qualità (filosofia)
modo d'essere, che si afferma o si nega, di un soggetto. La nozione di qualità è peraltro estesissima e difficilmente riducibile a un concetto unitario: infatti già Aristotele vede la qualità sotto diversi aspetti: disposizione di un soggetto a qualcosa (al bene, allo studio, ecc.); abitudine comportamentale dell'anima, identificabile con le virtù in genere; capacità (o incapacità) proveniente dalla natura del soggetto; affezioni sensibili cioè capacità a ricevere i dati dei sensi; determinazioni geometriche derivate dalle figure (triangolo, quadrato, ecc.) o dalle forme (rettilinea, curvilinea, ecc.). Locke opera un diverso raggruppamento delle qualità aristoteliche senza però apportarvi sostanziali mutamenti: determinazioni disposizionali; determinazioni sensibili; determinazioni misurabili. Kant da parte sua stabilisce tre categorie di qualità: realtà, negazione, limitazione, e le mette in relazione con le forme dei giudizi affermativo, negativo, indefinito. In generale nella filosofia moderna l'esame del concetto di qualità ruota intorno a un duplice ordine di problemi: se le qualità in generale siano vere e proprie “determinazioni” della sostanza (cioè se siano tali da far sì che una sostanza sia quello che è) oppure siano semplici “modi” di essa (cioè mezzi che rendono possibile la percezione, veicolo della manifestazione di una cosa); se le qualità sensibili in particolare siano totalmente dipendenti dal soggetto che le percepisce o se invece almeno parte di esse siano riconoscibili come oggettive. A favore della qualità che determina la sostanza si schiera Leibniz, mentre a favore della qualità come modo si trovano Cartesio e Spinoza. Sulla dipendenza delle qualità dal soggetto o sul loro valore oggettivo lo sviluppo dell'empirismo inglese, da Locke a Berkeley, potrebbe essere interpretato come un progressivo riconoscimento del carattere puramente soggettivo della qualità. Importante agli effetti di una chiara comprensione della qualità è la distinzione in qualità primarie e secondarie; sono definite qualità primarie quelle esistenti con obiettiva certezza in natura; secondarie quelle che per il modo con cui sono percepite esistono solo in noi pur essendo sempre riconducibili alle primarie. Questa famosa distinzione trova già una sua collocazione in Democrito quando il filosofo asserisce che “calore, dolce, amaro sono solo convenzione; unica realtà sono invece gli atomi e il vuoto”. Ed Epicuro osserva che gli atomi, oltre la durata, il moto e il numero, hanno come qualità primarie solo il peso e la grandezza, mentre tutte le altre qualità sono secondarie. Questa distinzione fu ripresa da Galileo nella sua concezione della natura matematica delle cose; da Cartesio nel suo relativismo meccanicistico; da Hobbes a sostegno del suo materialismo; da Locke indirizzato all'atomismo psicologico delle “idee semplici”: egli però porta una variante alle qualità primarie di Epicuro sostituendo al peso la massa, che gli consente di spiegare l'impenetrabilità dei corpi. La teoria della relatività ha portato a collocare anche la massa, l'estensione, la figura, la durata e il moto fra le qualità secondarie (soggettive) per cui in realtà esisterebbero solo il numero e una misteriosa incognita alla quale si attribuiscono caratteri matematici.