La lirica cortese
Walther von der Vogelweide
I luoghi di nascita e di morte del massimo innovatore del Minnesang, Walther von der Vogelweide (ca 1170 - ca 1230), sono avvolti nell'oscurità o nella leggenda, e approssimative sono anche le date di nascita e di morte. Né la sua lingua, modellata com'è sull'uso alto del Minnesang, consente di delimitare una possibile area geografico-culturale d'origine: il poeta stesso afferma tuttavia di aver appreso in Austria “l'arte del dire in rima e del cantare”. Da un documento, il solo in cui compaia il suo nome (“Walther cantor de Vogelweide”), risulta attestato un suo soggiorno in Austria nel 1203; ma riferimenti contenuti nelle sue poesie dimostrano che fu a lungo a Vienna al servizio del duca Federico I di Babenberg e alla corte degli Svevi, di Filippo prima, di Federico II poi, servendo però per un breve periodo intermedio (1212-13) il loro avversario Ottone IV. La notizia della sua sepoltura a Würzburg, riferita da una fonte tarda (ca 1350), non sembra aver fondamento.
La concezione dell'amor cortese
Gli esordi della lirica di Walther si collocano nell'ambito delle convenzioni cortesi del servizio d'amore reso alla donna, ma il suo distacco da questa forma poetica lo portò in conflitto con Reinmar di Hagenau, come documenta la violenta tenzone poetica tra i due. La nuova visione amorosa di Walther, se lascia inalterata la contrapposizione già provenzale tra “fino amore” e amore falso o basso, rivendica però il diritto alla felicità per gli amanti; i toni lamentosi fanno luogo alla consapevolezza che la fama della donna è legata all'eccellenza e alla nobiltà della poesia che la canta; ardimentosamente il poeta chiede talvolta che la donna corrisponda al sentimento amoroso, perché “non vale amore se in un solo vive”.
L'opera
Questa nuova visione amorosa, lieta e positiva, trova la sua ideale collocazione in una natura vitalmente consona al sentire degli amanti: esempio mirabile ne è la lirica Sotto il tiglio (Under der linden).
Massimo rappresentante della lirica medievale germanica, praticò con risultati altrettanto felici la poesia gnomico-religiosa e politica. Ne sono documento i cosiddetti motti (Sprüche), brevi apoftegmi da lui portati a dignità d'arte: alcuni di essi violentemente sarcastici, come quello celebre contro il papa (Ahi, come cristianamente il papa ride, Ahi wie kristenliche nu der babest lachet), altri di un dolente umorismo (come quello in morte di Federico d'Austria), altri più strettamente morali (come quello sui vaneggiamenti della cristianità). Scrisse altresì dei lai (Leich), componimenti di più strofe, tra i quali spicca quello alla Madonna (Marienleich), dei canti crociati (Kreuzzugslieder) e una splendida Elegia (Elegie) che lamenta con commozione la fuga degli anni e il “sogno” della vita, invitando al pentimento e alla fede religiosa.