Vittorio Alfieri
Alfieri nelle sue tragedie e nel suo modello di vita propone un'idea di letteratura come sublime tragedia politica ed esistenziale. Diviene il simbolo di una ricerca letteraria su cui si fondava una nuova responsabilità morale e civile.
La vita
Nato ad Asti nel 1749 da nobile famiglia, perse il padre a un anno. Nel 1758 entrò nella Reale Accademia di Torino. Ebbe una personalità ribelle e intraprese lunghi viaggi (aprendosi peraltro a letture illuministiche), quasi per reagire alla "solita malinconia, la noia, l'insofferenza dello stare". L' Esquisse du jugement universel (Abbozzo di giudizio universale, 1773, scritto in francese) è il suo primo testo satirico; Cleopatra, rappresentata nel 1775, è la prima prova come drammaturgo. Gli anni tra il 1775 e il 1777 furono fondamentali per la sua vocazione letteraria: decise di "spiemontizzarsi", tuffandosi in uno studio tenacissimo e rigoroso dei classici italiani e latini; scrisse Antonio e Cleopatra (1775, poi rifiutata). Lasciati i suoi averi alla sorella, per non dover dipendere da un monarca lasciò il Piemonte e soggiornò a Pisa, Siena e Firenze, anche se la sua prolungata permanenza fiorentina (dal 1777 al 1780) fu dovuta alla passione per la contessa Luisa Stolberg-Gedern d'Albany (con lei nel 1780 fuggì a Roma, recandosi poi in Alsazia e a Parigi, proprio allo scoppio della rivoluzione). Nel 1777 compose il trattato Della tirannide; fra il 1777 e il 1779 curò la stesura del trattato Del principe e delle lettere, le Rime e la Vita; nel 1783 a Siena stampava i primi due volumi delle sue tragedie, che furono riviste e ripubblicate in sei volumi a Parigi, fra il 1787 e 1789. Salutò lo scoppio della rivoluzione francese con l'ode Parigi sbastigliato (1789), ma la violenza rivoluzionaria del Terrore giacobino lo indusse a una revisione critica del suo giudizio e più tardi a un vero e proprio odio nei confronti della Francia, espresso nelle pagine ferocemente satiriche del Misogallo (1798), un pastiche di prosa e versi. Morì nel 1803 a Firenze, in un'austera solitudine.
Fra le altre opere, meritano di essere ricordate le Rime (1804), in cui trova piena espressione la vena autobiografica di Alfieri. In stretto rapporto con la poesia è la Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso (1806). Tutta la narrazione è tesa a mettere a fuoco il momento in cui avvenne la "conversione" umana e letteraria, culminante nel suo dovere di scrittore tragico, impegnato in una società che non aveva più alcuna vocazione per il tragico: il tragico è solo nel passato, dal quale Alfieri attinge temi, personaggi, lingua, pronto a vedersi "anche sepolto prima di morire", pur di contrapporsi alla mediocrità del suo tempo.
La produzione tragica
Le principali tragedie pubblicate (1787-89) nell'edizione di Parigi sono: Virginia; Agamennone; Oreste; Rosmunda; Ottavia; Timoleone; Merope; Maria Stuarda; La congiura de' Pazzi; Don Garzia; Saul; Agide; Sofonisba; Bruto primo; Mirra; Bruto secondo. La situazione alla base dell'evento tragico è lo scontro tra eroi positivi, che si connotano per "virtù" (giustizia, fedeltà), ed eroi negativi, che annientano i valori umani con la violenza. Accanto ai due "eroi" ruotano personaggi minori, intriganti, che si muovono senza riuscire però a inserirsi nello scontro fra le due individualità, il "bene" e il "male", che si confrontano nella loro reciproca grandezza, nella "maestà e maschia sublimità" della tragedia. Il conflitto spesso non rimane nell'ambito politico, ma si arricchisce delle tensioni familiari, come nel ciclo di Edipo e di Oreste.
L'ideologia
Alla base della scelta letteraria della tragedia c'è il rifiuto di tutto ciò che limiti l'individuo, prima di tutto la società assolutistica dell'antico regime. La reazione diviene scelta di libertà dell'eroe dal "forte sentire" che giunge allo scontro con il potere. Il trattato Della tirannide riguarda soprattutto l'assolutismo, sostenuto dalla nobiltà e dalla religione. Alla tirannide del presente Alfieri contrappone la vita civile dell'antica Roma repubblicana. L'unica via d'uscita è la ribellione, che non culmina in un'azione costruttiva, ma nel "morire da forti", in quanto solo la morte è vero atto di libertà. La sua posizione ideologica e politica non deve essere interpretata, tuttavia, in senso giacobino e rivoluzionario, ma come un'affermazione di volontà dell'uomo, dell'individuo Alfieri, con il suo sentirsi antico e classico. Il classicismo alfieriano non fu mai gusto neoclassico: indifferente a una visione estetico-formale, fu la ricerca spasmodica di un modello di rigore morale tanto assoluto, quanto "impossibile", se non allucinatorio. Nel trattato Del principe e delle lettere (1789) Alfieri analizza l'impossibilità dell'integrazione fra potere e letterato, sottolineando la funzione corruttrice del potere nei confronti della letteratura, che dovrebbe porsi come faro di libertà. Si rivela un nuovo modello di scrittore: non più il letterato cortigiano, ma l'uomo che sente l'"infiammata voglia e necessità, o di esser primo fra gli ottimi, o di non essere nulla".
Le tragedie maggiori
L'Antigone (ideata nel 1776 e pubblicata nel 1783) riprende il mito greco trattato da Sofocle. Antigone assiste alla morte del fratello Polinice al quale intende dare sepoltura contro il volere del re Creonte. La tragedia inscena lo scontro fra un potere ingiusto ed empio e la giovane donna, che rispetta solo le leggi del cuore e non esita a mettersi in urto con il re, svelando i meccanismi perversi di cui egli si avvale.
Saul (1782) è una tragedia di argomento biblico: Saul, un valoroso guerriero di umili origini, viene consacrato re di Israele dal sacerdote Samuele, ma in seguito, accecato dalla brama di potere, compie atti di empietà. Saul diventa il tiranno, e a lui si contrappone per volontà divina David, che ha ucciso in duello il gigante filisteo Golia e ha sposato Micol, figlia di Saul. Saul, vecchio e consapevole del declino della sua forza fisica, nutre invidia e rancore per David. Solo il suicidio scioglierà il conflitto: uccidendosi Saul si libera dai limiti della condizione umana e si fa portatore di una titanica protesta.
Mirra (ideata nel 1784 e pubblicata nel 1789) è incentrata su una vicenda tratta dalle Metamorfosi di Ovidio: Mirra ama di una passione incestuosa il padre Cinico, re di Cipro. Per tentare di dimenticare l'empia passione, accetta di sposare Pereo, ma durante la cerimonia impreca contro le sue nozze. Pereo si uccide, Mirra rivela al padre il suo segreto e si dà la morte.
Le opere | Nel 1777 compone il trattato Della tirannide; fra il 1777 e il 1779 cura la stesura del trattato Del principe e delle lettere, le Rime e la Vita; nel 1783 a Siena stampa i primi due volumi delle sue tragedie, ripubblicate in sei volumi a Parigi fra il 1787 e 1789. |
Poetica | Alla base della scelta letteraria della tragedia c'è il rifiuto di tutto ciò che limiti l'individuo, prima di tutto la società assolutistica dell'antico regime. Il classicismo alfieriano non è mai gusto neoclassico: indifferente a una visione estetico-formale, il suo classicismo è la ricerca spasmodica di un modello di rigore morale, tanto assoluto quanto "impossibile". |