Perché non riusciamo a salvaguardare la Terra dai pericoli provenienti dallo spazio?
Nelle vicinanze di Boston, il Minor Planet Center, ha il compito di tracciare e catalogare tutti gli asteroidi del sistema solare.
Ce ne sono centinaia di migliaia e il 90% si trova tra Giove e Marte, in un'orbita chiamata “fascia principale”. Ma è il restante 10% a preoccupare gli scienziati: si tratta degli asteroidi classificati come Near Earth, quelli che orbitano vicino alla terra e che possono colpirla.
Ci sono oltre settemila asteroidi Near-Earth, i più grandi hanno un diametro che supera il chilometro e una loro collisione con la Terra causerebbe una catastrofe.
Se un asteroide del diametro di un chilometro dovesse colpire, ad esempio, New York ... avrebbe effetto su persone che abitano a centinaia di chilometri di distanza causando morte e devastazione.
Il cratere di Barringer, in Arizona, è largo un chilometro e profondo duecento metri. Si è formato cinquantamila anni fa, quando un asteroide di trecentomila tonnellate si è schiantato sulla Terra.
Questa cicatrice sulla superficie terrestre dimostra che il nostro pianeta è già stato colpito in passato che verrà probabilmente colpito di nuovo.
Per quanto devastante però, l’impatto di un grosso asteroide rimane l’unico disastro naturale che possiamo prevedere prima che accada.
Gli astronomi, come Richard Kovalski, sono le sentinelle silenziose che vegliano sul nostro pianeta scandagliando il cielo alla ricerca delle più piccola anomalia.
Riuscendo a prevedere per tempo l’arrivo del pericolo potremmo provare a deviare la traiettoria con degli ordigni nucleari: una soluzione praticabile…ma soltanto in linea teorica.
Con le tecniche e l’esperienza a nostra disposizione potrebbe trattarsi di un’impresa impossibile: l’idea di atterrare su un asteroide, piazzare una bomba e ripartire è più adatta a un film di fantascienza che a una missione scientifica.
L’alternativa sarebbe quella di evacuare tutte le aree interessate dall’impatto ma il perimetro colpito potrebbe essere enorme.
L’impatto di un asteroide causa infatti una distruzione di gran lunga maggiore di quella suggerita dal solo cratere per via dell’onda d’urto che si sprigiona.
Il 30 giugno 1908 un asteroide cadde sulla foresta siberiana di Tunguska spazzando via oltre 1500 chilometri quadrati di foresta.
Le cime degli alberi erano distrutte, eppure, sul suolo, non c’era nessun cratere: questo fenomeno è conosciuto come “esplosione in aria”, ovvero l’asteroide entra nell’atmosfera e la resistenza dell’aria lo fa decelerare così in fretta che si sgretola ed esplode.
Ne risulta un'onda d’urto potentissima in grado di radere al suolo intere città in pochi secondi.
Analizzando i filmati dell’epoca si è calcolato che l’asteroide che ha provocato la devastazione di Tunguska doveva essere molto piccolo, con un diametro inferiore ai cinquanta metri.
Gli asteroidi più piccoli sono molto difficili da vedere: nessuno sa dove si trovino né dove siano diretti e gli scienziati stimano che potrebbero essercene oltre un milione nello spazio.
Dunque la considerazione che possiamo fare è che possiamo scandagliare lo spazio in lungo il largo ma il nostro sguardo difficilmente potrà penetrare quest' immensa distesa di buio scovando gli asteroidi più piccoli.
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