transizióne
IndiceLessico
sf. [sec. XIV; dal latino transitío-ōnis, da transīre, passare].
1) Passaggio, soprattutto da una situazione, da una condizione a un'altra; in particolare, periodo, epoca di transizione, che segna il passaggio da un'età storica, da una civiltà, a un'altra.
2) In fisica, passaggio da un dato stato a un altro: temperatura di transizione, la temperatura alla quale avviene un determinato passaggio di stato o di fase. È tale, per esempio, la temperatura alla quale una sostanza da solida diventa liquida; o la temperatura alla quale una sostanza passa da un determinato sistema cristallino a un altro; o la temperatura alla quale un solido diventa superconduttore. In particolare, in fisica atomica e nucleare, passaggio di un sistema quantizzato da un livello energetico a un altro, ovvero da un dato stato iniziale a un dato stato finale.
3) In metallurgia, la curva di transizione di un materiale ne individua il punto di fragilità.
4) In aeronautica, fase di transizione, fase del decollo durante la quale il velivolo si stacca da terra e segue una traiettoria curvilinea che si raccorda nella successiva fase di salita a regime, in cui la traiettoria è rettilinea; fase del volo, quella, tipica dei convertiplani e dei convertigetti, in cui l'aeromobile, dopo aver decollato verticalmente, passa dalla condizione in cui la sua sostentazione è assicurata dalla trazione di eliche (o rotori) con asse all'incirca verticale, o da getti portanti, a quella in cui la sostentazione gli è invece fornita da un'ala fissa. È similmente denominata transizione l'inversa manovra che viene eseguita al termine del volo, in preparazione dell'atterraggio verticale. Anche il fenomeno che si verifica sui profili alari sulla cui superficie (purché abbastanza levigata) si determina, nella zona immediatamente a valle del punto d'arresto della corrente fluida che li investe, uno strato limite laminare che, in una zona abbastanza ristretta della superficie del profilo stesso (detta appunto di transizione), si trasforma poi in turbolento.
5) In istologia, epitelio di transizione, tipo di tessuto epiteliale stratificato i cui elementi cellulari hanno la capacità di modificare la propria forma da piatta a cilindrica, in conseguenza delle variazioni dell'estensione della membrana epiteliale. È proprio delle vie urinarie.
6) In fitogeografia, fitocenosi formata da due o più tipi di vegetazione che si compenetrano nella fascia intermedia di contatto delle relative zone di distribuzione, dove le condizioni ambientali non riescono a selezionare decisamente una o l'altra specie.
7) In chimica, elementi di transizione, famiglie di elementi chimici contraddistinte ciascuna da una particolare distribuzione degli elettroni periferici dei loro atomi.
8) In genetica, mutazione provocata dalla sostituzione nel DNA o RNA di una base purinica o pirimidinica con un'altra.
Fisica: generalità
La cosiddetta regola d'oro nº 1 permette di calcolare, per una reazione nucleare, la probabilità di transizione per unità di tempo, quando lo schema della reazione è A+a↔B+b. La probabilità di transizione per unità di tempo è anche detta velocità di transizione e rappresenta la probabilità che un sistema passi da uno stato P a uno stato Q nel tempo di un secondo. Il sistema A+a (stato iniziale) passa in B+b (stato finale) dopo aver vissuto in uno stato legato intermedio metastabile (nucleo composto) che si forma in opportune condizioni energetiche per un fenomeno di risonanza fra il nucleo A e la particella a. L'idea del nucleo composto è dovuta a N. Bohr; lo schema corrispondente è stato introdotto per spiegare perché la probabilità della transizione A+a↔B+b avesse valori particolarmente elevati in corrispondenza a specifici valori Ec dell'energia E del sistema (A+a). La meccanica quantistica consente di ricavare per la velocità di transizione, vT, la seguente espressione:
(regola d'oro nº 1), dove אCA è, nella teoria delle perturbazioni, l'elemento di matrice della perturbazione che provoca il passaggio dal sistema A+a al nucleo composto C e אBC è l'elemento di matrice che provoca il passaggio dal nucleo composto C al sistema B+b; è la costante di Planck, Ea l'energia dello stato iniziale, Ec l'energia del nucleo com posto, la densità degli stati fi- nali rispetto all'energia, l'espressione |אCA ∤ אBC|² dà l'ampiezza della probabilità di transizione. La regola d'oro nº 2 calcola, invece, la velocità di transizione mediante la seguente espressione , ove א è l'elemento di matrice delle perturbazioni che causa la transizione e l'espressione |א|² dà l'ampiezza della probabilità di transizione.
Fisica: matrice di transizione
In fisica delle particelle elementari, è detta matrice di transizione la matrice i cui elementi Tαβconsentono di calcolare velocità di transizione, ω, da uno stato iniziale di un dato sistema di particelle descritto dalla funzione di stato (funzione d'onda) ψα (canale α), a uno stato finale del sistema descritto dalla funzione ψβ (canale β), quando l'interazione fra le particelle è interpretabile secondo la teoria delle perturbazioni al primo ordine. In questa forma, la teoria dell'interazione non tiene conto degli stati intermedi della reazione.
Fisica: matrice S
Nel formalismo della meccanica ondulatoria, la transizione è descritta anche dalla matrice S, matrice i cui elementi determinano il comportamento della funzione d'onda di un sistema di due particelle dopo un'interazione, a distanze grandi dal centro d'interazione rispetto alle dimensioni nucleari. Se N è il numero delle configurazioni che danno origine a una data interazione e quindi anche il numero delle possibili configurazioni finali, la matrice S è formata da N² numeri complessi, ciascuno corrispondente a una coppia (stato iniziale, stato finale), dipendenti dall'energia a disposizione della reazione. Le sezioni d'urto per le varie interazioni sono esprimibili mediante gli elementi di matrice S, le cui proprietà più importanti sono: è unitaria, cioè ΣcSacSab=δac, con Sac complesso coniugato di Saa; il valore della relazione (cioè vuol dire che la somma delle probabilità per il sistema di uscire dall'interazione secondo un qualunque canale è uguale 1); è invariante rispetto all'inversione temporale.
Chimica
Disponendo gli elementi chimici in ordine di numero atomico, cioè di numero di elettroni periferici crescente, si osserva che, passando dal calcio allo scandio, il nuovo elettrone che entra a far parte della compagine dell'atomo non va a inserirsi nello strato più esterno (strato N) aggiungendosi ai due che già vi si trovano nell'atomo del calcio, ma si colloca invece nello strato sottostante (M), che passa così da otto a nove elettroni. Lo stesso fenomeno si verifica passando dallo scandio all'elemento successivo, il titanio, che mantiene infatti due elettroni nello strato N, aumentando da nove a dieci il numero di elettroni dello strato M. Questa particolare ripartizione prosegue fino a quando con il gallio il nuovo elettrone che si aggiunge a quelli periferici dell'elemento precedente, cioè dello zinco, si inserisce nuovamente nello strato N che passa così da due a tre elettroni. Si ha in tal modo una serie di dieci elementi, che inizia con lo scandio e si chiude con lo zinco, detta serie di transizione 3d dal simbolo del sottostrato di M, che in questa serie si va a mano a mano completando di elettroni. Nel sistema periodico degli elementi si hanno altre serie di transizione: in quella 4d, che si apre con l'ittrio e si chiude con il cadmio, figurano dieci elementi rispettivamente corrispondenti nelle loro proprietà ai dieci elementi della serie 3d; nella serie 5d, che si apre con la famiglia del lantanio e si chiude con il mercurio, figurano invece ventiquattro elementi. La particolare distribuzione degli elettroni periferici degli atomi degli elementi di transizione comporta un insieme di caratteristiche fisiche e chimiche proprie di tali elementi.