yoga
sm. sanscrito (propr., unione, ma anche dominio) usato in italiano come sm. Pratica ascetica nella tradizione religiosa dell'India. Secondo il suo stesso significato, la pratica tende ad “aggiogare” o dominare la realtà, “legando” o fermando il divenire (mokṣa) per raggiungere l'Essere. Questo dominio del reale si risolve in un autodominio raggiungibile mediante l'arresto delle azioni esterne, la cessazione delle attività della mente e la disciplina delle azioni interne (le funzioni fisiologiche e psichiche che non possono arrestarsi se non con la morte). Lo yoga si pone in contrasto all'ideologia vedica fondata sullo ṛta che è proprio “movimento” (e nella quale ogni “arresto” è sentito negativamente); e in effetti lo yoga realizza una rivoluzione di valori, rispetto al politeismo vedico, che potremmo chiamare mistica. Si tratta della polarizzazione di un elemento (statico) che nella dialettica in cui si svolge la religione vedica esiste soltanto in funzione dell'elemento opposto (dinamico). La possibilità teorica di cercare dentro di sé quel mondo che la religione vedica formulava a mezzo d'immagini divine, ossia di entità esterne all'uomo, comincia con la più antica speculazione delle Upaniṣad; forse con l'insegnamento del maestro Yajnavalkya, che identificava la sostanza (Brahman) del mondo con la sostanza (Ātman) dell'uomo. Su questa linea si rendeva inutile la presenza di dei allo scopo di collegare l'uomo al cosmo; e si rendeva inutile ogni azione di culto intesa a collegare gli uomini agli dei. La pratica rituale diventava ascesi o, particolarmente, yoga. Lo yoga viene assunto come tecnica estatica dalle più diverse correnti dell'induismo, ma esiste anche una sua formulazione assoluta, quasi una religione a sé, che viene chiamata convenzionalmente yoga classico. È lo yoga che, probabilmente nel sec. V della nostra era, è stato esposto sistematicamente da Patañjali negli Yogasūtra. I sei darśana della traduzione induista infatti comprendono: Nyāya (scuola di logica), Vaiśesika (scuola di fisica), Sāṃkhya (scuola cosmologica), Yoga (il classico è quello, appunto, di Patañjali), Mīmānsā (indagine, ricerca) e Uttaram (si occupa della parte conoscitiva dei Veda, delleUpaniṣad, dei Vedānta). Lo yoga classico prescrive otto fasi (aṅga, membra) per il raggiungimento della condizione salvifica (il contatto con la realtà). Le fasi, precedute da una propedeutica fondata sullo studio dei Veda, su pratiche devozionali e su diete particolari sono; la prima consiste nell'apprendimento e pratica di cinque yama (costrizioni), che includono ahiṃsā (la non-violenza), veridicità, onestà, castità e indifferenza alle ricchezze; la seconda l'apprendimento e pratica di cinque niyama (discipline), quali purezza, sobrietà, tapas (calore ascetico), recitazione di testi, dedizione all'Iśvara; apprendimento delle posizioni adatte alla concentrazione e della regolazione del respiro (pranayama); acquisizione della facoltà di stornare i sensi dagli oggetti sensibili; concentrazione; meditazione; samādhi, immersione nel cosmo o perfetta identificazione con esso, liberazione dal divenire (il risveglio del nirvana). Altre forme e tradizioni, specialmente di tipo più popolare, danno grande rilievo ai poteri che dovrebbero scaturire dalla pratica dello yoga; spesso fanno ricorso, non tanto alla dottrina di Patañjali, quanto a quella del Haṭhayoga ('Yoga della forza', detto anche della 'giara o vaso', in riferimento al corpo, inteso come contenitore debole dello spirito, e perciò da rafforzare). Il Haṭhayoga s'incentra su pratiche di purificazione, posizioni (āsana) e pratiche respiratorie, preliminari, per certi aspetti, allo Yoga di Patañjali; esse si collegano, per la loro insistenza su un ideale di perfezione corporea necessaria al conseguimento della liberazione, oltre che alla medicina āyurvedica, alla tradizione indiana fondata su tecniche psicofisiche, al tantrismo.