Ludovico Ariosto
La vita e le opere più importanti del più grande esponente della poesia italiana del Cinquecento, di cui l'Orlando Furioso è la massima espressione.
Ludovico Ariosto è la voce più elevata della poesia rinascimentale. L'Orlando furioso propone un visione moderna e insieme ideale della dignità umana; si offre come sintesi di un'eleganza narrativa che, comunque, mantiene in vita quella concretezza comica, se non addirittura ironica, tipica del racconto epico. Ariosto è l'esempio di un Rinascimento allegro e potente; è il modello di una letteratura perfetta, che sa equilibrare, quasi senza sforzo, musica, plasticità figurativa, nitore e ricchezza poetica.
La vita
Ludovico Ariosto nacque a Reggio Emilia nel 1474, figlio di un militare al servizio degli Estensi. A Ferrara seguì studi di giurisprudenza, poco amati, e alla fine poté dedicarsi esclusivamente alle lettere. Già nel 1493 fu tra gli organizzatori degli spettacoli teatrali della corte estense, di cui divenne funzionario con incarichi militari e diplomatici. Nel 1502 fu capitano di guarnigione a Canossa e dal 1503 al 1517 segretario del cardinale Ippolito d'Este. Fu così costretto a viaggiare, con pochissimo entusiasmo, tra Ferrara, Bologna, Modena, Mantova, Firenze e soprattutto Roma. A partire dal 1504 (e poi per tutta la vita) aveva cominciato a scrivere l'Orlando furioso e nel 1508-09 aveva rappresentato le due commedie La Cassaria e I Suppositi. Nel 1517 rifiutò di seguire Ippolito nella sede vescovile di Agria (Ungheria). Assunto alla corte del duca Alfonso, poté finalmente dedicarsi alla letteratura. Nel 1520 portò a termine Il Negromante, la sua terza commedia, e nel 1521 pubblicò la seconda edizione del Furioso (la prima è del 1516). In questo stesso anno scrisse la Satira V, da cui si apprende la sua sofferta accettazione dell'incarico di governatore della Garfagnana (1522-25), non facile compito che egli assolse, con il figlio Virginio, a Castelvecchio. Tornato all'amata Ferrara nel 1525, dopo essere stato nominato sovrintendente agli spettacoli di corte, si preoccupò di acquistare una casetta dove dal 1527 visse sino alla morte, godendo di relativa agiatezza e dedicandosi all'attività letteraria e a portare a termine La Lena, l'ultima commedia. Nel 1531 si recò a Venezia, dove morì poco dopo. Negli ultimi anni si era occupato della revisione stilistica e strutturale del Furioso (giunto ormai alla terza edizione, 1532). In un'edizione postuma del 1545 furono aggiunti i Cinque Canti, di datazione incerta, forse da collocare fra la prima e la seconda edizione.
Le opere minori
La commedia comica e la lirica latine furono gli ambiti privilegiati da Ariosto all'inizio della sua attività letteraria. Ancora in tarda età egli si cimentò con traduzioni di Terenzio e Plauto. Le sue prime due commedie (La cassaria, 1508, e I suppositi, 1509), inizialmente scritte in prosa, successivamente versificate, sono commedie di ambiente che, nell'osservazione minuta di vizi, virtù, intrighi ed equivoci umani, risentono anche del modello novellistico boccacciano. Macchinosa e meno interessante risulta la terza commedia (Il Negromante, 1520), in endecasillabi sdruccioli. La Lena (1528) è senza dubbio la più riuscita: si tratta di una commedia di carattere in cui trionfano le astuzie di due giovani innamorati sugli interessi di una corrotta coppia matura. Si suppone che Ariosto abbia cominciato a scrivere versi in volgare solo in età matura, forse all'inizio della sua relazione con Alessandra Benucci (1513, poi segretamente sposata nel 1527). Le sue Rime, sul modello petrarchesco e con influssi boiardeschi, constano di 41 sonetti, 12 madrigali, 5 canzoni e 27 capitoli in terza rima. Le sette Satire, scritte tra il 1517 e il 1524, in terzine sul modello delle epistole oraziane, rappresentano uno dei momenti più alti dell'arte poetica ariostesca: articolate in una sostanziale struttura dialogica di tipo epistolare, esse si rivolgono a personaggi reali a cui furono effettivamente inviate. Valutazioni, paragoni e inserti favolistici ne arricchiscono la vivace polifonia narrativa. L'importante epistolario (che consta di ben 214 lettere scritte tra il 1498 e il 1532) comprende soprattutto missive di carattere ufficiale in cui emergono i conflitti interiori dell'autore e la sua dimensione umana.
L'"Orlando furioso"
Poema epico-cavalleresco in ottave, l'opera ebbe tre redazioni: 1516, 1521 (40 canti), 1532 (46 canti). L'autore cercò una lingua più uniforme ed equilibrata, vicina al fiorentino letterario, limitando gli eccessi regionalistici presenti nella prima edizione. Il fascino della lingua del Furioso risiede infatti nella felice coesistenza (armonizzata dal tessuto musicale del testo e dall'artificio metrico) di termini familiari e tecnici con l'insieme della lingua letteraria canonizzata. Il Furioso comincia proprio dalla fine del poema boiardesco, interrotto quando Re Carlo decide di consegnare Angelica a colui che meglio si sarà distinto nella battaglia contro i mori. La trama del poema non risponde a un'unità di azione e segue tre direttrici principali: l'azione epica, che funge da cornice, è incentrata sulla guerra tra cristiani e saraceni; l'azione sentimentale, invece, si muove intorno a Orlando, alla sua ricerca di Angelica, alla conseguente perdita del "senno" e al suo ritrovamento; infine, l'azione celebrativa è imperniata sui contrasti d'amore tra il moro Ruggiero e la valorosa guerriera cristiana Bradamante. Dalle loro nozze (e dalla conversione al cristianesimo di Ruggiero) avrà inizio la dinastia estense. Dalla narrazione principale si dipartono continuamente racconti minori (spesso introdotti da un personaggio), che costituiscono ulteriori centri focali dello svolgimento narrativo. Si comprende così la tecnica con cui le azioni sono intrecciate sia tra loro, sia rispetto alla vicenda generale. I rari interventi dell'autore in prima persona fungono così da elementi coordinatori e indicano il senso morale o psicologico delle azioni. L'infinita imprevedibilità della vita, lontana da qualsiasi centro stabile, viene espressa dalla struttura "aperta" del poema, che indica il passaggio dal teocentrismo medievale alla visione del mondo antropomorfica della nuova sensibilità umanistica.
La vita | Ludovico Ariosto (1474-1533), nato a Reggio Emilia, si trasferì a Ferrara dove studiò. Svolse numerosi incarichi politici e diplomatici per gli Estensi, per i quali organizzò anche numerosi spettacoli teatrali. |
Le opere minori | Quattro commedie: le prime due (La Cassaria, 1508; I Suppositi, 1509) sono di ambiente, incentrate sull'osservazione minuta di vizi, virtù, intrighi ed equivoci umani, e risentono del modello novellistico boccacciano; risulta più macchinosa la terza (Il Negromante, 1520); La Lena (1528) è senza dubbio la più riuscita. Le sette Satire (1517-24), in terzine sul modello delle epistole oraziane, sono da considerare uno dei momenti più alti dell'arte poetica ariostesca. |
L'"Orlando furioso" | Poema epico-cavalleresco di 46 canti in ottave, è articolato in tre azioni: l'azione epica, che funge da cornice, è incentrata sulla guerra tra cristiani e saraceni; l'azione sentimentale, invece, si muove intorno a Orlando, alla sua ricerca di Angelica, alla conseguente perdita del "senno" e al suo ritrovamento; infine, l'azione celebrativa è imperniata sui contrasti d'amore tra il moro Ruggiero e la valorosa guerriera cristiana Bradamante. L'autore cerca una lingua più uniforme ed equilibrata, vicina al fiorentino letterario, limitando gli eccessi regionalistici. |
Il giudizio critico | La grandezza di Ariosto risiede nell'armonica conciliazione delle contraddizioni umane, risolta con superiore ironia e divertito distacco. |