L'oratoria: Lisia, Isocrate, Demostene
Lisia
Celebre logografo e abile oratore, Lisia visse a cavallo tra il V e il IV sec.; la sua opera, strettamente legata all'ambiente dei processi e al mondo del diritto attico, è forse l'esempio più significativo della prosa dell'età classica.
La vita
Lisia nacque ad Atene attorno al 459 a.C. Era figlio di Cefalo, un ricchissimo siracusano venuto ad Atene chiamato da Pericle e proprietario di una fiorente fabbrica di scudi. In casa sua Platone immagina ambientata la Repubblica. Visse alcuni anni a Turi, in Magna Grecia, ma tornò ad Atene verso il 413: qui la famiglia, per le sue simpatie democratiche oltre che per le ingenti ricchezze, subì la persecuzione del regime oligarchico dei Trenta tiranni (404). Il fratello dell'oratore fu mandato a morte; Lisia riuscì fortunosamente a evitare l'arresto e si rifugiò a Megara. Ritornato ad Atene dopo la restaurazione democratica (403), non riuscì tuttavia a rientrare in possesso dei propri beni e si dedicò quasi sessantenne, con grande fortuna all'attività di logografo. Incerta è la data della sua morte, che potrebbe essere collocata dopo il 380 a.C.
Le orazioni
Delle 425 orazioni che conoscevano, gli antichi ne consideravano autentiche 323. Ci è pervenuto un corpus di 30 orazioni circa, oltre a una serie di frammenti. Tranne alcune di genere epidittico, quali l'Olimpico e l'Epitafio, tutte le orazioni appartengono al genere giudiziario, cioè sono scritte su incarico di un committente che, secondo la prassi giudiziaria del tempo, doveva poi recitarle di persona in tribunale. Lisia si preoccupava di valorizzare le ragioni del suo committente e di far coincidere lo stile dell'argomentazione con la personalità del cliente, secondo il principio greco dell'etopea (ethopoiìa, rappresentazione del carattere). Le orazioni trattano temi svariati in relazione alla varietà delle cause: peculato, tradimento, corruzione, inadempienza agli obblighi militari, sacrilegio, diffamazione, ecc. La molteplicità di tematiche appare evidente anche dai titoli: Per l'invalido, forse commissionata da un cliente di modesta estrazione sociale; Per l'uccisione di Eratostene, imperniata sulla legittimità dell'omicidio in caso di adulterio; Contro i mercanti di grano, preziosa testimonianza per la ricostruzione della storia economica; Per l'olivo sacro; Per il soldato; Contro Diogitone. All'interno del ricco e composito corpus lisiano, trovano posto solo due orazioni di interesse politico: Contro Eratostene (403), l'unica pronunciata dall'autore, drammatica requisitoria contro il regime dei Trenta tiranni; Contro Agorato, un emissario degli oligarchi, che aveva provocato la morte di alcuni esponenti del partito democratico.
Lingua e stile
Rigore di documentazione e chiarezza di esposizione sono le doti che già la critica antica indicava come caratteristiche delle orazioni di Lisia, che seguivano sempre la seguente struttura: prefazione, esposizione del fatto, presentazione delle testimonianze ed epilogo. Dionigi di Alicarnasso definì etopea (ethopoiìa) la capacità di trasferire nel discorso gli atteggiamenti mentali e psicologici del personaggio, oltre che la caratterizzazione del suo livello culturale e sociale.
La lingua usata da Lisia è un dialetto attico puro e di semplicità esemplare.
Grande narratore, Lisia dimostra una padronanza di stile che ha costituito un punto di riferimento essenziale per tutta la prosa successiva, in modo particolare per la corrente ellenistica dell'atticismo.