reminiscènza

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sf. [sec. XIV; dal latino tardo reminiscentía, da reminisci, ricordarsi].

1) Il ricordarsi: “la reminiscenza delle passate dolcezze” (Foscolo). Per estensione, ricordo vago, impreciso, frammentario; la cosa ricordata: conservare alcune reminiscenze del latino studiato a scuola.

2) In opere letterarie, musicali, cinematografiche e simili, il riecheggiare più o meno intenzionalmente, da parte dell'autore, temi e motivi di altre opere: un romanzo denso di reminiscenze manzoniane; ci sono nel film molte reminiscenze teatrali.

3) Nella filosofia platonica, l'atto che rende possibile la conoscenza, come ricordo di ciò che nell'anima, immortale ed eterna e quindi in grado di abbracciare tutte le cose, è già da sempre presente. San Tommaso, sulla traccia di Aristotele, avrebbe però distinto ricordo e reminiscenza, essendo quest'ultima “quasi un sillogizzare, cercando il ricordo nel passato”. Il problema della reminiscenza è tornato di attualità in Heidegger, che sembra attribuire al pensiero i caratteri della reminiscenza; Bloch, da parte sua, vede in questi stessi caratteri i limiti della tradizione metafisica.

4) In senso tecnico, in psicologia, l'espressione viene usata con due significati fondamentali: in psicologia della memoria, per reminiscenza si intende il ripresentarsi spontaneo alla coscienza di contenuti precedentemente acquisiti e apparentemente obliati; nella psicologia dell'apprendimento, è il fenomeno per cui un comportamento appreso, in determinate condizioni, si ripresenta con intensità maggiore dopo un periodo di assenza di pratica.

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