo. Nel maggio del 1940 si scatenava l'offensiva a occidente che, travolti in poche settimane Belgio e Paesi Bassi, puntava all'accerchiamento delle armate inglese e francese nella Francia invasa da Parigi al mare. Il governo francese entrava in crisi e un nuovo ministero, presieduto dal maresciallo Pétain – un avversario della democrazia, partecipe di idee antisemitiche – chiedeva e otteneva da Hitler un armistizio, che riservava alla Francia un territorio non occupato, colonie comprese. Quale controparte Hitler però si assicurava da codesto governo di Vichy l'adesione ai piani tedesco-nazisti di un'Europa con regimi autoritari sotto l'egemonia tedesca. Con i successi in Francia la Germania otteneva anche l'intervento dell'Italia nella guerra, che così si estendeva a sud e in Africa. Nei riguardi della Gran Bretagna non riuscì a Hitler né di far accettare le profferte di pace con un accordo egemonico, né l'invasione dell'isola e neppure l'affamamento mediante la guerra sottomarina e aerea. Invece la Germania estendeva il suo impegno bellico nei Balcani in Romania, poi in Grecia, quindi in Iugoslavia, fiancheggiando nel Mediterraneo le forze italiane in difficoltà. Questo però suscitava le diffidenze dell'URSS, difficilmente dissipate. Per questo e per il riemergere nel Terzo Reich della spinta all'Est, la Germania attaccava anche l'Unione Sovietica (giugno 1941) con l'idea di imporre anche a essa, con una penetrazione-lampo, una resa rapida com'era avvenuto con la Francia. E infatti la penetrazione dei mezzi corazzati era profonda, fin sotto Leningrado e Mosca e oltre il Don. Ma ad assistere l'Unione Sovietica intervenivano Gran Bretagna e, poco più tardi, gli Stati Uniti attaccati dal Giappone, alleato dei tedeschi. Questo intervento contribuiva alla resistenza sovietica anche di fronte alla nuova offensiva tedesca del 1942 dal Baltico al Mar Nero, al Caucaso, al Volga, con successi vistosi, ma non risolutivi. La Germania riusciva tra il 1941 e il 1944 a organizzare in funzione delle sue ideologie e dei suoi interessi l'Europa occupata, requisendo i beni che oltrepassassero le esigenze elementari di vita, trasferendo in Germania manodopera, facendo razzie di Ebrei destinati alla soppressione, organizzando polizie spietate con l'appoggio di elementi locali contro i gruppi di resistenza, che popolarono sempre più numerosi i campi di concentramento in aggiunta ai prigionieri deportati. Ma già dalla fine del 1942 le sorti della guerra mutavano con l'attacco concentrico da Sud prima, ritardato militarmente da un fronte italiano e politicamente dalla reintegrazione del fascismo sotto l'insegna anticapitalistica e antimonarchica (Repubblica sociale italiana), poi da Est con la gigantesca controffensiva russa che si estendeva ai Balcani, e dal giugno 1944 da Ovest con la testa di ponte della Normandia. La guerra passò sul suolo tedesco provato già dai bombardamenti. Ma la Germania nazista resisteva con l'illusione delle nuove armi V 1 e V 2 di “rappresaglia” e la sua compattezza non veniva incrinata neppure dall'attentato a Hitler (20 luglio 1944) organizzato da generali e alti funzionari d'accordo con l'opposizione politica e religioso-morale. Esso falliva e offriva motivo di crudeli esecuzioni. Ma erano ora i capi nazisti a fare sondaggi per una pace separata, con il risultato di irrigidire gli Alleati nella richiesta della capitolazione senza condizioni. La gigantesca tenaglia attorno ai resti delle armate tedesche si chiudeva con l'incontro di Statunitensi da Ovest e di Sovietici da Est a Torgau sull'Elba (25 aprile 1945). Intanto i comandi delle forze d'Italia e quelli del settore Nord si arrendevano rispettivamente agli Statunitensi e agli Inglesi. S'era costituito, secondo le indicazioni del Führer suicida a Berlino, un governo Doenitz per chiedere l'armistizio: gli Alleati però non l'avevano riconosciuto. A Berlino aveva luogo la capitolazione definitiva da parte dell'alto comando tedesco, rappresentato da Keitel, nelle mani degli alti comandi alleati, Eisenhower per gli Stati Uniti, Tedder per la Gran Bretagna, Žukov per l'Unione Sovietica, de Lattre de Tassigny per la Francia (7-8 maggio 1945). Il destino della Germania era ormai nelle mani dei vincitori come il territorio da essi integralmente occupato. I poteri già del governo tedesco erano trasferiti a un Consiglio di controllo con sede a Berlino, costituito da rappresentanti delle quattro potenze occupanti e precisamente dell'Unione Sovietica per la zona a Oriente fino alla linea Lubecca-Eisenach; degli Stati Uniti, che tenevano il Sud-Ovest; dell'Inghilterra insediata nel Nord-Ovest; della Francia, ritornata sulla sinistra del Reno fino a Bonn, sulla destra fino a Colonia, nella Selva Nera fino a Costanza e Ulma (5 giugno). Queste decisioni erano confermate e rafforzate in spirito punitivo dalla Conferenza di Potsdam (luglio-agosto 1945).

Storia: il dopoguerra e la spartizione della Germania

L'amministrazione dei vincitori doveva epurare dalle idee naziste persone, istituzioni, libri, applicare rigorosamente il disarmo, contenere l'industria in limiti ristretti, organizzare i prelevamenti di beni in conto riparazioni. Frontiere provvisorie attribuivano la Prussia orientale all'Unione Sovietica, la Slesia e la zona fino all'Oder, compresa Stettino, alla Polonia restaurata. Da queste regioni affluivano a milioni in Occidente i profughi e gli espulsi, senza mezzi, aggravando le difficoltà delle popolazioni già provate dalla scarsità di abitazioni e viveri. La denazificazione era attuata in modo radicale mettendo in crisi il funzionamento di scuole, pubblici uffici, aziende, fabbriche. Essa aveva il suo momento culminante e spettacolare nel processo di Norimberga ai criminali di guerra, cioè ai capi delle organizzazioni naziste considerate criminali (Gestapo, SS, Todt ecc.) e ai membri dei governi di Hitler. Nella zona sovietica era applicata con la scoperta finalità di collettivizzare proprietà agrarie, banche, aziende, mentre in Occidente ci si era limitati a mettere sotto sequestro le officine Krupp e le miniere della Saar, a spezzare i trusts delle grandi industrie siderurgiche, meccaniche, chimiche. Nel contempo partiti democratici antinazisti ottenevano l'autorizzazione a ricostituirsi: dapprima fin dal luglio 1945 nella zona russa, uniti però in un blocco antifascista diretto dai comunisti; poi anche nelle zone inglese e americana con preferenze per i socialdemocratici; infine nel dicembre 1945 in quella francese, con preferenze per le correnti cristiano-democratiche. Così si delineavano orientamenti diversi nelle diverse zone, mentre ai partiti ammessi era fatto maggior posto nell'amministrazione, anche con il ricorso a elezioni. I vincitori si venivano così trasformando in forze amiche e alleate. Però la proposta statunitense (luglio 1946) di stabilire un'unità economica tra le quattro zone era stata rifiutata dall'Unione Sovietica e dalla Francia. Nel gennaio 1947 tuttavia si unificavano le due zone statunitense e inglese: veniva creato un Consiglio economico bizonale a base elettiva e nel luglio, sempre nella bizona, un Comitato esecutivo tedesco sotto il quale la Germania Occidentale veniva ammessa ai benefici del piano Marshall di ricostruzione dell'Europa, che l'Unione Sovietica aveva rifiutato. In contrapposto i Sovietici avevano costituito nella loro zona un'analoga commissione, essa pure abbozzo di un Congresso del popolo tedesco convocato per il dicembre 1947. Intanto una Dieta della Saar aveva deciso l'unione economica con la Francia. Ai nuovi organismi unitari di cooperazione tra le tre zone anglo-americane e francese, il 19 marzo 1948 l'URSS rispondeva ritirando i propri rappresentanti dalla Commissione interalleata di controllo di Berlino, mettendo così fine all'amministrazione quadripartita della Germania. Il distacco delle due Germanie si accentuava: le vie d'accesso a Berlino venivano ridotte, nel loro settore i Sovietici organizzavano una polizia tedesca militarizzata; una riforma monetaria stabilizzava il marco occidentale, che a Berlino rivelava la propria superiorità su quello orientale, pure riformato dall'URSS; un'assemblea di rappresentanti dei Länder occidentali si riuniva per dare una Costituzione alla Germania. In contrapposto, all'Est, pure un Consiglio del popolo elaborava una Costituzione per tutta la Germania: questo mentre si svolgeva la prova di forza del blocco di Berlino, che veniva abbandonata nel maggio 1949 dopo 11 mesi. La “legge fondamentale della Repubblica Federale di Germania”, elaborata sotto l'influsso del leader democratico-cristiano Konrad Adenauer, intendeva evitare le esperienze negative di quella di Weimar. Non venivano più previsti referendum popolari, né elezione diretta del presidente, né poteri di emergenza per quest'ultimo, né un suo potere di scioglimento della Dieta. Per impedire rovesciamenti di governo da parte di opposizioni inorganiche era consentito solo un “voto costruttivo di sfiducia”, cioè l'elezione d'un nuovo governo. I partiti politici sarebbero stati ammessi solo se avessero riconosciuto l'ordine democratico (sotto Adenauer fu dichiarato illegale il Partito comunista) e contro la formazione artificiosa di partiti era richiesto un quorum del 5% dei suffragi in una circoscrizione perché i voti potessero sommarsi e dar luogo a una rappresentanza nella Dieta. I Länder erano ricostituiti ed era loro assicurato un maggiore influsso attraverso un Consiglio federale (Bundesrat) di loro rappresentanti. Questi Länder erano ben diversi da quelli del 1871 e del 1919: era sparita la Prussia, erano creazioni nuove la Renania-Vestfalia e la Bassa Sassonia, includente l'Hannover. Codesta Repubblica Federale contava però 47.500.000 ab. (8 milioni in più rispetto al 1939), escludeva i territori annessi alla Polonia ovvero occupati dall'Unione Sovietica (un terzo del vecchio Reich) e la stessa capitale Berlino. Nei Länder poi v'erano maggioranze diverse, socialdemocratica negli uni, cristiano-democratica in altri. Nel settembre 1949 era eletto dalla Dieta federale il presidente della Repubblica nella persona di uno storico liberale, Theodor Heuss; egli a sua volta proponeva come cancelliere Adenauer, che formava un governo di coalizione della CDU con i liberali e con i cattolici bavaresi. Mentre gli Alleati continuavano a riservarsi la competenza circa armamenti, riparazioni, smantellamento dei cartelli industriali, politica estera, i maggiori partiti si impegnavano in sostanziale solidarietà democratica nel ravvivamento dell'economia. Si provvedeva con finanziamenti pubblici al reinserimento dei profughi dall'Est nel Paese; la disoccupazione, aggravata dall'affluire di questi profughi, era affrontata con misure sociali e con aiuti di fondi internazionali. La Germania Occidentale faceva un altro passo rilevante verso la propria reintegrazione come Stato sovrano nel 1950, quando il Consiglio della NATO accettava la partecipazione tedesca alle sue forze unificate d'Europa. Su questa strada il governo federale riotteneva il diritto attivo e passivo di rappresentanza diplomatica. Nel luglio 1951 cessava lo stato di guerra delle potenze occidentali con la Germania, che così veniva ammessa nella NATO; in tal modo le truppe alleate in Germania Occidentale perdevano la qualità di forze occupanti per assumere quella di alleate. Nel quadro della NATO, invero con forti resistenze interne, era ratificata dalla Dieta anche la rimilitarizzazione della Germania. Le elezioni del 1953 davano oltre il 45% dei voti al partito di Adenauer, che nello stesso anno aveva compiuto un gesto riparatore aderendo alla richiesta d'Israele di un indennizzo (un miliardo di dollari) per le vittime dell'antisemitismo nazista, e che aveva restituito al Paese, con la prosperità economica, la sovranità nazionale e una posizione internazionale: nessun seggio avevano ottenuto né comunisti né neonazisti. La stessa URSS rinunziava al riconoscimento esclusivo della Repubblica Democratica dell'Est stabilendo accordi diplomatici con Bonn, che però manteneva una posizione intransigente sia nei riguardi della Germania Orientale sia della linea Oder-Neisse quale confine con la Polonia. Forte della maggioranza assoluta ottenuta nelle elezioni del 1957, in cui però si rafforzava un partito di destra alimentato dai profughi, Adenauer persisteva nel chiedere l'unificazione della Germania (Berlino, Germania Orientale, zone tedesche sotto amministrazione polacca) sulla base dell'autodecisione dei popoli caldeggiata da Mosca all'ONU per i Paesi coloniali d'Asia e d'Africa. Fin dal 1949 l'Unione Sovietica nella sua zona aveva consentito, come risposta alla Germania Occidentale, la creazione di una Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR) sotto la presidenza di un militante comunista, W. Pieck, e con un socialista, O. Grotewohl, a capo del governo, vicepresidenti un cristiano-democratico e un liberale. Ma un governo di coalizione non soddisfaceva le esigenze di Mosca. Così la DDR si allineava con i suoi 18 milioni di abitanti (oltre al settore Est di Berlino con più di un milione e mezzo) con gli Stati del blocco comunista: Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, riconoscendo come frontiera definitiva con la Polonia la linea Oder-Neisse, in un trattato con essa (1950). La DDR veniva riconosciuta da tutti gli Stati comunisti: sul modello di questi aveva instaurato il predominio di un blocco democratico sotto direzione comunista che presentava alle elezioni una lista unica di candidati. Il nuovo marco orientale scendeva però subito sotto il corso ufficiale; le limitazioni annonarie perduravano, il controllo della politica estera era pesante e sospettoso, rigide le direttive dell'indottrinamento marxista-leninista che investivano giornali, pubblicistica, insegnamento.

Storia: la costruzione del Muro di Berlino

Di qui le fughe sistematiche dalla DDR alla Germania Occidentale (3 milioni di persone in dieci anni), favorite dalla situazione di Berlino con facili accessi dall'uno all'altro settore. Proprio per impedire queste fughe fu eretto nel 1961 un muro di cemento attraverso Berlino a rinforzare le spietate misure di polizia contro i fuggitivi. Anche nella Germania Orientale le regioni storiche erano state sostituite da distretti, sulla base di criteri puramente economici. Ai prelevamenti d'impianti industriali s'erano aggiunti quelli sulla produzione corrente e forniture all'URSS a prezzi stabiliti dall'acquirente. La riforma agraria aveva obbligato i contadini a entrare in cooperative collettivizzate. I piani di ricostruzione (1949-50, poi quinquennali) per lo sviluppo dell'industria tessile e chimica con le materie prime disponibili (lignite e torba) esigevano dagli operai un lavoro eccessivo. Maturava così lo sciopero generale di Berlino Est del 17 giugno 1953 come una sollevazione contro il regime economico e politico comunista, che solo i carri armati sovietici riuscivano a soffocare nel sangue. Anche nella DDR avevano avuto luogo la rimilitarizzazione e l'integrazione delle forze tedesco-orientali nel Patto di Varsavia, l'anti-NATO. Il regime di Berlino-Pankow era in primo piano nella polemica contro la Germania Occidentale che veniva accusata d'aver reintegrato nazisti, messo al bando il Partito comunista, violando con ciò le decisioni tripartite di Potsdam: in virtù di queste l'unico Stato democratico tedesco sarebbe stato quello di Berlino-Pankow e in questa direzione avrebbe dovuto avviarsi l'unificazione. Nel 1961 il problema di Berlino riemergeva minaccioso non solo nella polemica interna tedesca, ma anche nei rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica; nell'incontro di Vienna tra Kennedy e Chruščëv le proposte sovietiche di una pace con le due Germanie separate e con Berlino città libera smilitarizzata venivano respinte secondo le direttive di Adenauer. Intanto la politica estera di Bonn si faceva più autonoma: il trattato che Adenauer concludeva con la Francia di de Gaulle nel 1963 per una collaborazione franco-tedesca sul piano culturale, economico e militare significava un certo distanziamento da Washington e da Londra, pur nella fedeltà all'europeismo espresso in precedenza dall'adesione della Repubblica Federale di Germania ai trattati di cooperazione europea, in accordo con R. Schuman e A. De Gasperi. La sostituzione di L. Erhard alla cancelleria (1966) significava tuttavia una minore intransigenza circa l'unificazione come assorbimento dell'Est nella Germania Occidentale e i rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca. Le pressioni dei berlinesi per ottenere l'apertura almeno a Natale e a Pasqua del Muro convergevano a mitigare le intransigenze formali della reciproca ignoranza con le pressioni dell'industria e del commercio che allacciavano rapporti pure con i Paesi comunisti, eludendo l'esclusione di rapporti diplomatici con gli Stati che riconoscevano la Germania Orientale. Anche esponenti delle Chiese raccomandavano una posizione meno intransigente pure nei riguardi della linea Oder-Neisse rivendicata dalla Polonia. Dall'altra parte la stessa Germania Orientale riconquistava un posto di rilievo nella produzione industriale e nel commercio internazionale; e su questa base anche i tedeschi dell'Est rivelavano esigenze di maggiore autonomia e prestigio nel quadro del Patto di Varsavia e nel sistema economico controllato da Mosca. Da ambedue le parti ci si avviava all'idea della separazione e del mutuo riconoscimento. Il nuovo governo K. G. Kiesinger di coalizione tra cristiano-democratici e socialdemocratici, con agli Esteri (1966-69) W. Brandt, della SPD, già borgomastro di Berlino Ovest, procedeva su questa direttiva dei contatti e dei riconoscimenti indiretti con la nuova Polonia e con la Repubblica Democratica Tedesca, fronteggiando nuovi orientamenti del corpo elettorale (ricomparsa di neonazisti, inquietudini e dissidenze nei partiti di governo e gruppi extraparlamentari di critica radicale) e l'agitazione di sinistra nelle università, particolarmente a Berlino Ovest (1967-68). La nuova Ostpolitik mostrava un carattere più deciso quando Brandt assumeva la direzione del governo a capo di una coalizione tra socialdemocratici e liberali, respingendo all'opposizione dopo un ventennio di predominio i cristiano-democratici (ottobre 1969). Mentre il nuovo presidente federale, il socialista G. Heinemann (1969-74), rilasciava dichiarazioni antimilitariste, Brandt avviava trattative con Mosca e con Varsavia, premendo al tempo stesso affinché le potenze occupanti s'accordassero su Berlino: il che avveniva nel settembre 1971 con il riconoscimento dei collegamenti di Berlino Ovest con la Germania Occidentale e con una mitigazione del Muro con Berlino Est. L'accordo con Mosca si basava sulla rinunzia reciproca all'uso della forza e quello con Varsavia sul riconoscimento del confine all'Oder-Neisse. Nel dicembre 1972, la ratifica del Trattato di base (Grundvertrag) tra le due Germanie normalizzava infine i rapporti tra Est e Ovest. Nella Repubblica Democratica Tedesca, gli anni Settanta videro la sostituzione, alla testa del partito egemone (SED), di W. Ulbricht con E. Honecker (1971), che nel 1976 assumeva anche la carica di capo dello Stato. Nella Germania Occidentale, Brandt veniva sostituito alla cancelleria dal compagno di partito H. Schmidt nel 1974. Se in politica estera il cancellierato di Schmidt fu caratterizzato da una sostanziale continuità con la linea del predecessore, all'interno vi fu un indebolimento della spinta riformistica, determinato in parte dalla crisi economica che, pur manifestandosi in forma meno grave che in altri Paesi, non risparmiava neppure la Repubblica Federale di Germania, crisi cui andavano ad aggiungersi una violenta offensiva terroristica, gli agguerriti movimenti “ecologisti” e una dura opposizione democristiana al Bundestag. Nell'ottobre 1982 (dopo il voltafaccia dei liberali della FDP) i socialdemocratici perdevano la cancelleria, che controllavano da circa 15 anni: salivano al potere i democristiani della CDU-CSU con H. Kohl come cancelliere. I liberali conservavano gli incarichi che detenevano nel precedente governo, con H. D. Genscher come ministro degli Esteri e vicecancelliere. Le elezioni del marzo 1983 sanzionavano questa svolta con una netta vittoria dei democristiani e una forte sconfitta dei socialdemocratici; il partito antinucleare dei Verdi entrava nel Bundestag. Le elezioni del gennaio 1987, pur facendo registrare una diminuzione dei democristiani, non modificarono gli equilibri di governo. Nella Repubblica Democratica Tedesca in quegli anni cresceva il malcontento di giovani e intellettuali, le cui aspirazioni di rinnovamento erano frustrate dall'atteggiamento conservatore del governo, intenzionato, nonostante una vasta epurazione interna al partito (aprile 1986), a respingere richieste di riforma sul modello della perestrojka sovietica: le autorità, ritenendo sufficienti i miglioramenti nei rapporti intertedeschi realizzati dal 1985, continuavano così nella repressione del dissenso, intervenendo duramente in particolare contro le manifestazioni giovanili del gennaio 1988. In tale situazione durante lo stesso anno riprendevano massicciamente le fughe verso la Germania Occidentale, che segnavano un livello mai raggiunto dal 1961.

Storia: la riunificazione delle due Germanie

Nel maggio 1989 la situazione interna iniziava a evolversi con particolare rapidità, sia per l'aggravarsi di un dissenso organizzato attorno alle Chiese evangeliche, ai pacifisti e a gruppi per la difesa dei diritti umani, sia in conseguenza dello smantellamento della “cortina di ferro” tra Ungheria e Austria, che apriva un canale di fuga a migliaia di tedesco-orientali. Le manifestazioni si intensificavano quindi nei mesi seguenti: all'invito alle riforme rivolto da M. S. Gorbacëv in visita a Berlino (7 ottobre), Honecker rispondeva con l'ordine di sparare sulla folla. Rifiutandosi di seguire tale direttiva, i vertici del partito riuscivano invece a ottenere quattro giorni più tardi le dimissioni del capo dello Stato, sostituito dal loro designato E. Krenz. Nell'arco dell'inverno il quadro politico della Repubblica Democratica Tedesca veniva rivoluzionato: al libero transito fra le due sezioni di Berlino e alla promessa di libere elezioni (9 novembre) seguivano un congresso della SED, che sostituiva Krenz con il riformatore H. Modrow e rinunciava al ruolo di partito guida, l'abbattimento del Muro di Berlino (10 novembre) e infine, dopo il riconoscimento dei confini orientali sollecitato dalla comunità internazionale a garanzia della Polonia (linea Oder-Neisse), le consultazioni del 18 marzo 1990, che davano la maggioranza quasi assoluta all'Alleanza per la Germania egemonizzata dalla CDU di L. de Maizière. Divenuto capo del governo, sotto la spinta dell'opinione pubblica e con l'appoggio del cancelliere occidentale Kohl, questi si adoperava alacremente per la revisione della Costituzione e per un'accelerata unificazione, preceduta da una fase di unione monetaria, entrata in vigore nel luglio seguente (quasi simultaneamente all'avvio del ritiro delle truppe sovietiche). Ricostituiti i 5 Länder orientali (Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Brandeburgo, Sassonia-Anhalt, Sassonia, Turingia), il 3 ottobre si giungeva così alla piena riunificazione politica; seguivano, il 2 dicembre, le prime elezioni della nuova Germania unita da cui usciva vittoriosa la coalizione tra cristiano-democratici e liberali. Il 17 gennaio 1991 veniva varato il primo governo pantedesco, guidato dal cancelliere Kohl, cui competeva il difficile compito di realizzare concretamente l'unità del Paese, soprattutto sul piano economico e sociale. I primi provvedimenti adottati, infatti, avviavano una politica di conversione, in senso fortemente liberista, dell'economia orientale che, per i suoi costi sociali (30% di disoccupati e salari inferiori del 50% ca. nei Länder orientali), iniziava a provocare grande scontento e inquietudine, sentimenti strumentalizzati da estremisti di destra e da gruppi di neonazisti. Per far fronte alla complessa congiuntura, Kohl sul piano economico, procedeva a una forte stretta monetaria, che favoriva l'afflusso di capitali stranieri e la rivalutazione della divisa tedesca; sul piano più strettamente politico-amministrativo, decideva di mantenere la struttura federale dello Stato e di trasferire la capitale a Berlino. Nel 1995, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, reparti militari tedeschi presero parte, seppure non combattenti, alle operazioni in Somalia. Nello scacchiere europeo, in vista delle scadenze fissate dal Trattato di Maastricht, la Germania assumeva posizioni di prima grandezza, sia istituendo una sorta di asse preferenziale con la Francia di F. Mitterrand, sia ponendosi come punto di riferimento, in quanto Paese tra i più stabili economicamente e politicamente, per il processo di unificazione europeo, e in particolare, per l'istituzione della moneta unica (1999). Riconfermato sia pure di stretta misura nelle elezioni del 1994, Kohl veniva sconfitto in quelle del 1998 dalla SPD, a conferma dell'aspirazione al cambiamento del Paese. . La nuova tendenza veniva raccolta da G. Schröder (alla guida della SPD), teso ad accreditare un'immagine moderata e centrista della socialdemocrazia e a rendere compatibile la difesa dello Stato sociale con il liberismo economico, in sintonia con i laburisti inglesi, i democratici statunitensi e le analoghe trasformazioni dei partiti socialisti europei. La coalizione di governo formata con i Verdi inaugurava un programma di lotta alla disoccupazione, difesa dell'ambiente, riforma previdenziale e fiscale, incentivazione dello sviluppo dei Länder orientali. Tuttavia, dopo alcuni risultati positivi, l'indirizzo impresso all'economia e al fisco sollevava le risentite resistenze degli industriali e della Banca centrale, sancite dall'avvento al dicastero delle Finanze di Hans Eichel, fautore di una linea di rigore economico in continuità con il cancellierato di Kohl. Con lo stesso rigore la Germania sosteneva attivamente l'unificazione politico-monetaria europea, chiedendo di riequilibrare la propria posizione di maggior contribuente al bilancio comunitario. Le elezioni politiche del settembre 2002 vedevano la riconferma di Schröder al cancellierato, sia pure con uno scarto esiguo sul concorrente Stoiber. La congiuntura economica negativa esponeva poi il Paese alle sanzioni UE previste dal Trattato di Maastricht. Sul fronte internazionale, in particolare riguardo alla Seconda Guerra del Golfo, la Germania si associava alla Francia e alla Russia nell'opposizione all'intervento militare USA. Nel maggio 2004 veniva eletto presidente federale il candidato della CDU-CSU, Horst Köehler. Nel settembre 2005 si svolgevano le elezioni politiche anticipate, volute da Schröder dopo una serie di risultati a lui sfavorevoli nelle elezioni amministrative. Dopo una accanita campagna eletteorale che lo contrapponeva alla CDU-CSU guidata da A. Merkel il risultato era incerto, in quanto assegnava 225 seggi alla CDU-CSU e 222 ai socialdemocratici, rendendo necessaria la formazione di ampie coalizioni. Così in ottobre veniva formato il nuovo governo, guidato dalla Merkel, in cui confluivano i due maggiori partiti. Nel 2009 H. Köhler veniva rieletto presidente federale e nel settembre dello stesso anno si svolgevano le elezioni legislative vinte dalla CDU-CSU con il 33,8% dei voti; i socialdemocratici ottenevano solamente il 23%, mentre i liberali del FDP raggiungevano un buon risultato con il 14,6%. In ottobre veniva varato il nuovo governo di coalizione CDU-CSU con il sostegno del FDP, guidato dalla Merkel. Nel 2010 veniva eletto presidente l'esponente della CDU Christian Wulff, mentre 2011, dopo 54 anni, la Germania eliminava la leva militare obbligatoria. Nel febbraio del 2012, in seguito a una vicenda giudiziaria, il presidente Wulff rassegnava le dimissioni: in marzo Joachim Gauck, ex pastore evangelico e protagonista dell'unità tedesca, veniva eletto capo dello stato. Nel settembre del 2013 la cancelliera Merkel sfiorava la maggioranza assoluta, con il 41,5 % dei voti, nelle elezioni politiche. La scena politica in Germania è entrata nell’ultima fase dell’era di Angela Merkel, Cancelliere dal 2005, che nel 2018 ha lasciato la guida del suo partito, la CDU, e ha annunciato che non ricoprirà nuove cariche politiche una volta scaduto il suo mandato nel 2021. La coalizione fra CDU/CSU e i socialdemocratici della SPD ha incontrato numerose difficoltà. Dopo vari contrasti fra gli alleati, le elezioni in Baviera del 2018 hanno visto il forte arretramento del partito bavarese CSU, rimasto comunque al governo. Nei mesi successivi, il paese è stato attraversato dai timori per l’ascesa delle formazioni di estrema-destra, soprattutto dopo l’omicidio di Walter Lübcke (CDU), politico che si era speso per misure di solidarietà verso i migranti. Tuttavia, alle elezioni europee del 2019 i veri vincitori sono stati i Verdi, che hanno raddoppiato i consensi ottenendo il 20,5%, mentre la CDU/CSU, sebbene ridimensionata, si è confermata primo partito con il 28,9% dei voti. La vera sconfitta è stata la SPD, che ha toccato il record negativo del 15,8%, mettendo in dubbio la propria permanenza nella coalizione di governo. I populisti di AfD, sempre più spostati su posizioni xenofobe, non hanno sfondato (11%). Annegret Kramp-Karrenbauer, designata alla successione della Merkel, nel luglio 2019 ha sostituito come Ministro della Difesa Ursula von Der Leyen, nel frattempo diventata Presidente eletta della Commissione Europea. A inizio 2019 la Germania ha rinnovato il Trattato dell’Eliseo con la Francia, approfondendo i rapporti bilaterali. Continua invece lo scontro con l’Italia sulla gestione dei flussi migratori. Le elezioni del 26 settembre 2021 hanno visto l'affermazione della SPD guidata da Olaf Scholz, che ha ottenuto il 25,7%. La CDU, partito della cancelliera uscente Merkel, che con il 24,1% dei voti ha registrato invece un calo dell'8,9% rispetto alle elezioni precedenti. A distanza, con il 14,8% dei viti si è piazzato il partito dei Verdi. L'8 dicembre 2021 Olaf Scholz si è insediato come cancelliere federale della Germania subentrando ad Angela Merkel. 

Cultura: generalità

Protagonista di più di un millennio di storia europea e mondiale, la Germania vanta un patrimonio artistico e culturale degno della propria vicenda storica. La nascita della cultura tedesca si può collocare al momento dell'incontro del popolo germanico con le civiltà di Romani e Franchi (a partire dal III sec. d. C.) e la conseguente introduzione della religione cristiana. Negli anni attorno al mille, le cattedrali romaniche, le canzoni dei clerici vaganti, dei minnesänger, e le gesta epiche dei Nibelunghi sono le prime espressioni di un universo culturale che, a partire dall'età moderna, prenderà forma grazie all'opera letteraria, filosofica e scientifica di alcune personalità del mondo delle scienze, delle tecniche, delle arti e del pensiero, spesso non appartenenti a un movimento o a una corrente ma piuttosto fondatori loro stessi di correnti, movimenti, ideologie. Figure come J. Gutenberg, inventore della macchina da stampa a caratteri mobili; o Martin Lutero, il monaco fautore del più grande scisma conosciuto dalla religione cristiana in epoca moderna; ma anche come Kant, Hegel, Marx e Nietzsche nei campi filosofico e della riflessione politica; Goethe in letteratura, Brecht per quanto riguarda la poesia e il teatro del Novecento; Beethoven e Wagner in campo musicale; Einstein e Planck per la fisica. Il simbolo principale della nuova cultura è sicuramente la stessa Berlino, divenuta la città più rappresentativa del volto moderno ed europeo della Germania. I suoi quartieri storici sono stati valorizzati ed è stato avviato un piano globale di rinnovamento urbanistico il cui fulcro è l'avveniristico quartiere Potzdamer, costruito in un area precedentemente attraversata dal muro con la collaborazione di architetti di fama mondiale, quasi a dimostrare il contributo internazionale all'opera della riunificazione del Paese. Oggi la città è ricca di musei, manifestazioni musicali e culturali, che la rendono una delle mete preferite dai giovani d'Europa. Il ruolo di primo piano svolto dalla Germania in campo artistico e culturale in Europa e nel mondo è testimoniato anche dalle numerose manifestazioni che essa ospita sul proprio territorio e che godono di fama internazionale nei vari campi dell'arte. Tra le principali si ricordano la Fiera del libro (Buchmesse) di Francoforte, il Festival del Cinema di Berlino (la Berlinale), il Festival wagneriano di Bayreuth e la settimana di Bach a Ansbach. Un'ulteriore conferma della passione nazionale per la musica è la grande tradizione orchestrale: le filarmoniche di Berlino e Monaco e la sinfonica di Bamberga sono tra le più prestigiose al mondo. Sono oltre 35 i siti UNESCO patrimonio dell'umanità; fra gli ultimi che sono stati inseriti il Teatro dell'opera di Bayreuth (2012), l'abbazia di Corvey (2014) e alcuni edifici storici di Amburgo (2015).

Cultura: tradizioni

Molte delle tradizioni dei Länder tedeschi hanno origine religiosa; si suddividono tra quelle di matrice cattolica e quelle ispirate ai principi protestanti e si manifestano in occasione delle più importanti festività dell'anno. Su tutte domina quella del Natale, cui fa da preludio la ricorrenza di San Nicola, che cade il 6 dicembre. Babbo Natale, il gran vecchione dalla lunga barba, passeggia per le vie della Germania amato da tutti i bambini che gli confidano i propri desideri quale messaggero del Christkind, il vero distributore di regali. Anche San Martino, celebrato l'11 novembre, è atteso dai bambini per la distribuzione di piccoli doni. Diffusissima è la tradizione dell'albero di Natale (Weinachtsbaum), proclamato da San Vilfredo (sec. VII) albero di pace, e, secondo la leggenda, introdotto tra le usanze germaniche dallo stesso Lutero. Tra le usanze che scandiscono l'attesa del Natale, vi è inoltre quella di appendere nelle case l'Adventskalendar, un calendario illustrato e colorato che prevede una preghiera, un piccolo dono o una immaginetta sacra per ogni giorno dell'Avvento che separa dalla nascita di Gesù. Rinomati i mercatini (Weinachtsmärkt) che si svolgono in molte delle principali città. In molti luoghi della Germania il Natale viene anche celebrato con rappresentazioni sacre (tratte dai Vangeli) che si ripetono il giorno del Venerdì Santo, rievocando la Passione di Cristo. Celebre quella di Oberammergau, in Baviera. Molto festeggiato anche il giorno dell'Epifania, o giorno di Bertha o di Frau Holla, la nostra Befana, a volte simbolicamente bruciata su grandi falò. In molte regione del sud i bambini la sera del cinque vanno di casa in casa travestiti da re magi esibendosi in canti tradizionali. I simboli più diffusi della Pasqua sono i leprotti di cioccolato (Osterhase) e le uova colorate (di origine pagana), utilizzate per giochi tradizionali. Le antiche feste di maggio, celebranti il risveglio della natura, trovano massimo splendore nel giorno di Pentecoste, in cui vi è l'usanza di ornare le case di verde e di fiori. La notte tra il 30 aprile e il 1° maggio in molte zone di Sassonia e Sassonia-Anhalt si organizza la Notte di Valpurga, festa tradizionale atta a esorcizzare le streghe che secondo la leggenda abiterebbero la sommità del boscoso monte Harz. Ma è tradizione diffusa in molti altri Länder di svolgere nella stessa notte celebrazioni e danze intorno all'albero di maggio. Oktoberfest è la manifestazione che meglio incarna l'amore per il divertimento dei tedeschi, che si riuniscono mangiando cibo alla brace e bevendo abbondante birra; quella di Monaco gode di fama internazionale e richiama ogni anno numerosi turisti. Altrettanto festoso il carnevale, sentito in Germania assai più che altrove e in cui trionfano il Narr (matto) e la sua compagna Spättle-Mädla. Ancora diffuse e amate le rievocazioni storiche: famosissima quella delle nozze del 1475 tra Luigi il Ricco e la principessa polacca Edvige. Le danze sono comuni in tutto il Paese. Su tutte impera lo Schwertertanz (danza delle spade) eseguito in occasione del carnevale. I canti popolari sono infiniti. Il Deutscher Liederhort, pubblicato nel 1893, ne contiene ventimila, che vanno dai Wiegenlieder (ninne nanne) ai Kinderlieder (canti dei bambini), dai Liebeslieder (canzoni d'amore) agli Jägerlieder (canzoni dei cacciatori) per finire con i Trinklieder (canzoni dei bevitori). Anche la narrativa popolare è tenuta in grande considerazione, e tali tradizioni sono notevolmente tutelate anche a livello istituzionale: numerose sono per esempio le cattedre universitarie per l'insegnamento delle tradizioni popolari. Grande parte nell'esprimere sentimenti e gusti del popolo ha l'artigianato. Tra le produzioni caratteristiche, quella dei giocattoli, esposti alle due grandi fiere di Norimberga di marzo e dicembre, e altrettanto famosi i mobiletti in legno per case di bambole (Puppenstube) di Oberammergau, uno dei più importanti centri di intaglio del legno, mentre la Selva Nera produce i tradizionali orologi a cucù. Famosissimi inoltre le porcellane tedesche, le statuette di Meissen e i servizi di Rosenthal. Più popolare, ma non meno caratteristica, la produzione di ceramica e di terracotta con le infinite varietà di boccali per birra. Di Mettlach sono i notissimi boccali grigi, confinati in magazzini per quattordici anni prima di poter essere usati e sempre più spesso sostituiti da grandi boccali di vetro. Rinomata anche l'arte della pittura su vetro. Per quanto riguarda l'abbigliamento, la Baviera è inoltre molto famosa per le giacche e i pantaloni tradizionali (Loden e Lederhosen). § La cucina tedesca è generalmente gustosa ed è il trionfo di una ricchissima varietà di salumi. Tra i più noti le Landleberwürste (di fegato), le Feine Leberwürste (pasta finissima con fegato di vitello, di maiale e d'oca), i Wienerwürstchen, i Würstel, i Frankfurter Würstchen, la Weisswurst di Monaco (salsiccia bianca) e gli enormi salami affumicati di Vestfalia. Diffuse sono le minestre, soprattutto di patate e al Nord di pesce, le creme di ceci, di porri, di asparagi, d'orzo. Ricca anche la cucina regionale: la Vestfalia ha i piatti più famosi, come le Grosse Bohnen mit Speck, fave con il lardo a contorno di un piccantissimo Pfefferpotthast (vitello lesso con erbe e droghe). Ovunque conosciuti i Knödel (grandi gnocchi di patate, mollica di pane e dadini di lardo) serviti con la Kalbshaxe (garretto di vitello), le Hamburger Steaks (bistecche di carne tritata), gli Snuten und Poten (muso e piedino di maiale) con piselli, i tantissimi piatti a base di carne di maiale, al primo posto nella scala dei consumi. Molto graditi anche i Rollmops, aringhe crude salate con contorno di cetrioli. Diffusissimo anche il consumo dei dolci e della frutta e confettura in scatola. La birra è la regina delle bevande e si accompagna a qualsiasi piatto tedesco. La Germania iniziò a fabbricarla nel IX sec. e oggi ne produce centinaia di tipi diversi, con birrifici presenti in quasi ogni città. Oltre alla birra, vanno ricordati i deliziosi vini bianchi, specie quelli del Reno, del Palatinato e dell'Ahr; l'Apfelsaft (succo di mele) e l'Apfelwein (sidro). Tra i liquori eccellono le grappe di frutta.

Cultura: filosofia. Dal misticismo di Eckhart all'Illuminismo di Kant

La prima espressione del genio filosofico tedesco può ravvisarsi nel misticismo speculativo fiorito in Germania nel tardo Medioevo, che ha i suoi maggiori rappresentanti in Meister Eckhart (ca. 1260-1327), J. Tauler (ca. 1300-61) e H. Suso (ca. 1295-1366), a cui va aggiunta la famosa Teologia germanica, opera di anonimo del sec. XIV-XV. Tale corrente è caratterizzata da un profondo pathos religioso che si esprime nella ricerca di una comunione immediata con Dio (al di là della stessa rivelazione storica) e si avvale della terminologia filosofica scolastica per una giustificazione speculativa delle sue possibilità. La compresenza del momento religioso e del momento speculativo costituisce un tratto generale della filosofia tedesca, con la prevalenza del secondo sul primo e la conseguente laicizzazione di elementi religiosi scissi dal loro originario contesto. Rientra in questo ambito la nuova fioritura della mistica cinquecentesca nella Germania agitata dalla Riforma, che culmina nella speculazione di J. Böhme (1575-1624) e dove il nuovo misticismo si differenzia da quello medievale per una più realistica visione della natura (intonandosi in ciò alla riscoperta rinascimentale della corposità della natura) intesa come scena del dramma cosmico di peccato e redenzione: esso è in grado di assimilare così elementi gnostici e cabalistici e in alcuni casi anche magici (tipica la figura di Agrippa di Nettesheim, 1486-1535). Espressione di un controllato razionalismo che non evade la problematica teologica nei suoi aspetti anche più imbarazzanti (si pensi alla sua celebre teodicea) è il pensiero di G. W. Leibniz (1646-1716). Il motivo razionalistico prevale invece nel suo seguace Ch. Wolff (1679-1754), iniziatore dell'Illuminismo tedesco, e nei suoi numerosi discepoli. Wolff condivide la concezione illuministica della filosofia come attività diretta al raggiungimento della felicità umana mediante l'estensione sempre più ampia della conoscenza, ma il suo filosofare è rigorosamente logico e sistematico e mette capo a una grandiosa enciclopedia filosofica, in cui trovano posto tanto la logica quanto la metafisica e la filosofia pratica. L'atteggiamento illuministico trovò espressione però anche in una letteratura agile e popolare, che difendeva il razionalismo religioso, definendo le religioni positive (cristianesimo compreso) come forme inadeguate ma necessarie dello sviluppo del genere umano che culmina nell'istituzione di una religione puramente razionale: è questo il tema centrale del pensiero di G. E. Lessing (1729-81), il massimo esponente di questa corrente i cui rappresentanti diedero molti contributi all'approfondimento di problemi particolari come quello logico ed estetico. Tra Illuminismo e romanticismo si colloca la figura di I. Kant (1724-1804), ben deciso a proseguire il programma illuministico nel delimitare le possibilità della ragione umana alla luce della ragione medesima e nel sottolineare il contenuto etico della religione da farsi valere solo in quanto assumibile nei limiti della ragione nel suo uso pratico. Egli superò tuttavia l'orizzonte illuministico per la profondità a cui spinse la trattazione di questa problematica, tale da aprire nuovi orizzonti al pensiero europeo.

Cultura: filosofia. Dal romanticismo al neopositivismo

Il momento creativo della filosofia tedesca più importante ai fini del mondo contemporaneo è costituito dal Romanticismo, che ha la sua espressione filosofica in J. G. Fichte (1762-1814), F. W. Schelling (1775-1854) e G. W. F. Hegel (1770-1831). La “brama d'infinito” caratteristica del romanticismo trova la sua espressione, per quanto in una diversa veste di concetti, in Fichte e Schelling che riaprono l'uomo all'Assoluto. Hegel raccoglie le esigenze del romanticismo e lo conclude sostituendo alla filosofia come aspirazione all'infinito la filosofia come possesso di esso, all'immediatezza dell'intuizione etica e sentimentale la mediazione della ragione, in base alla quale (e al motivo triadico che costituisce la sua legge immanente) egli pretende di ricostruire la realtà tutta quanta (nei suoi aspetti naturali e storici) riassorbendola nelle linee di un sistema coerente e unitario. Un epigono del romanticismo è A. Schopenhauer (1788-1860), il cui sistema si pone in antitesi a quello hegeliano, in quanto considera il mondo come espressione di una volontà irrazionale; e solo negandola l'uomo raggiunge il suo fine. Hegel e Schopenhauer sono figure in qualche modo emblematiche della filosofia tedesca. Dalla critica all'hegelismo in nome del singolo di cui accentua la negatività nasce l'esistenzialismo; parallelamente il marxismo tenta il capovolgimento del sistema hegeliano opponendo all'idealismo e al suo atteggiamento contemplativo una filosofia che partendo dall'uomo si pone come capace di trasformare la realtà attivamente. Con Schopenhauer invece ha inizio una demistificazione che ha trovato la sua espressione più compiuta in F. Nietzsche (1844-1900) informando di sé tanta parte della cultura contemporanea e lasciando scorgere notevoli anticipazioni della psicologia del profondo, che è anch'essa da S. Freud (1856-1939) in poi una componente indiscutibile della nostra cultura. Esistenzialismo e marxismo costituiscono il clima dominante della filosofia contemporanea tedesca: il primo ha però recuperato una tematica ontologica (si pensi a M. Heidegger, 1889-1976) e il secondo tende ad assumere la figura di una critica sociale sempre più sottile e agguerrita e a riscattare elementi del pensiero utopico (E. Bloch, 1885-1977). Assieme a essi e agli elementi culturali già accennati tale filosofia trova ancora espressione nella prosecuzione della fenomenologia di E. Husserl (1859-1938), che porta in primo piano problemi epistemologici e metodologici, e in misura minore nel neopositivismo, proposto da pensatori austriaci e tedeschi, ma sviluppatosi soprattutto nei Paesi anglosassoni.

Cultura: letteratura. Dalle origini alla rinascenza carolingia

Nessun documento letterario è rimasto dell'età delle migrazioni e dell'età pagana. Le iscrizioni runiche hanno carattere unicamente sacrale e commemorativo. Tacito riferisce, negli Annali e nella Germania, di canti di battaglia e di carmi eroici, ma il più autentico e completo riflesso della poesia orale germanica continentale è costituito dall'Edda, islandese, redatta nel sec. XIII. A riempire questo silenzio secolare ci soccorrono la legislazione barbarica e l'abbondante storiografia in latino: Iordanes scrisse sui Goti (De origine actibusque Getarum, sec. VI), Gregorio di Tours sui Franchi (Historia Francorum, sec. VI), Paolo Diacono sui Longobardi (sec. VIII), Widukind e Rodolfo di Fulda sui Sassoni (sec. IX), mentre della più antica conversione dei Germani al cristianesimo testimonia la versione gotica della Bibbia di Ulfila. Si devono perciò attendere i Merseburger Zaubersprüche (Scongiuri di Merseburgo) dell'inizio del sec. VIII e l'Hildebrandslied (Canto d'Ildebrando) dell'inizio del sec. IX, frammenti, quelli, dell'antica liturgia pagana, esempio, questo, della primordiale etica eroica. I dialetti germanici continentali si erano già raggruppati in alto-tedeschi (nel Sud) e basso-tedeschi (nel Nord), questi aventi più tardi per polo politico le città anseatiche, quelli l'Impero. La nascente cultura medievale era concentrata nelle abbazie (Fulda, Reichenau, San Gallo ecc.) ed era retaggio della Chiesa che, con Carlo Magno, si assunse la funzione di guida e di mediatrice della cultura latina presso i Germani. Fu dal vescovato di Frisinga che uscì, intorno al 760, l'Abrogans, traduzione tedesca di un sinonimario latino, mentre a Murbach, dal 770 al 790 si compilava il Vocabularius Sancti Galli, segni entrambi di una presa di coscienza linguistica, e a Fulda un ignoto poeta componeva in bavarese il Muspilli, felice e suggestivo frammento sulla fine del mondo. La cosiddetta “rinascenza carolina” (sec. IX) promosse una vasta opera di rielaborazione culturale, di cui furono protagonisti Alcuino di York, Rabano Mauro e Walafrido Strabone, oltre che gli ignoti autori dello Heliand (Il Salvatore) e Otfried. Influenzati da questa preponderante letteratura religiosa sono stati anche i due carmi eroici Ludwigslied (Canto di Ludovico) e Waltharius Manu Fortis. Decaduti i Carolingi, il processo di fusione della cultura latina con lo spirito tedesco fu promosso dagli Ottoni e in particolare da Ottone I e dal fratello Bruno di Colonia.

Cultura: letteratura. Il periodo ottoniano

Le traduzioni dei classici latini compiute intorno al 1000 da Notker Labeo, i primi contatti delle abbazie alemanne con la filosofia aristotelica (tramite la riforma di Cluny), l'afflusso dell'epica francese in Renania (e di qui più tardi in Baviera e Austria) segnalarono la grande capacità ricettiva della Germania prima dell'esplosione creativa del Minnesang, del poema cavalleresco e dell'epica. In questo interregno taceva la poesia in tedesco e fioriva quella latina dei “clerici vaganti”, di cui sono massimo esempio i Carmina Burana, e appariva, isolato, il teatro latino della monaca Rosvita di Gandersheim (ca. 935-dopo il 975). La poesia in tedesco rinacque dunque nel sec. XII, con grande travaglio linguistico e metrico (l'antico alto-tedesco si stava evolvendo in medio-alto-tedesco, approssimandosi alla lingua odierna) in due ambienti diversi: in quello religioso, dove si ispirava soprattutto al culto di Maria (manoscritti di Vorauer, di Vienna e di Millstatt), e nell'ambiente della piccola nobiltà senza contatti con chiostri e corti, nella bocca di cantori laici e in forma di ballate popolareggianti e poemetti gnomici, cui si suole dare il nome complessivo di Spielmannsdichtung (poesia giullaresca). L'egemonia culturale della Chiesa si allentò sotto il regno del Barbarossa (1152-90); l'attività letteraria non era più retaggio esclusivo dei membri del clero, ma si estendeva ai nuovi ceti dei cavalieri e dei ministeriali, cui le crociate infondevano coscienza di sé e di valori mondani. La filosofia morale antica concorreva ora con la morale cristiana, con elementi germanici e ispano-arabi a edificare la nuova etica cavalleresca: la mâze (misura), l'hoher muot (magnanimità), la zuht (autoeducazione), la triuwe (fedeltà), la staete (costanza), la milte (misericordia) e la froeude (serenità) vanno congiunte sia nel combattimento sia nell'amore, che era concepito come venerazione e passione nobilitante. Centro d'irradiazione culturale diventarono, come già in Francia, le corti, in particolare quelle meridionali, d'Austria, Turingia, Svevia e il vescovato di Passau; la letteratura tedesca di quell'epoca non era scindibile dall'austriaca.

Cultura: letteratura. Minnesang e Meistersang

Il Minnesang, inizialmente indipendente dai provenzali, e anteriore allo stil novo italiano, ha avuto i suoi primi rappresentanti (metà del sec. XII) nell'austriaco Kürenberger e nel limburghese Enrico di Veldeke e le sue voci più significative (a cavallo tra il sec. XII e il XIII) in Hartmann von Aue, Walther von der Vogelweide, che ne preluse già la crisi, in Federico di Hausen ed Enrico di Morungen, e ha avuto il suo detrattore e dissolutore in Neidhart von Reuenthal (prima metà del sec. XIII). L'altra grande espressione di questo tardo Medioevo germanico è il poema cavalleresco, che attingeva a motivi francesi di derivazione celtica: al lungo cammino mistico di Parsifal nel poema di Wolfram von Eschenbach (ca. 1170-ca. 1220), voce genuina dell'esuberante e tormentata religiosità tedesca, si contrapponeva l'apologia dell'amore carnale e spirituale come valore assoluto nel Tristano e Isotta di Goffredo di Strasburgo (attivo nei primi anni del Duecento), testimone del superamento del binomio cavalleresco virtù-amore e del tramontato predominio della fede. Fenomeno isolato, anche se contornato di altri poemetti-frammenti dello stesso antichissimo ciclo, è la Canzone dei Nibelunghi, violenta, sublime esplosione di residuo spirito pagano in seno alla società cortese cristiana. L'ascesa della borghesia e l'incipiente fusione dei ceti alla fine dell'età sveva traspaiono dalla novella realistica in versi Meier Helmbrecht di Wernher der Gartenaere (sec. XIII). Gli ideali cavallereschi, separati tuttavia dal culto della donna, ebbero una tarda fioritura nella Prussia colonizzata dall'ordine Teutonico tra il 1230 e il 1280. Alla crisi del papato e della Chiesa e all'insufficienza della Scolastica fece da contrappeso la nuova mistica nutrita dal riscoperto Dionigi l'Areopagita, culminante (sec. XIV) nell'opera di Meister Eckhart, Tauler e Seuse, e affiancata da una forte componente laica di massa e da una vistosa partecipazione della donna (vedi l'antesignana Matilde di Magdeburgo, ca. 1210-83). L'opera dei tre domenicani esercitò un influsso decisivo nella formazione della prosa tedesca, anche se l'unità linguistica medio-alto-tedesca era indebolita dalla riscossa dei dialetti regionali e la cura formale dell'età cortese superata dalla ricerca di nuovi modi espressivi. Le corti cedevano la loro funzione culturale alle città, in particolare a Praga, Colonia, Norimberga; i temi della poesia cortese venivano assorbiti dalla poesia dei vaganti e, mediati da Reinmar von Zweter, concorsero alla nascita del Meistersang, in cui eccelsero nel Quattrocento H. Rosenplüt e nel Cinquecento H. Sachs. Il Trecento vide la decadenza della lirica e la diffusione della prosa didattico-allegorica, la rielaborazione in prosa dell'epos cortese, l'evolversi della novella cortese in novella erotica, l'espansione della sacra rappresentazione (nata intorno al 1000) che si dava ora per la prima volta dei testi scritti, e da cui discese, nel Quattrocento, la rappresentazione profana carnascialesca ossia il Fastnachtsspiel, che raggiunse grande splendore nel Tirolo, a Lubecca e a Norimberga.

Cultura: letteratura. L'Umanesimo e la Riforma

L'Umanesimo, anticipato dai contatti della cancelleria di Carlo I di Boemia con l'Italia alla fine del Trecento, e testimoniato ai suoi esordi dall'Ackermann aus Böhmen di Giovanni di Tepl, fu contemporaneo, in Germania, alla Riforma (prima metà del sec. XVI) ed ebbe i suoi maggiori rappresentanti in J. Reuchlin, F. Melantone, U. von Hutten, C. Celtis, J. Fischart, N. Frischlin, T. Murner, J. Wickram ecc. La ricezione della cultura umanistica latina e romanza fu però congelata, nella seconda metà del Cinquecento, dal rigorismo luterano, che aveva arginato anche la sintomatica guerra dei contadini (1525). Per quasi due secoli l'elemento reazionario e nazionalistico – opposto al cosmopolitismo e alla tolleranza umanistica dell'antagonista di Lutero, Erasmo da Rotterdam (ca. 1466-1536) – prevalse in seno alla Riforma sul potenziale rivoluzionario contenuto già di per sé nel libero esame. La traduzione della Bibbia compiuta da Lutero tra il 1522 e il 1534 e la sua immensa diffusione, dovuta all'invenzione della stampa, fornirono alla Germania un'unità linguistica moderna sulla base dell'alto-tedesco. La sostituzione della liturgia latina con il canto comunitario avviata da Lutero promosse inoltre lo sviluppo della liederistica religiosa (parallelo a quello della liederistica religiosa e profana nella Germania cattolica). Intanto la stessa reazione alla decadenza della morale e della fede che sta all'origine della dottrina di Lutero ispirò una messe di scrittori satirici, tra cui S. Brant (1458-1521), così come la rafforzata coscienza nazionale incrementava la letteratura popolare, che creò figure intramontabili quali Till Eulenspiegel e Faust. I circoli accademici coltivavano invece attivamente la poesia in latino, luogo di aristocratica evasione dalla realtà. L'età barocca in Germania fu contrassegnata dalla guerra dei Trent'anni (1618-48), che decimò la popolazione e le risorse economiche del Paese.

Cultura: letteratura. Il periodo barocco

L'irradiazione della Riforma impresse al barocco letterario tedesco un carattere confessionale, mitigato tuttavia dall'afflusso della musica italiana (musica e lirica sono interdipendenti, ancor più che nell'età romantica) attraverso l'Austria, la Boemia e la Sassonia, e dalla riviviscenza laico-classicistica espressa dalla “riforma” di M. Opitz (1597-1639). Fiorirono, come luoghi d'evasione dalla tragedia storica, società linguistiche, circoli di poeti (a Königsberg, Norimberga, Weimar, Heidelberg, Amburgo) e circoli mistici, e trionfarono il romanzo pastorale, la lirica, il poema eroico (per lo più d'ispirazione francese, inglese, spagnola) con una sensibile incidenza del marinismo nella seconda metà del secolo (C. von Hofmannswaldau, Casper von Lohenstein), mentre P. Fleming e A. Gryphius potrebbero apparire tardi interpreti del Rinascimento, quanto modernamente isolato è invece J. C. Günther (1695-1723). Il teatro fu potenziato sia dai protestanti (Gryphius, Lohenstein), che risentirono l'influsso del teatro elisabettiano, sia dai cattolici e in particolare dai gesuiti (N. Avancini, J. Bidermann), cultori del dramma in latino d'imitazione senechiana. Ma più valido dei pur validi risultati lirici di Fleming, F. von Langenfeld Spee, A. Silesius e delle intuizioni estetiche quasi preromantiche di G. Ph. Harsdörffer è ancor oggi il romanzo di H. J. von Grimmelshausen, Simplicissimus (1669). La reazione al barocco mosse dalla Francia, dall'Art poétique di N. Boileau, ed ebbe il suo autorevole portavoce in C. Weise (1642-1708). La prima metà del Settecento fu dominata dalla cultura e dal classicismo francese, senza che tale predominio significasse per i tedeschi l'assorbimento del razionalismo filosofico aconfessionale dei Francesi. Centri d'irradiazione culturale furono la Berlino di Federico II, dove la lingua del ceto colto era il francese, e la Sassonia, con le città di Dresda, Halle e Lipsia, dove J. C. Gottsched (1700-66), seguace del razionalismo di Leibniz e di Wolff, imponeva teorie estetiche fondate su natura e ragione ed escludenti dalla poesia l'irrazionale e il fantastico. A Lipsia si rappresentavano le commedie sentimentali di C. F. Gellert (1715-69) e J. W. L. Gleim (1719-1803) faceva sgorgare una fresca lirica anacreontica, affine a quella dell'amburghese F. von Hagedorn (1708-54), ma il rococò trovò la sua più sensibile e ricca espressione in C. M. Wieland (1733-1813), che ne fu anche l'epigono. Il legame illuministico con la natura era espresso in tutte le sue varianti da tre poeti secondari ma a loro modo innovatori, l'ancor baroccheggiante B. H. Brockes (1680-1747), lo scientificheggiante A. von Haller (1708-77) e l'idillico S. Gessner (1730-88). Il pietismo, sorto alla fine del Seicento, ebbe il suo grande cantore in F. G. Klopstock (1724-1803), da alcuni peraltro considerato vertice ed epigono dell'età barocca. In realtà Klopstock ha segnato una svolta del gusto tedesco: la fine delle poetiche, soprattutto di quella classicistica (fine già auspicata dai critici svizzeri J. J. Bodmer e J. J. Breitinger), e la ricerca di modelli vicini e confacenti allo spirito tedesco: gli inglesi J. Milton e W. Shakespeare. Tale orientamento fu codificato, con assai più talento che presso gli svizzeri, da G. E. Lessing (1729-81), che si può considerare il primo autore tedesco moderno. Il razionalismo lessinghiano, deista e tollerante, non fu tuttavia estraneo al culto del sentimento e della vita del cuore proprio dell'Empfindsamkeit. Sostanziale all'interno di questa corrente l'apporto dei romanzi inglesi di S. Richardson e L. Sterne e della poesia notturna di E. Young. Si era ormai alle soglie dello Sturm und Drang: il Göttinger Hain, specie di sentimentale Arcadia antivoltairiana, ne anticipava alcuni motivi.

Cultura: letteratura. Lo Sturm und Drang e il romanticismo

Lo Sturm und Drang sintetizzò la nuova esperienza diretta del mondo greco compiuta per primo da J. J. Winckelmann (1717-68), la riscoperta della poesia popolare da parte di J. G. Herder (1744-1803) e la ricerca di una nuova morale e di un nuovo spazio al di là della convenzione sociale e di classe, nonché la comunione irrazionale e mistica con la natura (J. G. Hamann, 1730-88). Figli dello Sturm und Drang furono, con convergenze e divergenze, J. W. Goethe (1749-1832) e F. Schiller (1759-1805) – nonché i celeberrimi protagonisti delle loro opere giovanili, Götz, Werther, Faust, Karl Moor – e la generazione “bruciata” (seconda metà del Settecento) dei G. A. Bürger, H. W. von Gerstenberg, J. J. W. Heinse, F. M. Klinger, J. M. R. Lenz. Goethe si evolse, dopo un'immersione nel mondo italiano, verso un nuovo classicismo cosmopolita e borghese (Iphigenie, Tasso), per aprirsi nella tarda maturità e vecchiaia a suggestioni orientali, a impostazioni idealistiche e alla tematica sociale (ultimo Guglielmo Meister, Affinità elettive). Schiller formò con Goethe la grande coppia del classicismo di Weimar (detto Klassik, mentre con Klassicismus si indicava ogni movimento di restaurazione del gusto classico), ma impresse nelle formulazioni fondamentali di Poesia ingenua e sentimentale la sua certezza dell'irrecuperabilità dell'unità tra natura e coscienza e il sentimento della precarietà della poesia moderna. Analoga, ma più bruciante nostalgia di completezza è nell'outsider Hölderlin (1770-1843) che nel mito classico trasfuso in quello cristiano ha cercato il luogo utopico di redenzione, al pari dell'altro grande outsider Jean Paul (1763-1825), ironico sperimentatore d'umore già quasi romantico. Il Romanticismo si sviluppò in Germania nell'età napoleonica e quindi in anticipo sulle altre letterature europee: aperto dapprima agli ideali della Rivoluzione francese, s'involse ben presto, anche a causa della tragica situazione politica tedesca, in un passatismo reazionario, di cui si ha segno tangibile nelle frequenti conversioni dei suoi rappresentanti al cattolicesimo. “Romantico” si contrappone ad antico, in quanto sintesi culturale del passato medievale germanico e medievale-rinascimentale-romanzo, ma si identifica altresì con il “poetico” stesso se, come dice Novalis (1772-1801), “romantizzare” non è che un “potenziare la qualità”, qualora si dia “al comune un senso elevato, al consueto un aspetto misterioso, al noto la dignità dell'ignoto, al finito un senso infinito”. Il romanticismo si fondava sulla filosofia idealistica (oltre che sulla pansofia e lo spinozismo) rilevandone da un lato l'impulso illimitato alla trasformazione della natura, dall'altro la contrapposizione di io e non-io, facilmente risolvibile nella distruzione nichilistica di entrambi; la stessa ironia romantica sulla discrepanza tra sogno e realtà, finito e infinito, poteva decretare la vanità di entrambi. Le arti dovevano fondersi in unità (tendenza, questa, già espressa nell'età barocca, specie nel teatro), di modo che alla fruizione dell'opera d'arte dovevano partecipare tutti i sensi in “sinestesia”; la letteratura in particolare deve essere “poesia universale progressiva” (F. Schlegel, 116º frammento dell'Athenäum) e cioè unificare progressivamente in sé scienza, filosofia, religione, critica, prosa e verso, cultura e spirito popolare. Il romanzo è la forma più propriamente romantica che vi sia, potendo esso inglobare fiaba, canto, saggio, episodio. Modello via via deprecato ed esaltato resta per Novalis, L. Tieck, F. Schlegel, C. Brentano il Meister di Goethe. La generazione romantica diede tuttavia il meglio di sé nel racconto (H. von Kleist, E. T. A. Hoffmann, A. L. J. von Arnim, J. von Eichendorff), nel frammento grottesco (Bonaventura), nella fiaba (Tieck, Brentano, Hoffmann), nella fantasia sull'arte (W. H. Wackenroder, Hoffmann) e nella lirica (Novalis, Brentano, Eichendorff). La lirica e la liederistica tedesche romantiche e immediatamente postromantiche possono considerarsi una delle massime manifestazioni della civiltà occidentale. Al cosiddetto “romanticismo di Jena e Berlino” (a cavallo tra Sette e Ottocento; A. W. Schlegel, F. Schlegel, Tieck, Wackenroder, Novalis) che pubblicò le riviste Athenäum ed Europa (1803-1805) succedette il “romanticismo di Heidelberg” (Arnim, Brentano, Eichendorff, Görres) che pubblicò Zeitung für Einsiedler. Intorno al 1810 i centri del movimento, peraltro già in declino, erano Berlino (A. von Chamisso, F. H. K. Fouqué) e Stoccarda, intorno a cui si sviluppò la “scuola sveva” (L. Uhland, J. Kerner, G. Schwab). Alla generazione romantica, con a capo i Grimm e gli Schlegel, si deve la nascita della critica filologica e della storiografia moderne: essa svolse un immenso lavoro analitico ed editoriale sulle tradizioni popolari; con essa le università furono miracolosamente integrate con la vita letteraria e fu, sia pure per breve tempo, sanato il divario tra cultura e creazione. L'età della Restaurazione vide la decadenza della piccola borghesia mecenatesca e delle corti, la dissoluzione dei circoli poetici e un forte incremento dei giornali. Gli intellettuali presero due strade divergenti; aderirono formalmente o spiritualmente allo Junges Deutschland. K. F. Gutzkow (1811-78), H. Laube (1806-84), H. Heine (1797-1856), che fu dolente termine medio tra romanticismo e realismo, aristocratismo estetico e comunismo, e G. Büchner (1813-37), che si accostò, sebbene intaccato dal pessimismo filosofico postromantico, a posizioni premarxiste. Si abbandonarono da isolati allo stagnante provincialismo tedesco J. M. F. Rückert (1788-1866), N. Lenau (1802-50), A. von Platen (1796-1835), riversando, in toni diversissimi, le loro ancor vive nostalgie romantiche in una desolata lirica minore, mentre E. Mörike (1804-75), A. Stifter (1805-68), la A. von Droste (1797-1848) riuscirono cantori incomparabili di ambienti rurali o piccolo-borghesi, di un solipsismo rinunciatario in quasi religiosa armonia con l'umile eppur magica realtà quotidiana e in apolitica obbedienza alle leggi dello Stato, quello Stato di diritto ipotizzato da Hegel e reinterpretato in chiave conservativa dalla destra hegeliana.

Cultura: letteratura. Il periodo Biedermeier

Caso estremo fu Gotthelf (1797-1854), che rifiutò la soluzione politica del problema sociale. Schopenhauer e Feuerbach espressero filosoficamente il singolare rapporto con la vita dei rappresentanti di questa letteratura, per la quale si è parlato specificamente di Biedermeier e alla quale hanno dato speciale apporto le terre di confine, Austria, Svevia e Svizzera. I maggiori drammaturghi del Biedermeier sono gli austriaci F. Grillparzer (1791-1872) e F. Raimund (1790-1836). La grande narrativa del Biedermeier fu continuata dagli scrittori del realismo, movimento che si estende dalla metà del secolo (dalle fallite rivoluzioni del 1848) all'età di Bismarck a cui si suole aggiungere l'attributo di “poetico”. L'eredità romantica, idealistica e protestante, ha distanziato il realismo tedesco da quello francese, tanto più libero e dissacrante, e ha fatto dei suoi maggiori rappresentanti, F. Hebbel (1813-63), T. Fontane (1819-98), G. Keller (1819-90), C. F. Meyer (1825-98), W. Raabe (1831-1910), T. Storm (1817-88), dei fedeli della legge morale che appariva loro, estintosi ogni rapporto con la trascendenza e quando era ormai impossibile intervenire nella lotta politico-sociale, l'unico valore ancora intatto: essi combatterono, isolatamente, quella che Lukács ha chiamato l'“ultima battaglia dell'umanesimo borghese”, poiché l'esistenza singola era sentita ormai come minacciata da forze esterne, materiali, e condannata a soccombere, ma non era vista ancora come prodotto di forze biologico-sociali. La società, per quanto preponderante, ruotava ancora intorno all'individuo, la cui immagine era tuttavia modificata dalle scoperte della scienza positivistica a cui erano negate la dimensione eroica quanto la dimensione ideologica: il realismo respingeva tanto Schiller quanto lo Junges Deutschland, come dice O. Ludwig (1813-65). Esso ci ha dato una serie di grandi novelle e romanzi sociali e un solo drammaturgo in Hebbel, che nel suo tempo ebbe scarsa eco, essendo il teatro tedesco dominato da autori francesi come A. Dumas figlio e V. Sardou e dai loro imitatori tedeschi. Il wagnerismo è esploso più tardi. Intorno al 1880 si fece sentire l'esigenza improrogabile di una nuova ricognizione della realtà confortata da un'ideologia scientifico-sociale e mossa da un fine educativo. Si volle considerare lo scrittore, sulla scorta di É. Zola, uno sperimentatore scientifico di nessi causali. Il reportage acquistò dignità d'arte, l'arte fu definita una natura depauperata che tendeva a completarsi (A. Holz), centro d'interesse divenne l'uomo comune o addirittura l'emarginato dalla società borghese, malato, folle o prostituta. Il naturalismo, codificato intorno al 1880 dai fratelli Hart e influenzato in Germania dalla contemporanea letteratura francese o russa, ma soprattutto scandinava, e coinvolto nelle lotte sociali, si sviluppò a Monaco intorno a M. G. Conrad e a K. Alberti e alla rivista Die Gesellschaft (1885-1902) e a Berlino intorno agli Hart, editori del Kritische Waffengänge (1882 e seg.), a G. Hauptmann (1862-1946), H. Conradi (1862-90), A. Holz (1863-1929) e alla Freie Bühne (1889), nuovo teatro sorto sul modello del Théâtre libre di Parigi e centro a sua volta della rivista omonima. Il naturalismo si manifestò soprattutto nel teatro e nel giornalismo: la lirica si sforzò di abbracciare la nuova tematica di protesta, il disagio della tecnica, la mostruosità del capitalismo, anticipando con Holz le ricerche dell'espressionismo, ma conservando intatta con D. von Liliencron la tradizione formale del primo Ottocento. Già prima del Novecento il naturalismo fu incrociato e superato dalla filosofia di Nietzsche, da correnti neoromantiche, neoclassiche, impressionistiche, simbolistiche: la scissione tra poesia e realtà, uomo e mondo si rinnovò ed ebbe il suo massimo cantore in S. George (1868-1933), la sua suggestiva stilizzazione nello Jugendstil, mentre la visione psicologica dell'uomo trovò la sua massima espressione nella lirica di R. Dehmel (1863-1920), H. von Hofmannsthal (1874-1929), R. M. Rilke (1875-1926), nella narrativa della monarchia danubiana e nelle scoperte di Freud, figlio, al pari di Rilke, Hofmannsthal, A. Schnitzler (1862-1931), S. Zweig (1881-1942), di questo mondo in decomposizione. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento si è avuta una riviviscenza del teatro (Hofmannsthal, Schnitzler, Wedekind), la nascita del cabaret, una nuova fioritura della narrativa di strapaese e d'importanti riviste, come Die Insel e Blätter für die Kunst e dal 1899 l'eversiva Die Fackel. Il decennio espressionista (1905-15) ha portato la Germania all'avanguardia della cultura europea, ma si è trattato di un'esplosione di breve durata; l'età guglielmino-vittoriana, di cui l'espressionismo è figlio, fu sepolta insieme con esso dalla I guerra mondiale.

Cultura: letteratura. Il primo dopoguerra

Fu tuttavia in questa rivolta, estetica, religiosa, sociale al sazio e brutale establishment capitalista-imperialistico dei “padri” che hanno affondato le radici B. Brecht (1898-1956), A. Döblin (1878-1957), G. Benn (1886-1956), H. Mann (1871-1950), F. Werfel (1890-1945) e i lirici G. Heym (1887-1912) e G. Trakl (1887-1914). Anche il teatro ha dato frutti originalissimi con E. Toller (1893-1939), G. Kaiser (1878-1945), F. Wedekind (1864-1918), C. Sternheim (1878-1942) e la vita intellettuale e artistica si è raccolta in numerosi e vivacissimi circoli a Berlino, Lipsia, Monaco. La società borghese d'anteguerra ha trovato invece i suoi analizzatori postumi in una serie di grandi romanzieri, Th. Mann (1875-1955), E. Canetti (1905-94), H. Broch (1886-1951), R. Musil (1880-1942), mentre F. Kafka (1883-1924), erede anche della cultura ebraica dell'Europa orientale, ha occupato una posizione isolata. Gli anni Venti hanno visto l'estinguersi delle speranze rivoluzionarie dell'espressionismo e l'enuclearsi di una nuova esplorazione della realtà nella Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività), che si accostava per certi aspetti al contemporaneo realismo socialista e a certa letteratura americana. Ma il problema basilare degli scrittori postnaturalisti e postespressionisti, influenzati in misura decisiva dalla Recherche di Proust (tradotta nel 1926) e dall'Ulysses di Joyce (tradotto nel 1927), fu la ricerca della realtà dell'arte al di là del fenomenico e lo studio di tecniche espressive (monologo interiore, associazioni dell'inconscio ecc.) da sostituire alla successione cronologica o psicologica stabilita dal “burattinaio”, onnisciente, qual era da sempre il romanziere. L'autore preferiva assumere la funzione di saggista, analista, indicatore di utopie, ordinatore di materiali di provenienza diversa. Gli stessi concetti brechtiani di “teatro epico” e di “straniamento” testimoniano dei mutati rapporti tra autore, opera, fruitore, mutamento che ha avuto tuttavia solo parziale riflesso negli acclamati romanzi di H. Hesse (1877-1962), F. Werfel (1890-1945), E. Wiechert (1887-1950) e nei capolavori della maturità di Th. Mann. Il romanzo era l'autentico terreno di battaglia; la lirica e il teatro avevano in quegli anni una posizione minore, anche se proprio al teatro, a quello di Brecht, si debbono le formulazioni più nuove. Il nazionalsocialismo scatenò una bufera devastatrice, inducendo al suicidio, all'emigrazione o al silenzio la maggior parte degli intellettuali tedeschi. La Svizzera, Paese ospite di molti di essi, acquistò nuovo peso culturale e fece del teatro di Zurigo una roccaforte della protesta democratica e, dopo la guerra, ha dato alla letteratura in lingua tedesca due brillantissimi scrittori, il romanziere M. Frisch (1911-91) e il drammaturgo F. Dürrenmatt (1921-90).

Cultura: letteratura. Il secondo dopoguerra

La divisione della Germania dopo il 1945 ha portato allo sviluppo di due letterature a sé stanti che si spiano a vicenda. L'anno zero ha visto la ripresa della generazione di mezzo stroncata da Hitler e i primi passi della generazione nata negli anni Venti, di W. Borchert, H. Böll, I. Bachmann, P. Celan, H. Eisenreich, H. M. Enzensberger, G. Grass, P. Hacks, S. Lenz, M. Walser. Con il Gruppo 47 si è tentato di ricostituire una società letteraria, con il Gruppo 61 (di Dortmund) un'associazione di scrittori operai simile a quelle della Repubblica Democratica Tedesca. La sperimentazione, i cui rappresentanti più geniali, in diversi campi, sono il già citato Enzensberger, H. Heissenbüttel (1921-1996) e P. Weiss (1916-82), si volge ora contro i miti della “restaurazione” in atto nella rifiorente Germania Federale, contro il tentativo di cancellare con nuovi condizionamenti e convenzioni gli orrori del nazismo (tema, questo, di tormentosa meditazione per molti scrittori), e a una spietata analisi del linguaggio, delle sue stratificazioni e delle manipolazioni cui esso è sottoposto da parte del potere e dei mass-media. La lirica soprattutto, con Celan, la Bachmann, G. Eich (1907-72), la N. Sachs (1891-1970), si è affacciata, tanto per vie alogiche quanto per vie rigorosamente intellettuali, sul “metalinguistico”; al tempo stesso si è concepita non più come prodotto di ispirazione personale, ma come distillato di laboratorio (si veda Probleme der Lyrik di Benn, 1952), non necessariamente comprensibile per il fruitore. La prosa ha cercato un rinnovamento nell'assunzione di terminologia scientifico-tecnica e nel risolvere la realtà in supposizioni che il lettore deve elaborare da sé: come succinti stimoli a tale elaborazione vanno considerate le forme espressive della storia breve (dalla short story americana), del radiodramma, in cui si sono cimentati quasi tutti i nomi più famosi, da Böll alla Bachmann, a S. Lenz. Il romanzo ha registrato notevoli successi con Böll, H. E. Nossack (1901-77), A. Schmidt (1914-79), Frisch, Grass, Koeppen, M. Walser e, nella Germania Orientale, con le opere di U. Johnson (1934-84), M. Bieler (n. 1934), H. Kant (n. 1926), Christa Reinig (n. 1926), Ulrich Plenzdorf (n. 1934), nonché con gli ultimi lavori di A. Seghers (1900-83) e di A. Zweig (1887-1968). Nel teatro della Germania Orientale si distinguono i nomi di E. Strittmatter (1912-94), H. Müller (1929-95) e P. Hacks (n. 1928), di scuola brechtiana, e in quello della Germania Federale, oltre al già citato Weiss, W. Hildesheimer (1916-91), suggestivo rappresentante e teorico del teatro dell'assurdo e, in seguito, F. X. Kroetz (n. 1946), R. W. Fassbinder (1946-82), M. Sperr (n. 1944). Dopo la fine degli anni Sessanta, la tendenza al ripiegamento sul privato si manifesta nella Germania Orientale soprattutto nella lirica, i cui massimi rappresentanti sono R. Kunze (n. 1933) e S. Kirsch (n. 1935), mentre la speranza in una società migliore permane in G. Kunert (n. 1929) e in W. Biermann (n. 1936), valenti epigoni di B. Brecht, e in V. Braun (n. 1939), che è pure originale autore di teatro. Nella lirica occidentale emergono la singolare vena di J. Becker (n. 1932) e i buoni risultati dei neosoggettivi R. Rasp (n. 1935) e G. Vesper (n. 1941). Al sistema capitalistico e al concetto aristocratico dell'arte si oppone tuttavia ancora il Gruppo 61, che nel 1970 fonda a Colonia una specie di “officina” letteraria comunitaria, legata al mondo operaio. La realtà è posta sotto accusa, nella chiave della pop art, anche da un lirico come R. D. Brinkmann (1940-75) e, da un ambiguo punto di vista di “romantico da sinistra”, da P. Rühmkorf (n. 1929), che rivisita con intenzione parodistica la grande tradizione lirica tedesca.

Cultura: letteratura. Dopo la riunificazione

Con il trasferimento della capitale tedesca a Berlino, le attività culturali si sono andate concentrando nella metropoli prussiana, in un clima frenetico e per certi versi euforico della ricostruzione e del riassetto urbanistico. La riflessione sulla realtà delle due Germanie, sui loro reciproci rapporti prima del 1989 e sulle relazioni tra tedeschi dell'Est e dell'Ovest, “Ossis” e “Wessis”, dopo quel fatidico anno, ha ancora carattere preminente nei generi letterari più diversi. Particolarmente vitale e originale è la produzione di scrittori vissuti nella zona orientale, che trae spunto da esperienze personali spesso dolorose e traumatiche negli anni della riunificazione. Tra i più promettenti scrittori ricordiamo Ulrich Woelk (1960), autore di Rückspiel (1994); Lioba Happel (1957), già autore del libro di liriche Grüme Nachmittage (1989) e poi passato alla narrativa con Ein Hut wie Saturn (1991); Barbara Köhler (n. 1959), autrice di Deutsches Roulette (1991). Notevole la compagine femminile, da J. Franc a G. Poppe, che elabora creativamente i temi della sopravvivenza e dell'autoaffermazione nella cruda società postindustriale, della crisi dei rapporti umani e di coppia, nell'era del postfemminismo. A un'analisi per lo più critica della vecchia DDR, come si presentava nei diari, nei romanzi o nei lavori teatrali dei primi anni Novanta, si è sostituita nei giovani autori una visione più differenziata e quindi non solo negativa della “dittatura comoda” a ridosso del Muro, come per esempio nei bestsellers di Th. Brussig. Sempre dai lasciti recuperati nella vecchia DDR sono venute alla luce opere di notevole rilievo, pubblicate postume alla fine degli anni Novanta. Tra queste meritano menzione, per il loro valore letterario, ma anche per l'efficace ricostruzione del quadro storico e d'ambiente della Germania hitleriana e di quella comunista, soprattutto i notevolissimi Diari 1933-1959 dell'insigne romanista ebreo Victor Klemperer (1881-1960) e il romanzo Franziska Linkerhand, rimasto frammento, della scrittrice magdeburghese Brigitte Reimann (1933-73). Altri autori di qualità sono Helga Schubert (1940), Günter de Bruyn, Stephan Hermlin (1915-97) e Stefan Heym (1913-2001). La storia tedesca, vista nei suoi aspetti drammatici e anche come monito per le generazioni future, le catastrofi del sec. XX, la rimozione del nazismo negli anni Cinquanta e Sessanta e la recente lenta rielaborazione del “passato che non passa” restano ancora al centro dell'interesse degli autori più rappresentativi, da Günther Grass (n. 1927) a Martin Walser (n. 1927), da Christa Wolf (n. 1929) a Monika Maron (1941), che hanno privilegiato il genere memorialistico e narrativo. I nuovi romanzi del XXI secolo affrontano con occhio demistificatorio e stile postmoderno le tematiche legate alla nuova realtà del Paese unificato, le opere di Jacob Arjouni (n. 1964) riguardano i problemi giovanili e di integrazione, quelle di Ingo Schulze (n. 1962), di W.G. Sebald (1944-2001) e U. Treichel, n. 1952 il trauma della caduta del muro e delle colpe nazifasciste. Suggestivi i gialli di ambientazione berlinese del russo-tedesco W. Kaminer (1967).

Cultura: arte. Dalle origini al periodo salico

I prodotti artistici superstiti delle popolazioni barbariche stanziatesi nei territori di lingua tedesca (Bavari, Alamanni, Turingi, Franchi, Sassoni) si limitano all'oreficeria (a motivi zoomorfi e a intreccio), alle armi e alla ceramica. Nessun edificio rimane del periodo che va dal sec. V al VII (si trattava per lo più di piccole chiese in forma di semplici aule absidate). L'architettura monumentale fiorì con Carlo Magno, che fece erigere palazzi con cappelle imperiali e le prime grandi basiliche. I monumenti carolingi più importanti a noi giunti si trovano a Lorsch (Torhalle, 790), Aquisgrana (cappella palatina, 804), Corvey (duomo, 873-885; l'edificio presenta un imponente Westwerk). Le chiese di Fulda (Fulda II, 790-818) e Hersfeld (831-850), il S. Salvatore di Paderborn (831) e il duomo di Colonia (870) avevano doppio coro con la cattedra per l'imperatore. Poco o nulla rimane della pittura monumentale (frammenti di affreschi a Treviri e a Lorsch) e della scultura in bronzo (cancelli della cappella palatina di Aquisgrana), mentre cospicue sono le testimonianze della miniatura (manoscritti del gruppo di Ada), dell'oreficeria, dell'intaglio in avorio (Metz). Con il Trattato di Verdun (843) e la separazione del territorio dei Franchi orientali e occidentali, iniziò il processo di formazione di un'arte propriamente tedesca. Dapprima le invasioni di Ungari, Normanni e Saraceni determinarono una stasi nell'attività artistica; poi, verso il 950, con la dinastia degli Ottoni, si ebbe la prima fioritura dell'arte tedesca. Il centro più fecondo dell'attività artistica fu la zona sassone. Qui sorsero i capolavori dell'architettura ottoniana: S. Michele di Hildesheim e la chiesa capitolare di Gernrode (iniziata nel 961). Altri notevoli edifici sono S. Pantaleone di Colonia (con Westwerk), le chiese della Reichenau sul lago di Costanza, S. Bartolomeo di Paderborn, il monastero di Hersfeld. Eccezionale rigoglio ebbe sotto gli Ottoni la scultura monumentale (Croce di Gereone a Colonia, ca. 969-976; Madonna di Essen, ca. 1000). Hildesheim era il centro della scultura monumentale in bronzo fuso (porte monumentali e colonne di bronzo di S. Michele, di Bernward, 993-1022). Tra gli scarsi resti della pittura a fresco spiccano quelli di S. Giorgio a Reichenau con i Miracoli di Cristo (ca. 1000). Nel campo della produzione di manoscritti miniati, oreficerie, avori, fiorirono le grandi botteghe dell'artigianato conventuale, tra cui quelle di Reichenau, Fulda, S. Pantaleone di Colonia, St. Emmeram di Ratisbona, S. Massimino di Treviri, Hildesheim, Echternach. Sotto i Salii continuò l'evoluzione stilistica dell'arte ottoniana e il centro di gravità della produzione artistica si spostò nelle zone renane. La grande architettura salica toccò i suoi vertici nelle cattedrali imperiali di Spira (1027-61) e Magonza (1009-36) rifatte dopo il 1080 da Enrico IV e nelle chiese di Colonia (St. Maria im Kapitol, i SS. Apostoli). Capolavoro dell'architettura profana è il palazzo dei Salii a Goslar. Per la scultura si ricordano le porte bronzee di Augusta (ca. 1080) e quelle lignee di St. Maria im Kapitol a Colonia (ca. 1040-60).

Cultura: arte. Il periodo svevo

L'arte dei Salii sfociò insensibilmente nello stile romanico degli imperatori svevi. Il centro più vivo continuò a essere la valle del Reno, dove fiorì una scuola architettonica romanica caratterizzata da una ricca articolazione spaziale (doppi cori, doppi transetti, cripte, torri di crociera e torri scalarie, matronei), da un forte verticalismo, da una ricca decorazione architettonica di tipo lombardo (archetti, loggette, lesene). Tra i capolavori del romanico tedesco vanno ricordate le cattedrali di Spira (la più grande cattedrale romanica d'Europa, voltata nel 1080), Magonza (1081-1137 e 1209-37), Worms (1171-1220), Limburg an der Lahn (1215-36), Bamberga (1201-37), Naumburg (dal 1220); la chiesa abbaziale di Maria Laach (1093-1230); la Liebfrauenkirche di Halberstadt (fine sec. XII); la Marienkirche di Gelnhausen (dal 1215). Infine, fuori della Renania, importante il gruppo delle fondazioni di Enrico il Leone, l'antagonista del Barbarossa (castello di Dankwarderode e duomo a Braunschweig; chiesa premostratense di Jerichow, iniziata 1149). Ricchissima la scultura in pietra, in bronzo e in legno (portali, imposte, croci trionfali, recinzioni ecc.), la pittura a fresco (Prüfening, Schwarzrheindorf ecc.). In epoca romanica continuò la fioritura dell'arte monastica, a cui si deve la rigogliosa produzione di miniature, pitture su tavola, oreficerie (per lo più altari, portali e reliquiari d'oro), arazzi, campo in cui la Germania vanta un'antica e illustre tradizione. I più antichi frammenti di tessuto di arazzo (sec. XI-XII) a noi pervenuti, ora divisi tra vari musei europei, provengono dalla chiesa di S. Gereone a Colonia e, nonostante i temi orientaleggianti (leoni e grifi entro medaglioni), si propende ormai per l'ipotesi di un'esecuzione locale, probabilmente a opera di un laboratorio conventuale. Da una manifattura tedesca proviene anche l'arazzo più antico datato (1203), Le nozze di Mercurio e della Filologia, tessuto nel convento della badessa Agnese a Quedlimburg (Bassa Sassonia), manifattura a cui si attribuiscono dubitativamente altri tre arazzi tecnicamente simili.

Cultura: arte. Il periodo gotico

In Germania lo stile gotico penetrò lentamente e con grande ritardo, contemporaneamente alla grande fioritura tardoromanica. Le fondazioni cistercensi diffusero le forme ogivali borgognone (Kamp, 1123; Eberbach, 1135; Eldena, Maulbronn, Ebrach; nel Nord, Chorin) che insieme con le influenze del gotico dell'Île-de-France si mescolarono per tutta la prima metà del sec. XIII con le persistenti strutture tardoromaniche (cattedrali di Bamberga e Naumburg; Limburg an der Lahn; Liebfrauenkirche di Treviri; S. Elisabetta di Marburgo, 1236-83; navata del duomo di Strasburgo). Il duomo di Colonia (iniziato nel 1248) rimane l'unico tentativo coerente di adeguamento ai modelli francesi (Amiens), ma nel 1322, allorché solo il coro era compiuto, si stava già sviluppando uno stile tardogotico tipicamente tedesco. Altissima è la scultura gotica tedesca, pari per quantità e qualità a quella francese, prima derivata direttamente da questa (Strasburgo, Bamberga, Magdeburgo, Münster), poi assolutamente indipendente e originale (portali di Paderborn e Freiberg, opere del Maestro di Naumburg). Mentre il potere imperiale entrava in crisi e si affermava il predominio economico e culturale della borghesia cittadina, si sviluppò in Germania uno stile gotico nazionale caratterizzato da ampi spazi unitari (chiese a tre navi di uguale altezza o “a sala”, le cosiddette Hallenkirchen) e da sottili pilastri che continuano senza interruzione nelle complesse nervature a stella o a rete che coprono le volte. Il tipo della Hallenkirche, nato in Vestfalia (cattedrali di Münster, Paderborn e Minden, ca. 1225-80), si diffuse rapidamente nel resto della Germania e trionfò tra la metà del sec. XIV e la fine del sec. XV al Sud (Heiligenkreuz o chiesa della S. Croce, di H. Parler, a Schwäbisch-Gmünd, 1351; coro di S. Sebaldo a Norimberga, 1361-79; S. Martino di Landshut, 1392; S. Giacomo di Straubing, dopo il 1400; S. Martino di Amberg, dal 1421; coro di S. Lorenzo di Norimberga, 1439-77; Frauenkirche di Monaco, dal 1468), con sopravvivenze in Turingia e Sassonia nel sec. XVI (Annaberg, Pirna, Halle). Assai originale è anche l'architettura gotica in mattoni del Nord, caratterizzata da muri lisci, poche e ampie finestre, doppie torri, sobrie decorazioni (chiese delle città anseatiche: Lubecca, Danzica, Rostock, Stralsunda, Gustrow, Brandeburgo; castelli dei Cavalieri Teutonici: Thorn, Marienburg, Marienwerder). Un gruppo a sé stante è costituito dalle chiese degli ordini mendicanti dei sec. XIV e XV. Nel campo della scultura verso la metà del sec. XIV si diffuse uno stile pittorico e naturalistico i cui massimi rappresentanti sono i Parler, attivi anche in Boemia. Verso la fine del secolo si affermò lo stile cosiddetto “morbido” (Weicher Stil), una maniera elegante e convenzionale che si manifestò soprattutto nelle Pietà (Vesperbilder) e nelle “Belle Madonne” (Schöne Madonnen), prodotte nelle botteghe di Praga, Breslavia, Thorn, Vienna, Norimberga. A mano a mano che ci si inoltra nel sec. XV la produzione diventa sempre più ricca e di alto livello, sino alla fioritura eccezionale del periodo tra il 1450 e il 1530. Sia nella scultura sia nella pittura su tavola si formarono floride tradizioni locali. In pittura dominò fino al 1430 lo stile gotico internazionale, influenzato dai modelli boemi e borgognoni. Si ricordano le scuole di Colonia, di Norimberga, di Erfurt, di Praga, di Amburgo (Maestro Francke), di Dortmund (Konrad von Soest), della Baviera, dell'Alto Reno. Verso il 1430 un gruppo di maestri della Germania meridionale influenzati dai fiamminghi segnò il passaggio dal gotico internazionale a uno stile più realistico (H. Multscher a Ulma, L. Moser in Svevia, K. Witz a Basilea, S. Lochner di Meersburg a Colonia). Nella seconda metà del secolo i maggiori pittori tedeschi furono M. Schongauer, in Alsazia e M. Pacher (il primo pittore tedesco influenzato direttamente dal Rinascimento italiano), nel Tirolo.

Cultura: arte. Il Rinascimento tedesco

I pittori del periodo successivo (1490-1530 ca.) vengono compresi nella categoria del Rinascimento tedesco, ma la loro interpretazione del classicismo italiano è estremamente autonoma (Albrecht Dürer) e sempre pervasa di un'intensa spiritualità che anticipa le inquietudini manieristiche (H. Baldung, L. Cranach, H. Burgkmair, A. Altdorfer, H. Holbein) quando addirittura non cede a un espressionismo goticizzante (M. Grünewald). Nella grande scultura tedesca dello stesso periodo le dipendenze dalla tradizione gotica sono ancora più evidenti. Quasi ogni città vantava l'opera di grandi scultori in pietra, in bronzo e soprattutto in legno (H. Multscher e i Syrlin a Ulma; B. Notke, C. Berg e B. Dreyer nelle città anseatiche; E. Grasser a Monaco; H. Leinberger a Landshut; V. Stoss, A. Kraft e P. Vischer il Vecchio a Norimberga; T. Riemenschneider a Würzburg ecc.). Accanto alla pittura e alla scultura in legno grande rilievo assunse l'incisione su legno (xilografia) e su rame che, nata in Germania agli inizi del sec. XV, ebbe tra i suoi massimi rappresentanti il Maestro delle Carte da Gioco (attivo dal 1430 ca.), I. von Meckenem (m. 1503), il Maestro del Libro di Casa (seconda metà sec. XV), M. Schongauer (1453-1491), A. Dürer.

Cultura: arte. Il Seicento e il Settecento

La grande fioritura dell'arte tedesca terminò intorno al 1530 con le prime conseguenze della Riforma. Minore interesse ha l'architettura del Cinquecento tedesco. Mentre le chiese continuavano a essere costruite in stile tardogotico (tranne casi eccezionali come la cappella dei Fugger ad Augusta, 1509-18), nei palazzi municipali, nei castelli e nelle residenze (Landshut, 1537-43; Heidelberg, dal 1544; Monaco, 1563-71) si affermò un ibrido stile che utilizzava in chiave “barbarica” gli elementi più anticlassici del manierismo italiano, in stretto parallelo con quanto avveniva nei Paesi Bassi. L'influenza olandese fu particolarmente sensibile nell'architettura civile, caratterizzata dai “frontoni a fasce” (Lemgo, Brema, Hannover, Celle). Alla fine del sec. XVI e nei primi decenni del XVII le corti cattoliche della Germania meridionale (quella degli Asburgo e quella di Baviera) divennero centri dell'ultimo manierismo internazionale. In architettura si configurò una reazione all'irrazionalismo e al decorativismo: mentre i gesuiti diffondevano un tipo di chiesa in cui la struttura gotica della Wandpfeilerkirche è tradotta in stilemi classici (Michaelskirche di Monaco, 1583-97; Trinità di Aschaffenburg; chiesa dei Gesuiti di Dillingen, 1610-17), l'architetto e urbanista E. Holl creò ad Augusta (municipio, 1615-20) una variante suggestiva del purismo europeo, in parallelo con le opere del Vignola in Italia, di J. de Herrera in Spagna, di De Keiser in Olanda. Nelle città della Baviera (Augusta, Monaco) e dell'Impero (Vienna, Praga) fiorì intanto la pittura dell'ultimo manierismo (J. Heintz, H. von Aachen, P. Candid). La guerra dei Trent'anni (1618-48) stroncò ogni attività artistica. Solo verso la fine del sec. XVII riprese l'attività costruttiva che si andò intensificando rapidamente e raggiunse il suo massimo sviluppo nel periodo che va dal 1700 al 1770; centri propulsori furono le corti di Dresda, Berlino, Monaco, Mannheim, Karlsruhe, Kassel, Stoccarda, e le residenze dei principi-vescovi: Bamberga, Würzburg, Colonia, Münster, Spira, Magonza, Treviri. Dapprima prevalse ancora l'attività degli architetti italiani, legati a forme tardomanieristiche; in una seconda fase, per influsso dell'architettura italiana (Borromini e Guarini), austriaca e francese, gli architetti tedeschi crearono uno stile tardobarocco turgido e teatrale (si ricordano i Dientzenhofer di Praga e gli Asam di Monaco). Nella fase del rococò (1730-70), infine, si superarono le influenze straniere e gli architetti tedeschi crearono uno stile assolutamente originale, che non ha riscontri nel resto d'Europa. L'architettura religiosa trovò la sua massima espressione nei monasteri e nei santuari di Baviera, Svevia e Franconia (Ottobeuren, Weingarten, Ochsenhausen), l'architettura civile trionfò nelle innumerevoli residenze principesche sparse negli oltre 300 Stati indipendenti del Paese, sedi di altrettante piccole corti che cercavano di imitare Versailles. In molti casi le residenze diventarono il fulcro di pianificazioni urbanistiche (Mannheim, Karlsruhe), altre volte intere città ricevettero un nuovo volto settecentesco (Berlino, Dresda, Kassel). I maggiori committenti furono i Wittelsbach nei diversi rami di Monaco (castelli di Schleissheim e Nymphenburg), di Colonia (residenza di Bonn) di Münster, di Brühl; i von Schönborn a Würzburg, Bamberga, Magonza, Gaibach, Pommersfelden, Spira, Treviri, Coblenza; i re di Prussia a Berlino (Potsdam, Sans-Souci); gli elettori di Sassonia a Dresda (Zwinger); i Württemberg a Ludwigsburg e Stoccarda (Neues Schloss). I maggiori architetti furono B. Neumann, gli Asam, i Dientzenhofer, A. Schlüter, G. W. Knobelsdorff, M. D. Pöppelmann. Altrettanto originale, e strettamente connessa con l'architettura, è la scultura in pietra, legno policromo e stucco (B. Permoser, A. Schlüter, J. Dietrich, J. B. Straub, J. M. Feichtmayr, I. Günther). Meno brillante la pittura: a Monaco e ad Augusta furono attivi numerosi frescanti locali, ma in genere le imprese di maggior rilievo erano affidate a pittori italiani (I. Amigoni, i Tiepolo, C. A. Carlone). Particolare importanza ebbero invece nel sec. XVIII l'ebanisteria e soprattutto la produzione delle porcellane.

Cultura: arte. Il periodo d'oro delle porcellane

La scoperta della formula della porcellana dura, caolinica, del tipo di quella cinese, avvenne infatti proprio in Germania tra il 1707 e il 1709 a opera di J. F. Böttger. Nel 1710 Augusto di Sassonia fondò la celebre manifattura di Meissen, la prima fabbrica di porcellana in Europa, in cui si distinsero il pittore A. F. Löwenfinck e lo scultore J. J. Kändler, autore dal 1731 delle celebri statuine di vario soggetto (dama con cavaliere, coppia danzante, amanti in colloquio, maschere della Commedia dell'Arte ecc.) che furono riprese da tutte le fabbriche europee. Grande importanza ebbero anche le manifatture di Vienna, Höchst (famosa soprattutto per le eleganti figurine modellate da J. P. Melchior), Frankenthal, Nymphenburg (una delle più importanti fabbriche europee per la purezza del materiale, la raffinatezza della decorazione del vasellame, l'eleganza delle figurine modellate da F. A. Bustelli), Ludwigsburg, Fürstenberg, Berlino, quest'ultima fondata con l'intervento di molti artisti di Meissen e produttrice fra l'altro di imponenti servizi da tavola per Federico il Grande.

Cultura: arte. Dal neoclassicismo alla Nuova Oggettività

Nella seconda metà del sec. XVIII un gruppo di artisti e teorici tedeschi attivi a Roma (A. R. Mengs, J. J. Winckelmann) diede un contributo decisivo alla formazione del gusto neoclassico. A fine secolo si affermò in Germania un originale neoclassicismo di ispirazione severa e grecizzante, che si espresse in opere pubbliche (accademie, musei, teatri, giardini) e in piani urbanistici che continuarono quelli settecenteschi (Berlino, Monaco, Kassel, Karlsruhe). Centro del nuovo stile fu Berlino, dove operarono gli architetti C. G. Langhans (Porta di Brandeburgo, 1789-93) e F. Schinkel, che diede alla città un volto neoclassico. A Monaco le maggiori imprese urbanistiche furono opera di L. von Klenze (Ludwigstrasse, Königsplatz). A partire dal 1840 declinò lo stile neogreco e si affermarono il neogotico e il neorinascimento; poi, in epoca guglielmina, il neobarocco (Reichstag di Berlino, 1884-94). Tra la fine del secolo e il 1930 la Germania detenne una posizione di primo piano nel rinnovamento dell'architettura. Lo stile liberty (Jugendstil) vi acquistò precocemente accenti funzionali per influenza degli architetti della secessione viennese, dell'architetto belga H. van de Velde (che nel 1906 fondò a Weimar una scuola d'arte) e dello scozzese Ch. R. Mackintosh. Tra i primi architetti tedeschi della nuova tendenza vi è H. Muthesius, che tra il 1896 e il 1903 si recò in Gran Bretagna per incarico del governo prussiano a studiarvi l'architettura locale e nel 1907 fondò a Berlino il Deutscher Werkbund, la prima scuola d'arte industriale, intorno al quale si raccolsero i rappresentanti dello stile razionale, tra cui P. Behrens (fabbrica di turbine AEG di Berlino, 1909), il suo discepolo W. Gropius (fabbrica Fagus di Alfeld, 1911; fabbricati da esposizione del Werkbund di Colonia, 1914), L. Mies van der Rohe (casa Kröller, 1912). Dopo la I guerra mondiale l'architettura risentì del movimento espressionista (Chilehaus di Amburgo, di F. Höger, 1923; Teatro di Berlino, di H. Poelzig, 1919; torre Einstein di Potsdam, di E. Mendelsohn, 1921), ma ben presto, intorno al 1925, si affermò nuovamente la tendenza razionale, che ebbe il suo massimo rappresentante in W. Gropius, fondatore nel 1919 del Bauhaus di Weimar. Meno importante per il magistero artistico ma più raffinato e aperto verso il futuro si mostrò L. Mies van der Rohe, autore soprattutto di case di abitazione. Con l'avvento del nazismo il Bauhaus fu costretto a chiudere e gli artisti e gli architetti tedeschi dovettero emigrare. Per quanto riguarda la pittura, il sec. XIX vide in Germania il fiorire delle accademie (Berlino, Düsseldorf, Monaco, Dresda, Amburgo). Ma più che gli accademici pittori di storia (P. Cornelius, W. Kaulbach, J. G. Schadow, A. Rethel, Ph. O. Runge) lasciarono il segno alcuni pittori romantici di paesaggio, come C. D. Friedrich e K. Blechen. La pittura del secondo Ottocento è dominata da un simbolismo e da un idealismo di ispirazione letteraria: la nostalgia germanica per il classicismo prevalse in A. Feuerbach, H. von Marées, M. Klinger, F. Hodler, mentre con A. Böcklin attecchì un tardoromanticismo tetro e surreale. Più validi alcuni pittori realisti: a Monaco W. Leibl, influenzato da Courbet, e H. Thoma; a Berlino A. von Menzel. Quest'ultimo aprì la strada all'impressionismo (M. Liebermann, L. Corinth), che però in Germania ebbe scarso successo. Alla fine del secolo le riviste Jugend e Simplicissimus a Monaco e Pan a Berlino diffusero il gusto liberty. A Pan collaborò il pittore norvegese E. Munch, la cui opera ebbe importanza fondamentale in rapporto al nascere dell'espressionismo. Tra il 1905 e il 1913 i pittori e i grafici della Brücke (E. Heckel, E. L. Kirchner, H. M. Pechstein, K. Schmidt-Rottluff, E. Nolde, O. Müller) e gli scultori E. Barlach e W. Lehmbruck diedero vita al movimento espressionista. Nel 1911 venne fondato a Monaco il gruppo del Blaue Reiter, con caratteri più formali e legami con la cultura francese (V. V. Kandinskij, F. Marc, A. Macke, P. Klee). Dopo la I guerra mondiale il filone della pittura di impegno politico e sociale continuò con il movimento della Nuova Oggettività (O. Dix, M. Beckmann, G. Grosz), mentre il Bauhaus di Gropius raccolse gli artisti interessati a ricerche esclusivamente formali, in direzione dell'astrattismo (P. Klee, V. Kandinskij, O. Schlemmer, L. Feininger, L. Moholy-Nagy).

Cultura: arte. Le avanguardie

Nel secondo dopoguerra sulla tradizione espressionistica tedesca prevale nettamente la tendenza non-figurativa, rappresentata da W. Baumeister; Th. Werner, F. Winter, E. W. Nay. Tedeschi sono i maggiori rappresentanti della pittura parigina degli anni successivi alla guerra, Wols e H. Hartung, che anticipano l'astrattismo informale e gestuale in opposizione a quello geometrico. Successivamente i pittori tedeschi si sono rivolti al tachisme (B. Schultze, E. Schumacher, H. Lorentz, W. Gaul) e, dagli anni Sessanta, alle esperienze della neoavanguardia (op art, arte concettuale, body art). Vivace anche un ritorno al realismo con l'opera pittorica di D. Asmus, D. Ullrich, P. Nagel e G. Richter. Nella Germania degli anni Ottanta si è invece assistito allo sviluppo di quella che i critici hanno definito “pittura selvaggia” (nata alla fine degli anni Settanta), a cui fa riferimento l'opera di J. G. Dokoupil, G. Baselitz, M. Lüpertz, A. R. Penck. Parallelamente J. Immendorf, S. Polke, P. Kirkeby e A. Kiefer, seguendo gli insegnamenti di J. Beuys, hanno dato origine a una nuova coscienza artistica, legata sotto certi aspetti alla transavanguardia internazionale. Anche la nuova scultura tedesca merita attenzione per i suoi aspetti innovativi, evidenti soprattutto nelle opere di A. Hien, T. Schütte, R. Mucha, K. Kumrow, O. Metzel, L. Gerdes e F. Dornseif. L'attività architettonica e urbanistica del secondo dopoguerra si identifica essenzialmente con la ricostruzione delle città distrutte dai bombardamenti. La legislazione urbanistica lascia responsabilità agli enti locali, venendo meno a un'operazione di esproprio e riorganizzazione ad ampia scala. Sul piano formale si assiste in una prima fase al fedele ripristino dei manufatti precedenti (ne è esempio il lungo-fiume di Colonia). Nel 1951 M. Bill fonda la Hochschule für Gestaltung a Ulma, e nel 1957 con l'Interbau di Berlino si riprende la ricerca sul modello urbano; ne scaturisce un panorama frammentario privo di un sistema coerente. Tecnicismo e standardizzazione segnano altre iniziative: Neue Vahr a Brema (1957-62), le torri della Gropiusstadt (1960, 1964-75) e Märkischer Viertel a Berlino (1962, 1963-74), adottate come modello in molte città tedesche. Ricordiamo inoltre la Filarmonica di Berlino (1956-63) di H. Scharoun, la Galleria d'Arte Moderna di Berlino (1962-68) di L. Mies van der Rohe, lo Stadio Olimpico di Monaco (1971-72) di F. Otto, gli studi morfologici di O. M. Ungers (ricerca di nuove strutture ad alta tecnologia), divulgati negli anni Ottanta, e l'iniziativa dell'Internationale Bauaustellung di Berlino (1977-87) per la pianificazione e l'architettura urbana, che ha fatto di questa città quasi una vetrina delle avanguardie internazionali in Europa. Un avvenimento che ha confermato l'immutata forza d'attrazione della metropoli prussiana è stato, nel 1995, l'“imballaggio del Reichstag” da parte dell'artista americano di origine bulgara Christo. La suggestiva opera, di effimera durata, autorizzata con voto unanime dal Parlamento e immortalata in migliaia di foto e riprese, ha trasformato in pochi giorni il simbolo negativo della storia europea in un auspicio di pace. In seguito il Reichstag è stato ricostruito in stile ultramoderno dall'architetto Norman Foster e rappresenta uno dei simboli della nuova Berlino. È infatti su di essa che si concentrano i più ambiziosi interventi dell'architettura contemporanea, volti a fare della città riunificata il simbolo della nuova Germania europea e postindustriale. Centro di questi interventi è in particolare l'ultramoderno quartiere Potzdamer, costruito in una zona precedentemente attraversata dal muro su un progetto degli architetti H. Hilmer e C. Sattler alla cui ideazione ha collaborato anche Renzo Piano. Tra le realizzazioni comprese nel progetto quelle di piazze, edifici pubblici, torri e palazzi dirigenziali (su tutti quello della Sony e della Daimler-Benz), che hanno visto la partecipazione di personalità dell'architettura internazionale quali lo stesso Piano, I. Ming Pei, A. Isozaki, R. Rogers, H. Kollhoff, F. O. Gehry.

Cultura: musica. Le origini e la musica medievale

Lo sviluppo di una tradizione musicale tedesca avvenne relativamente in ritardo rispetto a Francia, Italia e Gran Bretagna. Si hanno scarsissime notizie sulla musica nei Paesi germanici nel I millennio, mentre esistono tracce più precise della partecipazione di conventi tedeschi e di loro monaci alla tradizione del cosiddetto canto gregoriano e alla trattatistica musicale: secondo una tesi oggi controversa, tedesca sarebbe l'origine della sequenza, dovuta a Notker Balbulus (ca. 840-912). Emersero poi le figure di Tutilo (ca. 850-913), Wipo (1024-50), Hermannus Contractus (1013-54), Berno von Reichenau (ca. 970-1048). Al canto monodico appartiene anche il Lied profano, prima radice della lunga e feconda tradizione del Lied tedesco: la sua prima codificazione colta si ebbe nella lirica cortese del Minnesang, sviluppatasi nei sec. XII-XIV, legata a quella dei trovatori francesi in una misura che non è stato ancora possibile stabilire, ma indubbiamente fornita anche di caratteri autonomi. Tra questi va ricordata la definizione della cosiddetta Barform – forma strofica costituita da due strofe uguali (Stollen) seguite da una strofa più ampia (Abgesang), che spesso riprende alla fine parte della melodia degli Stollen –, che caratterizza anche il successivo Lied polifonico e il corale protestante. Tra i principali Minnesänger vanno ricordati Walther von der Vogelweide e Neidhart von Reuenthal; canti di carattere popolare o di clerici vagantes sono raccolti nei Carmina Burana. Il diffuso interesse per il Lied è dimostrato dal fatto che al suo decadere la tradizione cortese del Minnesang trovò continuazione a partire dal sec. XV nella sfera artigianale e borghese dei Meistersinger, il cui principale esponente fu H. Sachs. In campo polifonico non risulta che in Germania si sia verificata una fioritura parallela all'Ars nova italiana e francese. Alcune composizioni a più voci si trovano nelle raccolte quattrocentesche del Lochamer e del Glogauer Liederbuch, mentre in campo strumentale si affermarono K. Paumann (ca. 1415-73) e la sua scuola organistica. Nella seconda metà del Quattrocento si formò il genere che costituì il più originale apporto tedesco alla polifonia rinascimentale: il Lied polifonico, che pervenne alla massima fioritura nel secolo successivo (grazie anche alla diffusione operata dalla stampa musicale) come forma prediletta dalla cultura borghese ormai in fase di affermazione. A tale forma si ispirarono anche molte elaborazioni polifoniche cinquecentesche del corale luterano. Tra i primi polifonisti tedeschi si citano, nel sec. XV, Adamo di Fulda (ca. 1445-1505) e H. Finck (ca. 1445-1527), legati a modelli fiamminghi. Di grande importanza fu l'attività dell'austriaco Paul von Hofhaimer (1459-1537), organista di Massimiliano I, e del fiammingo H. Isaac (ca. 1450-1517). Emersero poi le figure di Th. Stoltzer (ca. 1480-ca. 1526) e soprattutto dello svizzero L. Senfl (ca. 1488-ca. 1542).

Cultura: musica. Dalla Riforma al barocco

Nel sec. XVI la Riforma protestante determinò la nascita del repertorio dei corali e pose le basi per forme liturgiche musicali autonomamente tedesche. Permase l'influsso di musicisti di scuola fiamminga: nella seconda metà del secolo la figura dominante era Orlando di Lasso (ca. 1532-94), in servizio presso la corte di Monaco. Anche attraverso di lui si affermò una crescente influenza dello stile italiano e si diffusero il madrigale, la canzonetta e la villanella e uno stile polifonico più aperto al cromatismo, all'omoritmia e più incline a una preminenza melodica della voce superiore. In questo periodo i musicisti più significativi furono L. Lechner (ca. 1553-1606) e H. L. Hassler (1564-1612). Quest'ultimo, come poi M. Praetorius (1571-1621), J. Eccard (1553-1611), J. Gallus (1550-91) e altri, contribuì anche alla diffusione in Germania dello stile policorale veneziano. Anche l'età barocca fu caratterizzata, nella musica strumentale come nel gusto per la monodia, dalla presenza di forti influssi italiani, mediati originalmente con le tradizioni nazionali e coesistenti con altre influenze francesi. Fu questo per la Germania un periodo di altissima e intensa fioritura, soprattutto nella musica sacra e strumentale. Figure dominanti della prima generazione furono H. Schütz (1585-1672), di cui si conoscono le Passioni e la grande produzione sacra (mentre è andata perduta la sua Dafne, prima opera tedesca, esemplata su modelli italiani e composta su testo di M. Opitz); S. Scheidt (1587-1654), che fu anche uno dei fondatori della tradizione organistica tedesca; J. H. Schein (1586-1630), autore di suites e danze strumentali, come anche V. Hausmann (m. tra il 1611 e il 1614), I. Posch (m. 1622 o 1623) e P. Peuerl (ca. 1575-ca. 1625). La musica organistica e clavicembalistica accolse influssi da Frescobaldi e dai francesi (oltre che dall'olandese J. P. Sweelinck nella Germania settentrionale) e conobbe una ricchissima fioritura, i cui principali esponenti furono J. J. Froberger (1616-67), J. Pachelbel (1653-1706), H. Scheidemann (ca. 1596-1663), D. Buxtehude (1637-1707), N. Bruhns (1665-97) e G. Böhm (1661-1733). La musica violinistica e orchestrale (rilevanti in questo genere le influenze francesi, di Lulli, specie sulla suite) fu rappresentata dal boemo H. I. F. von Biber (1644-1704), da J. Rosenmüller (ca. 1619-84), N. A. Strungk (1640-1700), G. Muffat(1653-1704) e Ph. H. Erlebach (ca. 1657-1714). La divisione tra Germania luterana e cattolica si riflesse soprattutto nel campo della musica sacra (e di quella organistica di carattere liturgico): presso le corti e le chiese luterane si sviluppò dal concerto sacro in lingua tedesca la cantata sacra, dove confluì la tradizione del corale, determinando un genere che non ha riscontro in altri Paesi. Il corale fu presente in modo rilevante anche nelle Passioni. Tra gli autori di concerti sacri e cantate vanno menzionati F. Tunder (1614-67), M. Weckmann (ca. 1619-74), J. Ph. Krieger (1649-1725), il già citato D. Buxtehude, J. R. Ahle (1625-73), S. Knüpfer (1633-76), J. Schelle (1648-1701), J. Kuhnau (1660-1722) e F. Zachau (1663-1712). Al culmine delle tradizioni vocali e strumentali di cui si è finora accennato operò una grandiosa sintesi J. S. Bach. Insieme con lui Händel (1685-1759) fu la figura conclusiva del barocco tedesco, con interessi in gran parte diversi (opera e cantata italiane, oratorio), legati anche alla sua permanenza in Inghilterra.

Cultura: musica. Da Händel a Beethoven

Il Lied tedesco continuò ad avere larga fortuna sotto forma di monodia accompagnata e divenne sempre più popolare con compositori come H. Albert (1604-51) e A. Krieger (1634-66). L'opera non ebbe invece uno sviluppo autonomo, mantenendosi legata a modelli italiani, con l'eccezione dell'attività del teatro di Amburgo, dove nacque il Singspiel e operò R. Keiser (1674-1739). Anche compositori come J. A. Hasse (1699-1783) e C. H. Graun (1702-1759), oltre a Händel, si applicarono con successo all'opera italiana. Alla loro generazione appartengono inoltre virtuosi come J. J. Quantz (1697-1773) e J. G. Pisendel (1687-1755) e soprattutto G. Ph. Telemann (1681-1767), la cui vasta produzione, pur essendo contemporanea a quella di Bach, si rivela assai più vicina all'imminente affermazione del gusto rococò. Intorno alla metà del sec. XVIII la trasformazione del gusto si compì in modo così radicale che J. S. Bach fu immediatamente dimenticato e anche nell'opera dei suoi figli, tre dei quali furono tra i protagonisti dell'età detta dello “stile galante”, non rimasero tracce di una sua influenza. Accanto ai fratelli Johann Christian (1735-82) e Wilhelm Friedemann (1710-84), soprattutto C. Ph. Emanuel Bach (1714-88) emerse, per originalità e per geniali anticipazioni romantiche, come rappresentante del cosiddetto empfindsamer Stil. La corte di Berlino con Federico il Grande fu in quel periodo uno dei massimi centri della musica tedesca: accanto a essa occupò una posizione di primo piano la cosiddetta Scuola di Mannheim, dove confluirono soprattutto musicisti boemi e il cui apporto alla nascita della sinfonia moderna fu determinante. La sintesi di generi e stili sviluppatisi in Europa nel periodo “galante” (sinfonia, quartetto, sonata) fu operata dai grandi rappresentanti del classicismo viennese (F. J. Haydn, 1732-1809; W. A. Mozart, 1756-91 e L. van Beethoven, 1770-1827), che a fine secolo e all'inizio del XIX rappresentarono il momento culminante della civiltà musicale mitteleuropea.

Cultura: musica. L'opera nazionale e i romantici

Da Mozart e da Beethoven fu condizionato anche il sorgere di un'opera nazionale tedesca, che aveva avuto precedenti nei Singspiele di J. F. Reichardt (1752-1814), J. A. Hiller (1728-1804), K. D. von Dittersdorf (1739-99). Nel Singspiel confluì la fioritura popolare del Lied, rappresentata dallo stesso Reichardt, da C. F. Zelter (1758-1832) e da J. M. Zumteeg (1760-1802). Lo sviluppo dell'opera tedesca si compì in età romantica con C. M. von Weber (1786-1826), E. T. A. Hoffmann (1776-1822), L. Spohr (1784-1859), H. A. Marschner (1795-1861), C. O. Nicolai (1810-49), P. Cornelius (1824-74) e inoltre G. A. Lortzing (1801-51), F. von Flotow (1812-83) e E. Humperdinck (1854-1921). G. Meyerbeer (1791-1864), non riconducibile alla tradizione nazionale per aver operato in Italia e in Francia, fu noto in tutta Europa come massimo rappresentante del grand-opéra. Dopo Weber, il maggiore musicista tedesco dell'Ottocento nel campo del teatro musicale fu R. Wagner (1813-83), la cui originale poetica e le cui innovazioni linguistiche influirono grandemente su tutta la situazione musicale tedesca (ed europea) di fine secolo e degli inizi del Novecento. A Wagner e a F. Liszt(1811-86), di origine ungherese e di cultura “europea”, si ricollegò la scuola neotedesca, che sosteneva la necessità del superamento di una musica basata su puri valori formali in nome della “musica a programma”. Accanto alle opere di autori minori, a questa corrente vanno ricollegati i poemi sinfonici e i lavori teatrali di R. Strauss (1864-1949) e alcune composizioni dell'austriaco H. Wolf (1860-1903), che si dedicò prevalentemente al Lied. In età romantica si ricollegarono invece alle grandi forme strumentali classiche F. Schubert (1797-1828), F. Mendelssohn-Bartholdy (1809-47), R. Schumann (1810-56) e J. Brahms (1833-97), reinterpretandole con originalità; la crisi delle forme tradizionali, già chiara in Schubert, apparve con maggiore evidenza nelle sinfonie dell'austriaco A. Bruckner (1824-96) e più radicalmente in quelle del boemo G. Mahler (1860-1911). Al di fuori dei modelli formali classici si pose la predilezione per le forme brevi, aperte a maggiore libertà e mobilità fantastica: di qui la grande fioritura del Lied romantico, innanzi tutto con Schubert, poi con Schumann, Brahms, Wolf, Cornelius, J. K. G. Loewe (1796-1869). E di qui lo sviluppo del breve pezzo pianistico, che toccò in Schumann vette di straordinaria genialità, e del “pezzo caratteristico” (Mendelssohn, lo stesso Schumann e molti minori). Un altro aspetto rilevante del pianismo ottocentesco è l'affermazione del virtuosismo: dopo J. N. Hummel (1778-1837), F. Ries (1784-1838), J. B. Cramer (1771-1858) e C. Czerny (1791-1857), che si ricollegarono a Beethoven e al pianismo brillante di Weber, esercitò in Germania un'enorme influenza F. Liszt, tra i cui allievi furono F. A. B. Dräseke (1835-1913), H. G. von Bülow (1830-94) e E. d'Albert (1864-1932). A Schumann va invece ricondotta la musica pianistica di Brahms. Il gusto per il virtuosismo fu diffuso anche nell'ambito della letteratura violinistica: tra i compositori va menzionato in primo luogo L. Spohr, tra gli interpreti il violinista J. Joachim (1831-1907), amico di Brahms. Accanto ai già menzionati Strauss, Wolf e Mahler, vanno ricordati tra i musicisti operanti a cavallo tra la fine del sec. XIX e gli inizi del XX l'italiano F. Busoni (1866-1924), che fu prevalentemente attivo in Germania, M. Reger (1873-1916), F. Schreker (1878-1934), l'austriaco A. von Zemlinsky (1872-1942) e l'epigono wagneriano H. E. Pfitzner (1869-1949), i cui atteggiamenti conservatori ebbero larga fortuna in Germania anche dopo il 1900, specie negli anni del nazismo.

Cultura: musica. L'evoluzione novecentesca

Nel sec. XX la vita musicale tedesca presenta molteplici aspetti: ai tre compositori austriaci A. Schönberg (1874-1951), A. Berg (1885-1935) e A. von Webern (1883-1945), che non trovarono tuttavia immediato seguito nel mondo tedesco, si deve un apporto decisivo per la musica del sec. XX, consistente nel radicale superamento della tonalità. Con le loro personalità coincise sostanzialmente l'espressionismo musicale, al quale si accostò per certi aspetti anche P. Hindemith (1895-1963), che fu protagonista negli anni successivi alla I guerra mondiale della Nuova Oggettività e tentò in seguito un recupero della tonalità (sia pure non nel senso più tradizionale). Alla Nuova Oggettività si è ricollegato anche K. Weill (1900-50), il grande collaboratore di Brecht, con più precisa e dichiarata determinazione politica. L'avvento al potere del nazionalsocialismo segnò una data fatale per la musica tedesca: tutti i maggiori musicisti o comunque quelli significativi furono costretti all'esilio. Tra coloro che rimasero vi furono stanchi epigoni della scuola neotedesca o musicisti come W. Egk (1901-83) e C. Orff (1895-1982), il cui gusto sostanzialmente conservatore passò da recuperi del barocco italiano ad atteggiamenti nazionalistici tesi equivocamente a ricollegarsi con una dimensione “originariamente” tedesca. Mentre E. Pepping (1901-81) e H. Distler (1908-42) tentavano di risuscitare l'antica polifonia sacra, musicisti come K. A. Hartmann (1905-63), W. Fortner (1907-87), B. Blacher (1903-75) e J. N. David (1895-1977) si trovarono costretti all'isolamento rispetto alle correnti più vive della musica contemporanea, e non è casuale che i loro lavori più significativi risalgano agli anni successivi al 1945. Dopo tale data si nota in questi ultimi compositori, come anche in G. W. Klebe (n. 1925), un crescente interesse per la dodecafonia e le avanguardie storiche. Le generazioni attive a cominciare dagli anni Cinquanta si sono ispirate a Schönberg, Berg e Webern radicalizzandone le conquiste: non si tratta però di un fenomeno specificamente tedesco, perché della “Nuova Musica” sono protagonisti tutti i migliori compositori europei nati intorno al 1930. Un loro punto di riferimento sono stati, soprattutto negli anni Cinquanta, i Ferienkurse (corsi estivi) di Darmstadt. A Colonia, inoltre, H. Eimert (1897-1972) istituì nel 1951 il primo studio di musica elettronica. Tra i principali compositori tedeschi contemporanei vanno menzionati K. Stockhausen (n. 1928) e D. Schnebel (n. 1930). Il più interessante autore fra i tedeschi che non hanno aderito alle correnti della “Nuova Musica” è H. W. Henze (n. 1926). Nella Germania Orientale negli anni postbellici non è stato condiviso il radicalismo linguistico della “Nuova Musica”, mentre hanno assunto particolare rilievo H. Eisler (1898-1962), autore dell'inno nazionale, e P. Dessau (1894-1979), entrambi collaboratori di Brecht.

Cultura: danza

A somiglianza delle maggiori corti europee, anche in quelle dei numerosi Stati tedeschi il balletto fu variamente coltivato dall'ambiente aristocratico. Si ha notizia di un inserimento della danza anche nelle grandi processioni (famosa quella di Dresda del 1574) e in tutte le forme proprie dei divertimenti di corte quali le mascherate e i cosiddetti Singballette, uno dei cui primi esempi fu Die Befreiung des Friedens (La liberazione della pace), rappresentato a Dresda nel 1600. Un tipo di “divertimento” di sorprendente effetto spettacolare (mescolanza di danza, canto, recitazione, giochi d'acqua, battaglie navali ecc.) ebbe grande fortuna soprattutto in Sassonia, e accanto ai numerosi maestri francesi (de la Marche, Louys, Rudolf Christian) si affermò un'intera generazione di maestri di ballo tedeschi (A. Rothbein, G. Möhlich, H. Pernickel von Homburg ecc.). Risale al 1717 la pubblicazione a Lipsia del primo trattato coreutico Der rechtschaffene Tanzmeister, di Gottfried Taubert. A Berlino, fin dal tempo di Federico il Grande, si era cercato di creare una certa tradizione, accogliendo il giovane J.-G. Noverre (1774) e tributando onori alla Barbarina. Anche altre città registrarono il loro breve momento di splendore: a Dresda, per esempio, brillò Madame Duparc e operarono i coreografi Ch. Duparc, J. Favier e A. Pitrot; a Francoforte si stabilì la compagnia di Böhm, con spettacoli di balletti di Noverre e G. Angiolini. Sempre Noverre operò successivamente a Dresda (1747) e Stoccarda (1760-66) e la sua presenza contribuì efficacemente a diffondere le sue teorie sul ballet d'action. Stoccarda accolse anche (1824-28) F. Taglioni e sua figlia Maria, mentre il fratello di lei, Paul, fu direttore all'Opera di Berlino (1856-83). Al principio del sec. XX, mentre nell'alveo della tradizione ballettistica si afferma a Dresda, Francoforte, Monaco, Berlino e Vienna la personalità di Heinrich Kroeller, la Germania accoglie trionfalmente il credo innovatore di Isadora Duncan, che proprio nella capitale tedesca coglie uno dei suoi primi significativi successi e fonda la prima delle sue innumerevoli scuole, affidandone la direzione alla sorella Elisabeth. Anche il coreografo, teorico e riformatore ungherese R. Laban fonda in Germania, a Monaco (1913), la sua prima scuola cui seguirono moltissime altre. A Berlino, dov'è nominato direttore del ballo all'Opera di Stato (1930-34), egli trasferisce anche il suo importante Istituto Coreografico – fondato a Warzburg nel 1925 – facendone un vivace centro di ricerca, con ramificazioni e corrispondenze in tutta la Germania. Nell'Università della capitale, in quello stesso periodo, tengono i loro corsi di storia e teoria della danza docenti del calibro di C. Sachs e Fritz Boehme. Questo, insieme al diffondersi a macchia d'olio del movimento moderno, fa della Germania, nel momento della massima affermazione della “rivoluzione” djagileviana nel balletto e del rinnovamento fokiniano, il cuore della ricerca coreutica europea nonché, grazie alla presenza di artisti quali M. Wigman, K. Jooss, H. Kreutzberg, G. Palucca, Y. Georgi, la culla del movimento espressionista nella danza o “Ausdrückstanz”. L'avvento del nazismo soffocò e in alcuni casi strumentalizzò, il modernismo costringendo molti suoi protagonisti – tra cui Laban e Jooss – all'esilio. Nel dopoguerra con la divisione della Germania in due Stati diversi, anche i destini della danza si divisero. Emarginata quasi ovunque, all'Est come all'Ovest, la ricerca espressionista – di cui D. Hoyer fu una delle ultime genuine rappresentanti – la tradizione classica tornò in auge, influenzata a Ovest soprattutto, ma non esclusivamente, dalla scuola anglosassone (statunitense e britannica) e a Est, con l'eccezione dell'attività e dell'opera di Tatjana Gsovskij a Berlino Est, da quella sovietica. Sopravvivevano però, qua e là, tracce delle appassionate ricerche degli anni Venti e Trenta: all'Est, a Dresda la scuola di Gret Palucca, divenuta Istituto Statale, e quella di Essen, a Ovest, fondata da Jooss e che lui stesso era tornato a dirigere dopo la guerra. L'esplosione del “fenomeno Bausch” alla fine degli anni Settanta e il riaccendersi del dibattito sul modernismo hanno riaperto la strada della ricerca e messo in luce nuove personalità quali S. Linke, Reinhild Hoffmann, Rudolph Kreisnik, e, a Est, dopo la caduta del Muro di Berlino, Aarila Siegert. Oltre a una cinquantina di compagnie annesse ai Teatri dell'Opera municipali, e utilizzate per lo più per le stagioni liriche, con poche eccezioni, la Germania possiede oggi alcune delle compagnie più prestigiose sul piano internazionale: a Stoccarda ha sede quella plasmata da J. Cranko, con N. Beriosoff come maître de ballet, diretta successivamente da M. Haydée; ad Amburgo la compagnia diretta da J. Neumeier; a Francoforte il complesso affidato a W. Forsythe.

Cultura: teatro. Dal Medioevo alla fine dell'Ottocento

Teatro religioso (nelle forme dell'Osterspiel, del Weihnachtsspiel, del Prophetenspiel e, soprattutto, del Passionsspiel), gestito prima dal clero e poi dalle corporazioni, e teatro profano (con forme quali il Fastnachtsspiel e il Neidhartspiel) caratterizzarono anche in Germania l'eccezionale fioritura della letteratura drammatica medievale. Nel sec. XV si ebbero esempi di teatro umanista (quasi sempre in latino), la graduale trasformazione del Passionsspiel da dramma religioso a pretesto per grande spettacolo e la decadenza del teatro comico, che si fece sempre più rozzo e grossolano. Nel secolo successivo la Riforma portò nuovamente i problemi religiosi al centro dell'interesse: i Passionsspiele diventarono veicoli di propaganda protestante, mentre la reazione cattolica si manifestò soprattutto negli spettacoli dei gesuiti. A Norimberga nel 1550 H. Sachs aprì il primo teatro permanente in una chiesa abbandonata; pochi decenni dopo, verso la fine del secolo, giunsero in tournées le prime compagnie straniere, tra cui soprattutto gli Englische Komödianten, che portarono la lezione del dramma elisabettiano e si inserirono gradatamente nel contesto tedesco adottandone anche la lingua, e le formazioni dei comici dell'Arte, che furono graditissimi alle corti e contribuirono a ridare vitalità al teatro comico popolare. Nel Seicento le compagnie professionistiche menavano vita grama, recitando in cortili di osteria, sale pubbliche o fiere, per un pubblico che spesso preferiva loro le marionette; nelle corti trionfava il teatro d'opera, con macchine meravigliose ideate da scenografi italiani; nelle scuole o nelle accademie, gesuiti e luterani rappresentavano drammi edificanti. Ma il teatro era ancora un fenomeno fuori della cultura: la tragedia barocca restò destinata più al libro che alla scena, dove dominava invece la farsaccia, con personaggi e situazioni stereotipate. La prima reazione importante si ebbe intorno al 1730 per iniziativa del critico J. C. Gottsched, campione inesausto del classicismo francese, che per qualche anno collaborò con la miglior compagnia professionale del momento, quella di F. C. Neuber, attiva con un repertorio d'impegno e una cura insolita dell'allestimento e della recitazione. Il successo della Neuber durò poco e le idee di Gottsched furono presto oggetto di aspre critiche, ma il salto qualitativo era ormai avvenuto. Nel 1767 si aprì ad Amburgo un Deutsches Nationaltheater che impiegò per un paio d'anni come Dramaturg G. E. Lessing. L'esempio fu presto seguito altrove: ogni capitale, piccola o grande (Gotha, Mannheim, Weimar e Dresda erano le più importanti) volle avere un proprio teatro, da gestire con criteri artistici. Fu introdotto in repertorio Shakespeare e si affacciò alla ribalta la generazione dello Sturm und Drang. Il Settecento si chiuse con Goethe alla direzione dello Hoftheater di Weimar e con le sue illuminanti osservazioni sull'arte della scena. Nel sec. XIX la tendenza già segnalata verso un teatro culturalmente rilevante in ogni centro di qualche importanza si estese e si consolidò, spesso per iniziativa delle corti, poi delle città o dei Länder, in un processo proseguito senza interruzioni, attraverso guerre e mutamenti di regime, fino a oggi. Il rinnovamento della scena secondo concezioni moderne, preconizzato da Wagner, iniziò con la piccola compagnia del duca Giorgio II di Meiningen, che curò minuziosamente scene e costumi e diede rilievo anche alle comparse; proseguì poi a Berlino, dove O. Brahm dal 1889 aprì la strada al teatro naturalistico con gli spettacoli della Freie Bühne e, cinque anni dopo, assunse la direzione del Deutsches Theater, inaugurato nel 1883. In questa sede gli succedette nel 1905 M. Reinhardt, che diede inizio a una lunga serie di regie, eclettiche nel gusto ma quasi sempre suggestive nei risultati.

Cultura: teatro. Dalla Repubblica di Weimar all'età contemporanea

All'inizio del Novecento il teatro tedesco era, con quello russo, il più prestigioso d'Europa; esso confermò e rafforzò questa posizione negli anni di Weimar, con le messinscene espressionistiche di L. Jessner, con le forme di teatro politico di E. Piscator, B. Brecht e di numerosissimi gruppi amatoriali, con gli esperimenti di O. Schlemmer al Bauhaus. Al lavoro sulla scena si accompagnò quello sul pubblico: un'associazione, la Volksbühne (o Freie Volksbühne), che esisteva dal 1890 e arrivò a contare 130.000 soci, offrì alle organizzazioni dei lavoratori spettacoli a prezzi ridottissimi, anche prodotti direttamente. Il nazismo costrinse all'esilio molti artisti di rilievo e diede spazio a testi propagandistici, mentre i registi di maggior talento si rifugiarono nel recupero formalistico del repertorio classico. Nella rovina che seguì la seconda guerra mondiale quasi tutti i teatri subirono la distruzione; la stasi che ne derivò fu tuttavia di breve durata e la vita teatrale riprese con immutato fervore. Tornarono dall'esilio statunitense artisti di grande prestigio, come B. Brecht, che nel 1949 fondò con la moglie H. Weigel una propria compagnia, il Berliner Ensemble, a Berlino Est; E. Piscator, che assunse nel 1962 la direzione della Freie Volksbühne di Berlino Ovest e avviò la breve stagione del “teatro-documento”; F. Kortner, che svolse attività registica in diverse città. Nella Germania Occidentale, Berlino cessò di essere l'unica capitale e acquistarono importanza i teatri pubblici di centri come Amburgo, Monaco, Düsseldorf, Bochum, Francoforte e Brema, tutti dotati di sedi proprie e tutti sovvenzionati dalla città o dal Land. Questi organismi agiscono secondo il sistema del repertorio (alternando cioè più spettacoli, anziché sfruttarli continuativamente fino all'esaurimento del pubblico potenziale) e dispongono di solide strutture organizzative, di attori e tecnici scritturati a lungo termine, e di finanziamenti che permettono periodi di prove di lunghezza impensabile in ogni altro Paese occidentale. Con il tempo si è formata una generazione di spettatori sensibili alle novità e ciò ha permesso, unitamente alle ricche dotazioni economiche e alle favorevoli condizioni di lavoro, il formarsi e l'affermarsi di registi come P. Stein, R. P. Grüber, Claus Peymann, Zadek ecc., e di drammaturghi quali P. Hacks, H. Müller, T. Dorst, Kreutz e Sperr, che hanno consentito al teatro tedesco di riconquistare quella posizione di predominio che già aveva negli anni Venti. Nella Repubblica Democratica Tedesca, il teatro divenne invece strumento di educazione politica, sociale ed etica, secondo criteri – codificati nel 1954 con la creazione di un Ministero della Cultura – che lasciavano tuttavia spazio a differenti interpretazioni delle norme e anche a una certa autonomia artistica. Queste norme, inoltre, erano soggette a modifiche, ora nel senso del rigore ora in quello di un certo lassismo, a seconda della situazione politica interna e internazionale. I teatri più importanti erano, con il Berliner Ensemble, il Deutsches e la Volksbühne, diretta da B. Besson. Tra le due Germanie ci furono tuttavia, tranne che negli anni più aspri della guerra fredda, frequentissimi scambi: autori e registi che vivevano all'Est lavoravano anche all'Ovest, e viceversa. La riunificazione ha ovviamente posto problemi di riorganizzazione che si stanno man mano risolvendo. È comunque indubbio che il teatro tedesco è oggi, per la qualità dei suoi spettacoli, il più importante d'Europa. Un vuoto pressoché incolmabile ha lasciato la scomparsa prematura di H. Müller (1929-95), che ha privato di una guida anche il Berliner Ensemble, il leggendario teatro brechtiano, di cui era sovrintendente. Dopo l'uscita di scena del suo successore M. Wuttke, acclamato interprete-protagonista dell'Ascesa irresistibile di Arturo U, nell'ultimo allestimento mülleriano, il teatro ha ripreso vigore a partire dal 2000, in una Berlino ritornata a essere a pieno titolo capitale culturale della grande Germania, nonché punto d'incontro di diverse culture. Grande fortuna popolare hanno sempre avuto in Germania anche il teatro di fantocci, presentato nelle fiere fin dal Medioevo e poi anche in sedi stabili, e gli spettacoli circensi, nomadi o stabili, allestiti dall'Ottocento da compagnie nazionali (Renz, Busch, Schumann, Strassburger, Krone, Hagenbek, Gleich, Sarrasani ecc.), che nel sec. XX sono giunte a primeggiare in tutta Europa.

Cultura: cinema. Dalle origini al cinema del nazismo

Nata relativamente tardi in Germania, l'arte del film conobbe qualche precursore negli anni della I guerra mondiale; tra essi P. Wegener, attore e regista, che nel Golem (1914, prima edizione) anticipò il filone espressionista. Nel 1918 sorse l'Universum Film Aktiengesellschaft (UFA), che aveva il compito di garantire una produzione nazionale di rilievo economico oltre che artistico. Il teatro di M. Reinhardt influenzò le biografie in costume che ebbero in E. Lubitsch uno degli alfieri e sottoposero la storia a spregiudicate revisioni romanzesche, molto apprezzate anche all'estero. Il genere trovò la propria sublimazione nelle due parti dei Nibelunghi (1923-24) di F. Lang e nella sua fusione di monumentalismo ed espressionismo. Tendenza quest'ultima che, sebbene arrivata in ritardo e di riflusso in confronto ad altre arti, caratterizzò tuttavia in senso specifico e formalmente rivoluzionario il cinema tedesco del dopoguerra. Dal Caligari (1919-20) in poi, scenografia, illuminazione, recitazione stilizzata si posero al servizio di un universo magico, tardoromantico, demoniaco e stravolto, dove mostri e spettri (Golem, Mabuse, Nosferatu), ombre inquietanti e figure di cera esprimevano in modo allucinato un disagio spirituale comune. R. Wiene, P. Wegener, F. Lang, P. Leni, A. Robison, F. W. Murnau erano i registi più importanti; tra gli sceneggiatori H. Galeen, Th. von Harbou e C. Mayer, che fu però soprattutto il caposcuola del Kammerspiel, corrente sorta in opposizione a certi eccessi della tendenza espressionista, anche se ne conteneva non pochi elementi. Mayer elaborava i propri scenari per ambienti ristretti (un “gioco da camera”, appunto) e per pochi essenziali personaggi, strutturandone ferreamente i conflitti anche senza ricorrere a didascalie. La rotaia (1921) e La notte di San Silvestro (1923) di Lupu-Pick, La strada (1923) di K. Grune, L'ultima risata (1924) di Murnau sono i modelli, e il loro interesse per l'indagine dei caratteri fu preludio al realismo psicologico, o “neo-oggettivismo”, di film quali Variété di E. A. Dupont e La via senza gioia di G. W. Pabst, che, usciti nel 1925, spinsero poi questi registi e altri ad accostarsi al freudismo (la “trilogia sessuale” di Pabst) e ai problemi della società. Contemporaneamente un notevole movimento di avanguardia astratta si esprimeva nei saggi sperimentali di V. Eggeling, H. Richter, O. Fischinger, mentre W. Ruttmann si segnalava anche quale esponente (Berlino, sinfonia d'una grande città, 1927) del cinema documentaristico di montaggio. Hollywood intanto iniziava la caccia ai maggiori talenti dell'UFA comprando registi e attori come Lubitsch, Murnau, E. Jannings, P. Negri e anticipando l'emigrazione massiccia causata poi dall'avvento del nazismo. Attorno al 1930, nel periodo di passaggio dal muto al sonoro, si ebbe comunque l'apogeo artistico del film prehitleriano della Repubblica di Weimar, quando giunsero alla maturità Lang e Pabst e altri registi si posero (come Ph. Jutzi) alla testa del cinema di denuncia. Mentre Dupont filmava in Gran Bretagna Fortunale sulla scogliera (1930) e Murnau nei Mari del Sud Tabù (1931), rientrava dagli USA J. von Sternberg per L'angelo azzurro (1930), Pabst realizzava (1930-31) la trilogia sociale di Westfront, Dreigroschenoper, Kameradschaft (o La tragedia della miniera); in un'altra trilogia meno conosciuta ma altrettanto straordinaria (Nostro pane quotidiano, 1927; Il viaggio di mamma Krause verso la felicità, 1928; Berlin Alexanderplatz, 1931) Jutzi dipingeva il quadro agghiacciante della disoccupazione e della miseria nelle città; V. Trivas si dichiarava antimilitarista (Terra di nessuno, 1931), L. Sagan antiprussiana (Ragazze in uniforme, 1931), G. Lamprecht antiautoritario (La terribile armata, 1931), mentre S. Th. Dudow innalzava una sinfonia operaia (Kuhle Wampe, 1932) e Lang in M (1931) e nel secondo Mabuse (1933) suggeriva che i mostri erano ormai alla porta di casa. Nel 1933 l'industria cinematografica, depauperata dei suoi elementi di punta (compreso il produttore E. Pommer, espatriato), passò in blocco alle dipendenze del Ministero della Propaganda; ma Goebbels chiese invano ai cineasti tedeschi rimasti “un altro Potëmkin”. Nel settore ufficialmente al servizio del nazismo emersero soltanto i documentari di L. RiefenstahlTrionfo della volontà (1935) e Olympia (1936-38) e, più tardi, i polpettoni biografici pseudostorici di V. Harlan e H. Steinhoff e le violente e sinistre cineattualità di guerra; la maggior parte della produzione si manteneva evasiva, operettistica e melodrammatica. Alla mancanza totale di libertà non supplirono né la tecnica né il colore, sebbene una certa dignità formale sia riscontrabile in alcuni prodotti isolati, dovuti a G. Ucicky e, sul finire del conflitto e del regime, a H. Käutner.

Cultura: cinema. Dal dopoguerra alla riunificazione

Proprio Käutner può dirsi il regista più rappresentativo del lungo dopoguerra occidentale ma, occorre aggiungere, per scarsa concorrenza dal momento che, a parte qualche sporadico tentativo satirico (Ballata berlinese, 1948, di R. A. Stemmle; La ragazza Rosemarie, 1958, di R. Thiele), o sperimentale, un cinema degno di questo nome non esistette per due decenni nella Germania Occidentale, dove lo stesso esame di coscienza sul nazismo praticamente mancò. Viceversa a Berlino Est, dove l'industria fu subito nazionalizzata nella società statale DEFA e dove, potendo scegliere tra le due Germanie, preferì lavorare un regista come W. Staudte, tale esame (Gli assassini sono tra noi, 1946; Rotation, 1949; Il suddito, 1951) venne impostato fin dall'inizio con grande serietà e senso di autocritica. Reduce dall'esilio, Dudow si inserì autorevolmente nell'evocazione della resistenza antinazista con Più forte della notte (1954), mentre K. Maetzig dedicò una biografia in due parti a E. Thaelmann, capo dei comunisti tedeschi. Ma il cinema della Repubblica Democratica Tedesca decadde negli anni Sessanta, che segnarono invece la nascita di un giovane cinema tedesco anticonformista nella Repubblica Federale. Ne furono portabandiera J.-M. Straub (Non riconciliati, 1965; Cronaca di Anna Magdalena Bach, 1967) e A. Kluge (La ragazza senza storia, 1966; Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, 1968), che con V. Schlöndorff (I turbamenti del giovane Törless, 1966; L'improvvisa ricchezza della povera gente di Kombach, 1970), J. Schaat (Tatuaggio 1967), G. Moorse (Kuckucksjahre, 1967), R. W. Fassbinder (Katzelmacher, 1968), E. Reitz, U. Schamoni; altri ruppero decisamente con il cinema commerciale, rimeditarono Brecht e Musil, esaminarono i risultati morali del miracolo economico, ripercorsero criticamente la storia della Germania e la sua cultura e, come P. Fleischmann, fecero i conti anche con il neonazismo (Scene di caccia in Bassa Baviera, 1969; Le campane della Slesia, 1971). Di questo movimento a Ovest sembrò risentire in modo positivo, all'inizio degli anni Settanta, anche il cinema dell'Est, con registi quali E. Günther (Il terzo), R. Gräf (Mio caro Robinson), H. Carow (La leggenda di Paolo e Paola), L. Warneke (Vita con Uwe), che reagirono al conformismo dominante con qualche vivacità critica. Sotto tale impulso anche K. Wolf, il regista numero uno della DEFA, produsse film più interessanti (L'uomo nudo nel campo sportivo, 1974; Mamma vivo, 1976), mentre il duo Heynowski-Scheumann, nei reportages sul Cile e sul Vietnam, proseguì l'attività documentaristica militante ch'era stata della coppia Anneliese-Thorndike. Tuttavia, nel 1975, l'accademismo era già restaurato all'insegna di Goethe (Le affinità elettive, Carlotta a Weimar). Viceversa, nella Repubblica Federale alla prima ondata rinnovatrice ne fece seguito una seconda ancor più importante, che negli anni Settanta portò decisamente il nuovo cinema tedesco all'avanguardia internazionale. Di essa facevano parte Kluge (Ferdinando il duro, 1976) e Schlöndorff (Il caso Katharina Blum, 1975; Il tamburo di latta, 1979), tra l'altro autori con Fassbinder e altri del film collettivo Germania in autunno (1978); e, sebbene residente in Italia, la coppia Straub-Huillet nei film parlati in tedesco (Lezioni di storia, 1972; Mosè e Aronne, 1974). Ma tre sono i nomi più noti, le personalità più spiccate: il già citato Fassbinder, il più prolifico e polemico con i suoi melodrammi straniati e sottoproletari, sconosciuti in Italia fino all'improvviso successo del Matrimonio di Maria Braun (1978); il vertiginoso e visionario W. Herzog, anch'egli strenuo paladino degli emarginati (L'enigma di Kaspar Hauser, 1975; La ballata di Stroszek, 1977); il lirico viaggiatore W. Wenders (Alice nelle città, 1973; Nel corso del tempo, 1975). Tra i più accesi sperimentalisti figurano H. J. Syberberg con le poderose e trasfigurate biografie storiche di Ludwig e di Hitler, e W. Schroeter, raffinato capo dell'underground che, interessandosi al Meridione d'Italia, ha vinto con Palermo oder Wolfsburg il festival di Berlino 1981. La più illustre rappresentante del cinema femminile è Margarethe von Trotta la quale, già collaboratrice del marito Schlöndorff (per suo conto giunto al premio Oscar con Il tamburo di latta), è approdata al Leone d'oro di Venezia con il suo terzo film Anni di piombo (1981). Purtroppo gli anni Ottanta hanno visto un appannamento generale del grande movimento del decennio precedente: scomparso Fassbinder nel 1982 (che comunque produsse ancora grandi testimonianze del proprio talento: il televisivo Berlin Alexanderplatz; Veronika Voss, 1982; Querelle, uscito postumo nel 1982, due mesi dopo la morte del regista); abbandonata la Germania Wenders per un cinema apolide, colto e senza frontiere (Paris, Texas, 1984; Il cielo sopra Berlino, 1987; Fino alla fine del mondo, 1991); a metà tra patria e Stati Uniti Schlöndorff (Morte di un commesso viaggiatore, 1985; Voyager, 1991); in crisi Herzog (Fitzcarraldo, 1982; Cobra verde, 1987; Grido di pietra, 1991). Così mentre il Festival di Berlino, complice anche la situazione internazionale, ha assunto progressivamente le caratteristiche della grande manifestazione culturale e mondana, la cinematografia tedesca in crisi non ha saputo esprimere che personalità meno importanti, spesso pronte a coniugare anticonformismi leggeri con il desiderio di riconoscimenti commerciali. Da citare, comunque, l'opera di P. Adlon (Baghdad Café, 1987; Salmonberries, 1991), Doris Dörrie (Uomini, 1987) e Katja von Garnier (Donne senza trucco, 1992). Anche nella prima metà degli anni Novanta è sembrata continuare la crisi di una cinematografia che ha disperso e dissipato unità di intenti e di capacità analitica nei confronti della società, a eccezione di alcune personalità come Edgar Reitz, Wolfgang Petersen e R. Emmerich. A cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo si riscontra un generale risveglio della cinematografia tedesca. Per la prima volta in dieci anni, infatti, un film (Lola corre, 1998) di un regista tedesco, Tom Tykwer, supera i confini nazionali e si trasforma in un successo internazionale. Inoltre, tre autori cardine degli anni Settanta tornano a produrre opere di elevato valore: Wenders, dopo il deludente Crimini invisibili (1997), realizza prima un accattivante documentario musicale a Cuba, Buena Vista Social Club (1999), che diventa un autentico cult-movie, poi firma un originale noir girato negli Stati Uniti, The Million Dollar Hotel (2000); Herzog, dopo anni dedicati quasi esclusivamente alla regia teatrale, torna con Il mio nemico intimo (1999), un documentario intelligente e ironico dedicato al suo attore e alter ego Klaus Kinski e apprezzato in numerosi festival cinematografici; infine, Schlöndorff, con Le leggende di Rita (2000), presentato al Festival di Berlino, sembra dimostrare una rinascita del cinema tedesco di stampo politico e sociale. Nel 2002 il film di Wolfgang Becker Goodbye Lenin, una commedia sui cambiamenti apportati nella vita dei cittadini dell'Est dalla riunificazione ha riscosso un grande successo internazionale. Nel 2003 la commedia grottesca Schultze vuole suonare il blues, del regista Michael Schorr ha avuto un premio speciale per la regia al Festival del cinema di Venezia. Successivamente, un grande successo di pubblico e di critica, seguito dalla conquista dell'Oscar nel 2006, ha avuto il film Le vite degli altri, di Florian Henckel von Donnersmarck, in cui si racconta della Berlino Est controllata dalle spie della Stasi.

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Per la storia medievale

P. Dollinger, La Hanse (XIIe-XVIIe siècles), Parigi, 1964; W. Abel, Agrarkrisen und Agrarkonjunktur in Mitteleuropa vom 13. bis zum 19. Jahrhundert, Amburgo, 1965; C. R. Brühl, Fodrum, Gistum, Servitium regis. Studien zu den Wirtschaftlichen Grundlagen des Königtums im Frankenreich und in den fränkischen Nachfolgestaaten Deutschlands, Frankreich und Italien vom 6. bis Mitte des 14. Jahrhundert, 2 voll., Colonia, 1968; K. Gorski, L'ordine teutonico. Alle origini dello Stato prussiano, Torino, 1971; J. P. Cuvillier, Storia della Germania medievale, Firenze, 1985.

Per la storia dell'età moderna

E. Buonaiuti, Lutero e la Riforma in Germania, Milano, 1945; F. Meinecke, Das Zeitalter der deutschen Erhebung 1795-1815, Heidelberg, 1946; J. Droz, L'Allemagne et la Révolution française, Parigi, 1949; G. von Poelnitz, Fugger, Kaiser, Kirche und Kapital, Tubinga, 1953; W. Andreas, Das Zeitalter Napoleons und die Erhebung der Völker, Heidelberg, 1955; F. L. Carsten, Princes and Parliaments in Germany from 15th to 18th Century, Londra, 1959; A. Meusel, Lehrbuch der deutschen Geschichte, Berlino-Pankow, 1960; P. Gaxotte, Histoire de l'Allemagne, Parigi, 1963.

Per la storia dell'età contemporanea

Fr. Schnabel, Deutsche Geschichte im 19. Jhdt, Friburgo, 1940; A. J. P. Taylor, The Cours of German History, Londra, 1945; E. Vermeil, La Germania contemporanea, Bari, 1950; G. Barraclough, Le origini della Germania moderna, Torino, 1957; E. Forsthoff, Deutsche Verfassungsgeschichte der Neuzeit, Stoccarda, 1961; P. Joachimsen, Vom deutschen Volk zum deutschen Staat. Eine Geschichte des deutschen Nationalbewusstseins, Amburgo, 1967; G. Ritter, I militari e la politica nella Germania moderna, Torino, 1967; W. L. Shirer, Diario di Berlino 1934-47, Milano, 1967; K. Kautsky, Texte zu den Programmen der dt. Sozialdemokratie 1819-1925, Colonia, 1968; A. Grosser, Deutschlandbilanz. Geschichte Deutschlands seit 1945, Monaco, 1970; G. Mann, Storia della Germania moderna, 1789-1958, Milano, 1978; H-U. Wahler, L'impero guglielmino, 1871-1918, Bari, 1981; K. Hildebrand, Il Terzo Reich, Bari, 1983; M. Sturmer, L'impero inquieto. La Germania dal 1866 al 1918, Bologna, 1986; H. Schulze, La Repubblica di Weimar. La Germania dal 1917 al 1933, Bologna, 1987; B. Marshall, The Origins of Post-War German Politics, Londra, 1988; M. Kovinman, Quand l'Allemagne pensait le monde. Grandeur et décadence d'une géopolitique, Parigi, 1990; A. Missiroli, La questione tedesca: le due Germanie dalla divisione all'unità, 1945-1990, Firenze, 1991.

Per la filosofia

E. Cassirer, La filosofia dell'illuminismo, Firenze, 1935; N. Hartmann, Die Philosophie des deutschen Idealismus, Berlino, 1923-29 (trad. it., Milano, 1972); L. Landgrebe, Philosophie der Gegenwart, Bonn, 1952; H. Heimsoeth, I grandi temi della metafisica occidentale, Milano, 1973; G. Gigliotti, Il neocriticismo tedesco, Torino, 1983; L. Sturlese, Storia della filosofia tedesca nel Medioevo, Firenze, 1990.

Per la letteratura

G. Lukács, Breve storia della letteratura tedesca, Torino, 1956; G. A. Amoretti, Storia della letteratura tedesca, Milano, 1958; F. Mossé, Histoire de la littérature allemande, Parigi, 1959; L. Mittner, Storia della letteratura tedesca, Torino, 1964 e seg.; V. Santoli, La letteratura tedesca moderna, Firenze-Milano, 1971; L. Mittner, La letteratura tedesca del Novecento, Torino, 1975.

Per l'arte

F. Roh, Geschichte der deutschen Kunst von 1900 bis zur Gegenwart, Monaco, 1955; A. Henze, Rheinland und Westfalen, Reclams Kunstführer, Stoccarda, 1959; J. Nigro Covre, La sintesi delle arti. Fonti per la cultura tedesca del primo '900, Roma, 1985.

Per la musica

H. J. Moser, Geschichte der deutschen Musik, 3 voll., Stoccarda, 1920-22-24; L. Schiedermair, Die deutsche Oper, Lipsia, 1930; F. Blume, Die evangelische Kirchenmusik, Potsdam, 1931; H. Mersmann, Eine deutsche Musikgeschichte, Potsdam-Berlino, 1934; J. Müller-Blattau, Geschichte der deutschen Musik, Berlino, 1938; E. Bücken, Das deutsche Lied, Amburgo, 1939; idem, Musik der Deutschen, Colonia, 1941; C. Rostand, La musique allemande, Parigi, 1960; I. Wulf, Musik im Dritten Reich, Gütersloh, 1963; U. Dibelius, Moderne Musik 1945-1965, Monaco, 1966; W. Dilthey, La grande musica tedesca del XVIII secolo, Napoli, 1990.

Per il teatro

R. F. Arnold, Das deutsche Drama, Monaco, 1925; H. Knudsen, Deutsche Theatergeschichte, Stoccarda, 1959; O. Mann, Geschichte des deutschen Drama, Francoforte, 1963; I. A. Chiusano, Storia del teatro tedesco moderno, Torino, 1976; A. Matter Siniscalchi, La satira politica nel cabaret tedesco del secondo dopoguerra, Napoli, 1990.

Per il cinema

R. Kurtz, Expressionismus im Film, Berlino, 1925; H. H. Wollenberg, Fifty years of German film, Londra, 1948; S. Kracauer, Cinema tedesco (1918-1933), Milano, 1954; L. H. Eisner, Lo schermo demoniaco, Roma, 1955; H. Richter, Il cinema d'avanguardia in Germania, Milano, 1961; G. Aristarco, Il cinema tedesco e il passato nazista, Monza, 1963; R. Borde, F. Buache, F. Courtade, Le cinéma réaliste allemand, Lione, 1965; E. Leiser, Deutschland Erwache - Propaganda im Film des 3. Reiches, Amburgo, 1968; D. S. Hall, Film in the Third Reich, University of California, 1969; F. Bucher, Screen Series: Germany, Londra-New York, 1971; R. Manvell, H. Fraenkel, The German cinema, Londra, 1971; U. Barbaro, Il cinema tedesco, Roma, 1973; R. Fischer, J. Hembus, P. Taggi, Il nuovo cinema tedesco (1960-1986), Roma, 1987.

Per il folclore

H. Lefebvre, Allemagne, photos et notices, Parigi-Zurigo, 1958; Autori Vari, Germania: storia, vita, folclore, Firenze, 1967; G. Fehr, W. Rehfeld, Deutschland, Monaco, 1970.

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