vago

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agg. e sm. (pl. m. -ghi) [sec. XIV; dal latino vagus, vagante].

1) Che vaga; errante, mobile o instabile.

2) Non determinato con chiarezza, né definito con precisione, incerto, indistinto: avere una vaga idea sul da farsi; esprimersi con vaghi esempi. Spesso usato anche come sm. per indicare qualche cosa di impreciso e indeterminato: cadere nel vago. In particolare, in astronomia, anno vago, quello composto da 365 giorni esatti in uso presso gli Egizi; formato da 12 mesi ognuno di 30 giorni, oltre a 5 giorni efragomeni, è stato usato da Tolomeo nei calcoli per l'Almagesto.

3) Lett., che è dotato di grazia e bellezza, che reca piacere; leggiadro, ameno, riferito a persone, a luoghi, a cose concrete o astratte: “Vaghe stelle dell'Orsa” (Leopardi); quindi, allettante, pieno di promesse e lusinghe: “assai contenta / di quel vago avvenir che in mente avevi” (Leopardi).

4) Lett. poetico, voglioso, desideroso: vago di onori. Nella loc.: vago di, adorno di.

5) In anatomia, il nervo vago (anche sm.), detto anche pneumogastrio, rappresenta il X paio dei nervi encefalici ed è il più lungo di tutti. È un nervo misto, ossia ha fibre viscerali, sensitive ed effettrici. Emerge dal cranio attraverso il forame giugulare, fa parte del fascio vascolo-nervoso del collo insieme all'arteria carotide interna e alla vena giugulare e penetra nel torace dove, dopo un breve percorso, lascia i grandi vasi e si anastomizza sull'esofago con il nervo controlaterale; qui i due nervi costituiscono un plesso che segue il decorso dell'esofago, penetra nell'addome e dà origine a plessi terminali. Durante il suo percorso il nervo vago si dirama dando origine a: rami cervicali, destinati alla laringe e ad altri organi del collo; toracici che innervano polmoni, trachea, bronchi, esofago e cuore; addominali che innervano vie biliari, duodeno e pancreas.

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