Plinio il Giovane
- Introduzione
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- Riepilogando
Plinio il Giovane
Gaio Plinio Cecilio Secondo, detto il Giovane (Como 61/62 - Bitinia? 113 d.C.), era figlio di una sorella di Plinio il Vecchio; rimasto presto orfano di padre, fu adottato dallo zio materno del quale assunse il nome. Di ricchissima famiglia del ceto equestre, studiò retorica a Roma con Quintiliano e con Nicete Sacerdote. A 19 anni esordì nella carriera forense e divenne avvocato di successo; intraprese subito la carriera pubblica che fu rapida e fortunata. Fu nominato tribuno militare in Siria, comandante di uno squadrone di cavalieri e questore. Nel 90 entrò nell'ordine senatorio. Divenne poi tribuno della plebe, pretore, prefetto dell'erario militare e prefetto dell'erario di Saturno, console nel 100, anno in cui sostenne con l'amico fraterno Tacito l'accusa contro il proconsole d'Asia Marco Prisco, reo di malversazione. Fu nominato legato imperiale in Bitinia e morì durante l'esercizio di tale funzione o, forse, subito dopo il ritorno in Italia. Uomo ricchissimo, intelligente, cordiale e simpatico, fu amico dei più importanti personaggi del mondo politico e letterario del suo tempo.
Sono andate perdute le orazioni da avvocato e le poesie, di cui Plinio stesso fa orgogliosamente menzione; restano il Panegyricus Traiano imperatore dictus (Panegirico a Traiano) e 10 libri di Epistulae.
Il Panegirico a Traiano
È la redazione del discorso pronunciato in senato, nell'anno 100, per ringraziare l'imperatore Traiano della nomina a console; ampliato dallo stesso Plinio, finì per raggiungere la non comune lunghezza di 95 capitoli. L'orazione è riportata come prima di una raccolta di panegirici di vari imperatori.
Plinio ricorda gli avvenimenti più importanti della vita dell'imperatore: la gioventù, l'adozione da parte di Nerva, le imprese militari, le riforme civili, la liberalità, la sobrietà, l'azione moralizzatrice della vita pubblica. Dopo un'invettiva contro Domiziano, Plinio elogia la moglie e la sorella dell'imperatore, ringrazia il principe per l'onore accordato a lui e al suo collega Tertulo e chiude con una preghiera a Giove Capitolino.
Nonostante il tono enfatico e adulatorio, il panegirico rispecchia la sincerità di sentimenti dell'autore e le reali doti morali e intellettuali dell'"ottimo imperatore", la cui figura di sovrano illuminato appare in piena luce. Lo stile di Plinio è fluido ed espressivo, con frasi chiare e semplici, anche se elaborato e ampolloso, come era nella moda dell'epoca.
Le Epistulae
L'opera più importante e originale di Plinio sono i 10 libri delle Epistole. I primi nove libri furono pubblicati dall'autore e comprendono 247 lettere di varia lunghezza inviate a familiari e amici. Nella prima, a Setticio Claro, Plinio dichiara di aver riunito le lettere a caso, senza nessuna valutazione critica o di ordine cronologico; ma è solo falsa modestia, perché esse sono evidentemente composte per la lettura e la pubblicazione se non addirittura per i posteri come rivela l'accorta alternanza dei temi proposti, ordinati sul piano artistico con lo scopo di evitare la monotonia, e la semplice ma sorvegliata eleganza della scrittura. Non hanno quindi l'immediatezza talora drammatica delle lettere di Cicerone, cui pure Plinio intendeva fare riferimento. Le lettere offrono un quadro molto particolareggiato della vita quotidiana di Roma, importante per gli storici e per gli archeologi: illustrano le occasioni e le manifestazioni culturali, specie le declamazioni e recitazioni poetiche, magnificano le sue numerose ville, parlano della vita familiare e delle amicizie, fanno cenno ai letterati più famosi, da Marziale a Silio Italico, da Svetonio a Tacito. Altre sono semplici biglietti d'invito, di raccomandazione, di condoglianze, di affari. In alcune lettere Plinio dimostra notevoli capacità descrittive come in quelle sulle fonti del Clitunno, sull'inondazione del Tevere o, come nella più famosa, indirizzata a Tacito, in cui è descritta l'eruzione del Vesuvio del 79, che distrusse le città campane di Ercolano, Pompei, Stabia e in cui morì Plinio il Vecchio. Il decimo libro fu pubblicato postumo, con la corrispondenza dell'autore, a quel tempo governatore della Bitinia, a Traiano 79 lettere con 50 risposte dell'imperatore ai quesiti di natura fiscale, politica e amministrativa postigli dal suo solerte quanto indeciso funzionario. A lettere su argomenti di importanza secondaria si alternano altre su temi di grande rilievo, come la 96, che riguarda il problema del comportamento da tenersi nei processi contro i cristiani; molto equilibrata è la risposta di Traiano lettera 97 che impone di non tener conto delle denunce anonime e comunque di sospendere i processi contro i cristiani, qualora questi accettino di sacrificare all'imperatore.