Seneca
Le opere
Seneca fu uno scrittore molto prolifico sia in prosa sia in poesia; della sua vasta produzione sono pervenuti i Dialoghi, raccolta in 12 libri di argomento morale; il De clementia, trattato in 3 libri, di cui sono giunti il primo e l'inizio del secondo; il De beneficiis, in 7 libri sulla beneficenza e sulla gratitudine; le Naturales quaestiones, di carattere scientifico sui fenomeni atmosferici e celesti; le Epistulae morales ad Lucilium, 124 lettere raccolte in 20 libri; 9 tragedie; il Ludus de morte Claudii, scritto satirico per la morte dell'imperatore Claudio; una settantina di epigrammi, molti dei quali di dubbia autenticità. Di altre numerose opere sono giunti solo i titoli o rari frammenti per via indiretta: si tratta di scritti di scienze naturali e di filosofia, orazioni, lettere al fratello Novato, una biografia del padre.
I Dialoghi
I Dialoghi (Dialogorum libri) sono una raccolta di 10 scritti filosofico-morali che la tradizione manoscritta distribuisce in 12 libri. Ognuno si rivolge esplicitamente a personaggi ben precisi, ma il tono è piuttosto quello della diatriba stoica, non senza importanti "aperture" verso l'epicureismo, che sono una costante della riflessione di Seneca. La struttura dialogica è più letteraria che drammatica: spesso è un monologo in cui interviene, per vivacizzare l'esposizione, un interlocutore fittizio presente il destinatario stesso cui sono affidate obiezioni già pronte per essere superate.
La data di composizione dei dialoghi è incerta; qui di seguito essi vengono esposti secondo il probabile ordine cronologico.
Consolatio ad Marciam: è dedicato a Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, per consolarla della morte del figlio Metilio; sono già presenti temi caratteristici, come quello della labilità delle cose e della precarietà della vita.
De ira: è un trattato in 3 libri, dedicato al fratello Novato; pubblicato dopo la morte di Caligola, tratta della genesi delle passioni, in particolare dell'ira, e del modo di dominarle. Si chiude con una invettiva contro Caligola.
Consolatio ad Helviam: è dedicato alla madre Elvia, per consolarla del dolore che le ha provocato l'esilio del figlio in Corsica.
Consolatio ad Polibium: scritto in Corsica, è dedicato a Polibio, potente liberto di Claudio, per consolarlo della morte di un fratello. Le numerose adulazioni presenti mirano a ottenere il richiamo dall'esilio.
De brevitate vitae: è dedicato a Paolino, prefetto dell'annona; tratta della vita, che è apparentemente breve per chi non sa utilizzarla con saggezza.
De constantia sapientis: è dedicato a Sereno e tratta dell'imperturbabilità del sapiente, per il quale non esiste né ingiuria né offesa.
De vita beata: è dedicato al fratello Novato, che aveva assunto il nome di Gallione dal padre adottivo; tratta della felicità e della ricchezza ed è una risposta a coloro che lo accusavano di incoerenza fra ciò che sosteneva nei suoi scritti e il suo comportamento, che gli aveva procurato un immenso patrimonio.
De tranquillitate animi: dedicato a Sereno, svolge il tema della serenità e della coerenza del sapiente.
De otio: dedicato a Sereno, è una giustificazione del suo ritiro dalla vita pubblica e un'esaltazione della vita appartata.
De providentia: è dedicato a Lucilio e tratta della provvidenza secondo la dottrina stoica e del male inflitto ai buoni per fortificare la loro virtù.
De beneficiis
Il De beneficiis (I benefici) è un trattato in 7 libri dedicato a Ebuzio Liberale, composto negli ultimi anni della vita. L'opera affronta la casistica legata all'atto del beneficio, sia di chi lo elargisce sia di chi lo riceve, e ne sottolinea l'importanza sociale. Preoccupazione costante di Seneca è svincolare il beneficio dai legami della materialità, dell'interesse e di elevarlo da prassi a valore.
De clementia
Il De clementia (La clemenza) è un trattato politico-filosofico in 3 libri, dedicato a Nerone e scritto nel primo anno del suo principato; dell'opera sono rimasti il primo libro e 7 capitoli del secondo. Traccia il programma politico per il giovane imperatore, fondato sul valore della clemenza e della moderazione come caratteristiche del principe ideale. Seneca legittima la costituzione di uno Stato monarchico che è più corrispondente alla concezione stoica; in un tale regime, però, l'importante è avere un buon sovrano e dunque si rivela fondamentale la filosofia come base della direzione dello Stato. Proprio il continuo riferimento alla clemenza come virtù cardinale di un principe denota la consapevolezza, da parte del filosofo, di doversi predisporre ad affrontare un probabile despota.
Naturales quaestiones
Le Naturales quaestiones, composte dopo il suo ritiro dalla vita politica, sono dedicate all'amico e discepolo Lucilio (cui è anche indirizzato l'epistolario), magistrato di ordine equestre e procuratore in Sicilia nel 63-64 d.C. Dopo una prefazione in cui dichiara il proposito di giungere alla conoscenza di Dio, immanente nel mondo attraverso le sue manifestazioni, Seneca articola il discorso in 7 libri, secondo un criterio non sempre evidente, basato sui quattro elementi aria, terra, acqua, fuoco , ma palesemente squilibrato a favore dei fenomeni atmosferici, i sublimia, che riguardano la regione tra terra e cielo: i fuochi celesti, i tuoni, i fulmini e i lampi, le nubi e i venti. Tre libri sono dedicati ai fenomeni terrestri, le acque, le inondazioni del Nilo e i terremoti; uno soltanto all'astronomia: le comete. Ogni argomento si conclude con riflessioni di natura morale: la degenerazione delle epoche umane, la meditazione sulla morte, i cicli cosmici che segnano la storia dell'umanità, la polemica contro il commercio, le guerre, la stasi della ricerca filosofica. Le Naturales quaestiones sono la testimonianza della versatilità di Seneca e del suo interesse verso le scienze, anche se l'aspetto etico prevale su quello scientifico.
Epistulae morales ad Lucilium
Le Epistole morali a Lucilio sono il capolavoro di Seneca, la sua opera più ricca di vita interiore. Lo scrittore le compose negli anni del ritiro a vita privata e le indirizzò a Lucilio. Probabilmente non sono pervenute tutte; Aulo Gellio testimonia la presenza di un XXII libro. Sono 124 lettere, divise in 20 libri, che espongono la riflessione filosofico-morale di Seneca su temi fondamentali quali l'immortalità dell'anima, il sommo bene, la funzione della filosofia, la divina provvidenza, le passioni, l'amicizia, il problema della morte, la schiavitù; non mancano anche osservazioni sulla vita dell'epoca, commenti su avvenimenti di particolare interesse, critiche riguardanti la letteratura. Formalmente esse rispettano, almeno in parte, i canoni del genere epistolare; non sono però lettere private, non danno e non chiedono notizie, ma piuttosto sollecitano la meditazione e un dialogo a distanza, che non prevede l'obbligo formale della risposta scritta.
Le Epistole morali costituiscono la summa del pensiero filosofico di Seneca, concepito più come indagine su se stesso ed esortazione all'amico che come sistema organizzato. Esse non trattano mai di politica né di fatti politici e per questo non assumono l'importanza documentaria dell'epistolario di Cicerone. Il filosofo infatti tace quasi completamente sulla sua vita passata e sulle sue eccezionali esperienze: il ricordo è diventato riflessione ed essa coinvolge una problematica più ampia e complessa che va oltre le persone degli interlocutori. Ogni lettera è mediatrice di una saggezza inquieta, spesso autocritica, mai appagata da una risposta precostituita.
Da questo epistolario, redatto da uno stoico, è possibile ricavare un ampio florilegio di sentenze epicuree o della scuola di Epicuro, sovente apposte come sigillo al testo. Lo scrittore mette in secondo piano i contrasti, all'origine radicali, tra le due filosofie, per trovarne i punti in comune, specialmente nell'etica, a vantaggio di una verità che la compresenza di voci diverse non confonde. Non vi si parla mai di Claudio, né di Nerone, ma sempre di Seneca, di un Seneca che si ritiene dolorosamente abilitato a parlare di tutti e per tutti, coinvolgendo impietosamente nella critica la propria persona: "liberare se stessi di fronte a se stessi".
Ludus de morte Claudii
Incaricato di pronunciare l'orazione funebre ufficiale in onore di Claudio davanti al Senato, Seneca enfatizzò intenzionalmente i toni celebrativi fino al punto di suscitare le risa dell'uditorio e il defunto imperatore divenne oggetto di derisione in un breve componimento, Ludus de morte Claudii, (Satira sulla morte di Claudio), più comunemente nota come Apocolocyntosis divi Claudii (Zucchificazione del divo Claudio), che alterna prosa e versi come la satira menippea. Il titolo grecizzante di Apocolocyntosis è di solito interpretato come parodia di "apoteosi" e assume il significato, degradante rispetto a divinizzazione, di "zucchificazione" o "inzuccamento". Claudio vorrebbe essere accolto nell'Olimpo come un dio; invece è deriso e insultato dagli altri dei e sottoposto a un processo, in cui il pubblico ministero, spietato nell'accusarlo, è Augusto in persona. Claudio finirà nell'Averno trascinato da Mercurio, condannato a umili mansioni di schiavo-segretario, simili a quelle dei liberti, ai quali aveva affidato in vita tanto potere. La satira è una bizzarra e gustosa invenzione letteraria, permeata di feroce sarcasmo, in uno stile brioso e vivace, che unisce espressioni auliche ad altre volgari e popolari.