Origine ed evoluzione del linguaggio: parallelismi e risposte dal mondo degli animali
Sembra che solo gli uomini possiedano un vero linguaggio, l'abilità di usare simboli astratti e di combinarli in un'infinita varietà di significati riguardanti il passato, il presente e il futuro. Ma più si studiano gli animali e più risulta che essi hanno abilità simili alle nostre.
Tra gli studiosi che si occupano di evoluzione del linguaggio ci sono quelli che sostengono che la comunicazione di alcuni animali possa aiutare a capire le origini del linguaggio umano. A favore di questa tesi ci sono diversi studi condotti sugli scimpanzé, sugli uccelli e su altre specie animali molto lontane da noi, come le balenottere. Questi animali, e molti altri, possiedono un sistema di comunicazione attivo in cui i segnali sono privi di ambiguità e sono di facile esecuzione, e ad ogni segnale corrisponde sempre lo stesso significato. Alcuni animali fanno uso di gesti per trasmettere significati mentre altri usano suoni.
Le scimmie antropomorfe hanno un linguaggio gestuale molto evoluto, ma povero di vocalizzi. I gesti che utilizzano sono confrontabili con quelli che noi osserviamo nei bambini di 11 mesi d’età e che accompagnano da vicino le prime forme di linguaggio parlato. Questa somiglianza ha rafforzato la cosiddetta teoria gestuale delle origini linguistiche, secondo la quale la prima forma di linguaggio umano consisteva in segnali: i discorsi articolati evolsero solo in un secondo momento. Anche gli uccelli (specialmente colibrì e pappagalli) possono rivelare come gli uomini impararono a parlare. Ci sono numerosi parallelismi tra il modo in cui imparano a cantare e quello in cui i neonati imparano a parlare: entrambi devono essere esposti ad un tutor adulto, hanno uno specifico “periodo sensitivo” e tutti e due balbettano mentre impratichiscono. A livello genetico FOXP2, un gene coinvolto nel linguaggio umano, gioca un importante ruolo anche nel linguaggio degli uccelli e degli scimpanzé.
Inoltre, aree simili a quelle di Broca e Wernicke sono state identificate negli encefali di queste due specie, dimostrando una convergenza evolutiva nelle modalità di apprendimento vocale. La balenottera azzurra possiede un repertorio vocale molto vasto, ma in determinate circostanze emette un unico suono e lo ripete nel tempo secondo configurazioni ritmiche ben definite. Rappresentando numericamente questi suoni gli studiosi hanno individuato delle sequenze che possono essere paragonate al linguaggio binario utilizzato dai nostri computer. Si tratta, quindi, di un linguaggio molto raffinato.
La conclusione è che funzioni cognitive superiori, come il linguaggio, si sono evolute autonomamente in molti gruppi animali, indipendentemente dal loro grado di parentela evolutiva. L’uso delle parole e la sintassi sono le uniche vere novità del linguaggio umano, la cui produzione si basa soprattutto su processi controllati volontariamente da alcune regioni corticali del lobo temporale e del lobo frontale, mentre negli animali il comportamento vocale è modulato principalmente da processi involontari.
Claudia Grossi