Dante, poeta d’Italia: intervista ad Aldo Cazzullo

L’eredità che Dante ha lasciato agli italiani è immensa. Lo si vede nel nostro lessico (espressioni come “Bel Paese” “stare solo soletto” “non mi tange”, sono state tutte coniate da Dante), e nella nostra identità: il Sommo Poeta è stato il primo a parlare d’Italia. Lo ha raccontato Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore, nei suoi 15 minuti con Dante.

Sentirlo snocciolare terzine dantesche lascia ammirati ed emozionati: Aldo Cazzullo, volto noto al grande pubblico, rivela anche così il suo grande amore per Dante e la Divina Commedia. Seguiamo il filo delle sue parole lucide e appassionate, sulla scia del suo libro A riveder le stelle. Dante, il poeta che inventò l’Italia.

Amore e odio per il Bel Paese

Tra l’immenso patrimonio letterario e culturale di cui Dante è portatore, Cazzullo si sofferma sulla dedizione che il poeta ha sempre riservato al nostro Paese: “Dante è il primo a parlare di Italia, è lui che si inventa l’espressione Bel Paese; per lui l’Italia non era uno Stato, era un patrimonio di bellezza e di cultura”. L’attento sguardo dello storico coglie nelle parole del poeta la visione unitaria del nostro Paese, un’unità che è esistita ed esiste ancor prima degli eventi storici e oltre le bassezze e le divisioni della politica. Dante è stato veramente “il poeta che inventò l’Italia”; la sua è una posizione di un’attualità sorprendente, tanto che “leggendo Dante, sembra quasi di leggere una cronaca dell’Italia di oggi”.

Come allora, anche ora gli italiani amano dividersi e litigare, e a loro Dante non risparmierebbe le sue invettive in rima, come ha fatto con fiorentini, romani, pistoiesi, pisani: “Dante è arrabbiato con gli italiani del suo tempo e temo che sarebbe arrabbiato anche con noi oggi”.

Una lingua senza tempo

Come attuale è la posizione politica di Dante, allo stesso modo (e forse ancora di più) è la sua lingua: “Quando leggi la Divina Commedia, ti accorgi che la lingua è più moderna di quella che usano i poeti nell’Ottocento”. È una lingua viva, appresa nei mercati popolari di Firenze e trasformata in un capolavoro assoluto attraverso il filtro letterario. Quando l’Italia raggiunge nell’Ottocento l’unità politica, per motivi anche di prestigio letterario, per la lingua si rifà proprio al toscano e quindi a Dante: così noi oggi possiamo affermare a ragion veduta di parlare la lingua della Divina Commedia.

Uno specchio interiore

Avendo scelto di confrontarsi con la storia e l’identità italiana, Cazzullo, dopo aver studiato e scritto del Risorgimento, della Grande Guerra, della Resistenza, ha voluto fare i conti con le origini più remote dell’Italia e quindi, con sommo piacere, ha dovuto fare i conti con Dante. Quest’ultimo, con la sua idea alta d’Italia e la sua lingua viva, in qualche modo “è il papà o il nonno di tutti quanti noi” e dopo secoli è ancora capace di catalizzare l’attenzione di lettori e studiosi.

I 700 anni dalla sua morte sono un’occasione eccezionale per riscoprirlo e riprendere in mano le sue opere, perché Dante non è noioso né troppo difficile: non è mai troppo tardi per scoprire se stessi nei versi della Divina Commedia. Il viaggio di Dante nell’oltretomba, infatti, rappresenta anche un itinerario nell’interiorità dell’essere umano. Ancora una volta la Commedia ci appare straordinariamente moderna, anzi in questo caso eterna: “Leggere Dante durante la pandemia ha un senso particolare perché aiuta a collocare le nostre sofferenze in un contesto ben preciso e aiuta a capire che ce l’abbiamo sempre fatta”.

Il libro più bello del mondo

“Non sono un dantista, sono una persona appassionata di Dante” confessa Aldo Cazzullo, ma il suo rapporto con la Commedia, empatico e totalizzante, lo rendono qualcosa di più di un entusiasta lettore del sommo Poeta. D’altra parte è lo stesso Cazzullo che, citando Borges, riconosce che “la Divina Commedia è il più bel libro scritto dagli uomini: un libro scritto in italiano, la nostra lingua, da un italiano, un nostro compatriota”. 

Chi è Aldo Cazzullo

Giornalista, scrittore e storico, inviato ed editorialista del Corriere della Sera, per cui cura la rubrica delle Lettere dei lettori. Ha raccontato gli eventi più significativi degli ultimi decenni, tra cui le edizioni delle Olimpiadi e dei Mondiali di calcio, la morte di Lady Diana, gli attentati dell’11 settembre, le elezioni presidenziali americane, la morte di papa Wojtyla, la pandemia. Ha intervistato i maggiori protagonisti della vita pubblica italiana e internazionale, del mondo politico e non. Come scrittore, ha indagato diversi aspetti della storia e dell’identità italiana, sempre con grande riscontro di pubblico. Per giovani e ragazzi ha scritto, con i suoi due figli, Metti via quel cellulare sui rischi e le opportunità del mondo digitale.

È autore del libro A riveder le stelle. Dante, il poeta che inventò l’Italia.